Sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal Pubblico Ministero Chiara Bisso nei confronti del sindaco di Agrigento Calogero Firetto ed altri sei revisori dei conti all’epoca della sindacatura a Porto Empedocle, interviene il primo cittadino che dichiara: ” La presunta violazione del Patto di stabilità è una contestazione identica, anche nelle virgole, a quella che i giudici della Corte dei conti hanno già chiarito con una sentenza ampiamente assolutoria e definitiva. Una sentenza – conclude Firetto – che ha comportato anche il diritto al rimborso delle spese legali nei miei confronti e dell’allora dirigente degli Affari finanziari”.
Ad Agrigento, oggi giovedì 7 novembre, a Santa Marta, alle ore 11, il sindaco Lillo Firetto presenterà in conferenza l’inizio dei lavori di riqualificazione per il recupero di Villa Galluzzo. La villetta liberty, che appartiene all’Istituto femminile “San Giovanni Bosco”, sarà destinata a Casa Famiglia. Il progetto proposto dal Comune di Agrigento ammonta a oltre 530mila euro, ed è stato finanziato dall’assessorato regionale alle Infrastrutture a seguito della partecipazione del Comune ad un bando per il “recupero di chiese, nonché di immobili di enti di culto e formazione religiosa, o di assistenza e beneficenza, già destinati o da destinarsi a residenza per l’assistenza di extracomunitari, anziani disabili e altre categorie assistite, al fine di favorire l’integrazione sociale, con specifica attenzione alla marginalità”.
A Palermo, nel carcere “Pagliarelli”, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sciacca, Alberto Davico, ha interrogato, in occasione dell’udienza di convalida dell’arresto, Antonello Nicosia, 48 anni, e Accursio Dimino, 61 anni, entrambi di Sciacca e detenuti dallo scorso 4 novembre nell’ambito dell’inchiesta antimafia cosiddetta “Passe Partout”.
Antonello Nicosia e Accursio Dimino, in estrema sintesi, hanno sminuito le accuse rivolte loro, riducendo a “millanterie, provocazioni senza alcun seguito concreto” le conversazioni e le frasi intercettate. Nicosia ha poi definito “inopportune” le parole offensive usate verso il giudice Falcone e le espressioni di stima riservate al boss latitante Matteo Messina Denaro. Dimino, pur ammettendo i suoi rapporti con Cosa nostra per i quali è stato già condannato, ha dichiarato di avere cessato il suo legame con l’associazione criminale dopo il 2016, data della sua ultima scarcerazione.
Concluse nell’aula bunker dell’Ucciardone le audizioni di Giancarlo Caselli e Luciano Violante al processo d’Appello sulla presunta trattativa Stato – mafia. I dettagli.
Il magistrato, adesso in pensione, Gian Carlo Caselli, già Procuratore della Repubblica a Palermo dal 15 gennaio 1993, giorno dell’arresto di Totò Riina, al 1999, e l’ex presidente della Camera e della Commissione nazionale antimafia, Luciano Violante, sono stati citati a testimoniare a Palermo, al processo di secondo grado sulla presunta “trattativa” tra Stato e mafia all’epoca delle stragi, dalla Corte d’Assise d’Appello, presieduta dal giudice Angelo Pellino.
Nell’aula bunker del carcere “Ucciardone”, Luciano Violante, tra l’altro, ha dichiarato: “Ho incontrato nel 1991 l’allora procuratore capo di Palermo, Pietro Giammanco, che mi parlò della famosa inchiesta su mafia e appalti. Giammanco mi chiese di incontrarci prima delle stragi. Più volte mi chiese di incontrami e cercava di illuminarmi sull’inconsistenza di quel rapporto. Anni dopo chiesi al generale Mori a che punto fossero le indagini e lui mi parlò della bontà dell’investigazione. Mi colpiva l’insistenza di Giammanco a definire quel rapporto su mafia e appalti privo di fondamento. Ho incontrato Giovanni Falcone dopo il fallito attentato all’Addaura. Eravamo molto amici io e Falcone, ricordo che lo vidi molto preoccupato come mai lo avevo visto prima, se non ricordo male disse che erano venuti due magistrati per discutere dalla Svizzera su questioni di riciclaggio. E all’ultimo momento avevano deciso di andare dove lui aveva la casa al mare. Insomma era qualcosa di non preventivato. Il generale Delfino, all’epoca capo dei Carabinieri in Piemonte, mi disse che durante una perquisizione in un’officina meccanica fu trovato un personaggio con una pistola il quale disse che avrebbe potuto mettere i Carabinieri sulle tracce di Riina, perché era stato il suo autista. Ed io gli dissi di chiamare Caselli, già nominato anche se non ancora insediato Procuratore a Palermo”.
Il riferimento di Violante è all’arresto di Balduccio Di Maggio, a Borgomanero, in provincia di Novara, l’8 gennaio del 1993, 7 giorni prima dell’arresto di Riina. E dall’arresto di Di Maggio, e dalla sua offerta della cattura di Riina, è iniziata la deposizione di Gian Carlo Caselli, che ha affermato: “Il generale Delfino il 10 gennaio 1993 mi chiama, e mi parla di Balduccio Di Maggio e del possibile arresto di Riina. L’adrenalina era a mille, si trattava di arrestare Totò Riina, il capo dei capi, ci siamo concentrati spasmodicamente su quello, non c’è stato nessuno spazio per altri argomenti. La mancata perquisizione del covo di Riina dopo l’arresto fu un momento pessimo, brutto. Noi volevamo perquisire subito. Il capitano del Ros, Sergio De Caprio, no. Io mi sono fidato di lui, per molti era ancora un eroe, quello che aveva messo le manette a Riina. Ma questo ritardo era comunque subordinato alla sorveglianza, che invece fu interrotta subito senza che avvertirci.
