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“In ordine alla notizia rimbalzata insistentemente sui social sull’ipotetica realizzazione di un centro Covid 19 per la quarantena di migranti presso  una struttura del Villaggio Mosè, un tempo sede di un noto albergo di Agrigento si precisa che il Comune non ha alcuna evidenza rispetto a tale situazione. Peraltro si è  provveduto proprio in ragione della notizia diffusa ieri sulle piattaforme social a contattare la Prefettura che non ha confermato tale ipotesi. Si è anticipato al prefetto che dinanzi a tale ipotesi l’Amministrazione comunale di Agrigento farebbe una ferma e convinta opposizione a tale evenienza trattandosi di un’ area residenziale e commerciale ove insistono tra l’altro insediamenti alberghieri . Area assolutamente incompatibile”.

“Una rinnovata terapia intensiva con ampliamento da 8 a 12 posti letto in spazi più ampi e riqualificati può rappresentare-accanto alla realizzazione della struttura di Nefrologia e Dialisi con la contestuale attivazione degli 8 posti letto previsti nella rete ospedaliera- il salto di qualità della assistenza ospedaliera del San Giovanni di Dio di Agrigento. Serve dare impulso ad entrambi i progetti esecutivi e finanziati per complessivi 4,5 milioni di euro, potenziando in tal modo due reparti nevralgici per l’intera provincia. Una risposta assistenziale che creerebbe, altresì, opportunità di lavoro per la quale confidiamo sull’esperienza e professionalità del manager dell’Azienda sanitaria di Agrigento Mario Zappia-conclude Giorgia Iacolino- e sull’apporto del prossimo sindaco di Agrigento per migliorare l’offerta assistenziale del San Giovanni di Dio a beneficio della comunità agrigentina “

“Non so se essere più arrabbiato per le reiterate fughe di migranti dalla caserma Gasparro, che espongono a pericoli se stessi e la mia comunità, oppure dal muro di gomma che il Ministro Lamorgese ha innalzato nei miei confronti. Mi sono beccato una denuncia per difendere il mio territorio e sono pronto a rifarlo. È per questo che invito il Ministro Lamorgese a fare un salto a Messina per un caffè, per rendersi conto in prima persona della paura sugli occhi dei cittadini di Bisconte, che non escono di casa per il timore di subire la penetrazione abusiva di qualche migrante in fuga. Ne ho le stasche piene. Ribadisco che terminata la quarantena di quel che resta dei tunisini all’interno del Cas – perché adesso si mistifica anche sul numero reale dei migranti ospiti della struttura – il 28 Agosto disporrò la chiusura immediata e definitiva della struttura colabrodo, senza se e senza ma. Non tollererò ulteriori angherie da Roma, le quali ledono la dignità dei miei concittadini”. Lo afferma il sindaco di Messina, Cateno De Luca.

“Non può e non deve più succedere che un incendio di tali portate e molto probabilmente di natura dolosa, metta a repentaglio l’esistenza della biodiversità e dell’annessa area protetta. Stiamo parlando di uno dei più importanti siti naturalistici del comprensorio. A questo punto, è di fondamentale importanza che sia concessa al comune di Serradifalco la gestione dei servizi relativi circa la fruizione della RNO Lago Soprano. È per tale motivo che mi farò portavoce di realtà quali Legambiente, WWF e LIPU locali, unitamente al Sindaco di Serradifalco, Leonardo Burgio, presso l’Assessorato regionale Territorio e Ambiente”.

Lo afferma il deputato di Forza Italia all’Ars, on. Michele Mancuso.

“La richiesta – conclude il Parlamentare – visto il delicato periodo anche dal punto di vista degli incendi, verte sulla convocazione urgente di un tavolo tecnico alla presenza dell’Assessore Cordaro e del Dirigente generale del Dipartimento Regionale dell’Ambiente. È altresì importante che tutti i portatori di interesse siano presenti per affrontare in successione tali criticità: zonizzazione della Riserva ed acquisizione al demanio regionale dei fondi rustici occupati dal bacino lacustre e dalle emergenze ambientali più a rischio; affidamento della gestione della Riserva. Il comune è pronto a manifestare la propria disponibilità per gestire la riserva naturale e scongiurare ulteriori pericoli, specie se di natura dolosa. Occorre maggiore vigilanza, che può essere garantita solo da chi vive quotidianamente il territorio”.

E’ stato notificato a 12 persone l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Si tratta degli indagati nell’inchiesta denominata “Kaos calmo” che, lo scorso anno, permise di