Nelle lettere il generale Mori dirà: ‘Abbiamo deciso senza avvertirvi perché questo rientra nella nostra autorità decisionale e operativa’. Mi sono fidato di questa spiegazione. Io ero appena arrivato in una Procura, quella di Palermo, ancora attraversata da scontri. Falcone, eroe da morto, da vivo era stato professionalmente perseguitato. E quella Procura era uno sfascio da ricostruire. Questo momento terribile del covo che avrebbe potuto rovinare la Procura fu paradossalmente uno stimolo per andare avanti, tutti insieme, senza alcun compartimento stagno. Vito Ciancimino chiese lui di parlare con noi, in presenza dei Carabinieri del Ros, Mori e De Donno. Ricordo che durante gli interrogatori Vito Ciancimino era viscido, sfuggente, arrogante. Speravamo che collaborasse sugli appalti. Da ex sindaco e assessore, se avesse voluto, ci sarebbe stato un oceano da percorrere con la nostra barchetta e guidati da lui. Invece fu un tema che non ha mai aperto. Di appalti non voleva parlare, di rapporti mafia-politica non voleva parlare, dopo un po’ mi stufai. E si stufò anche lui, diventando sempre più insofferente e scostante. Ho lasciato soli a coltivare quelle ‘speranzelle’ di collaborazione Antonio Ingroia e Luigi Patronaggio. Noi volevamo convincerlo a parlare di appalti e di rapporti tra mafia e politica, questa era la direzione. Con lui era parlare morto, tutto gli era dovuto. E poi non faceva che parlare del suo libro, per lui una sorta di Bibbia, voleva che tutti lo leggessero, che tutti lo conoscessero. E non solo i magistrati di Palermo, persino Antonio Di Pietro a Milano. Ripeto, il suo problema era solo sputare addosso a Falcone. Era ossessionato”.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)
Il Pubblico Ministero Chiara Bisso ha chiesto il rinvio a giudizio per il sindaco di Agrigento Calogero Firetto. L’ipotesi di reato che accusa Firetto è quella su presunti bilanci gonfiati avvenuti nel corso della sua sindacatura nel Comune di Porte Empedocle.
Altrettanta richiesta di rinvio a giudizio è scattata per altri 6 revisori dei conti che si sono alternati tra il 2011 e il 2014.
Secondo Fise Assoambiente, l’associazione delle imprese del trattamenti dei rifiuti e bonifica, la Sicilia, con il 22 %, è ultima in Italia per raccolta differenziata. Nel relativo rapporto si legge: “Carenza di un’adeguata impiantistica per il riciclo dei rifiuti, assenza di valorizzazione energetica per quanto non riciclabile, turismo dei rifiuti verso altre Regioni, affidamento eccessivo allo smaltimento in discarica”. E poi: “In Sicilia la gestione è condizionata dalla percentuale record di conferimento in discarica, il 73%. Solo il 22% viene raccolto in modo differenziato, dato più basso a livello nazionale. Anche qui il passaggio negli impianti di trattamento meccanico-biologico è propedeutico, addirittura per il 96% dei quantitativi, al successivo conferimento in discarica. Il recupero di materia resta un’ipotesi residuale. La voce incenerimento non è presa in considerazione”.
Secondo Fise Assoambiente, l’associazione delle imprese del trattamenti dei rifiuti e bonifica, la Sicilia, con il 22 %, è ultima in Italia per raccolta differenziata. Nel relativo rapporto si legge: “Carenza di un’adeguata impiantistica per il riciclo dei rifiuti, assenza di valorizzazione energetica per quanto non riciclabile, turismo dei rifiuti verso altre Regioni, affidamento eccessivo allo smaltimento in discarica”. E poi: “In Sicilia la gestione è condizionata dalla percentuale record di conferimento in discarica, il 73%. Solo il 22% viene raccolto in modo differenziato, dato più basso a livello nazionale. Anche qui il passaggio negli impianti di trattamento meccanico-biologico è propedeutico, addirittura per il 96% dei quantitativi, al successivo conferimento in discarica. Il recupero di materia resta un’ipotesi residuale. La voce incenerimento non è presa in considerazione”.
A Gela, in via Verga, lei ha bevuto troppo, guida un’automobile, invade la corsia opposta e urta lo specchietto retrovisore di un’auto della Polizia. I poliziotti bloccano il mezzo. Cinzia Giaquinta, 37 anni, di Butera, domiciliata a Gela, gravata da precedenti di polizia per stupefacenti, e il passeggero, Tommaso Spiteri, 26 anni, di Gela, sono stati arrestati ai domiciliari perché sorpresi in possesso, all’interno di uno zaino, di 5 panetti di hashish per un peso complessivo di 508 grammi. La donna, che ha subito insospettito gli agenti per l’alito di vino, è stata inoltre denunciata per guida in stato di ubriachezza in quanto positiva all’alcol test, e perché senza patente.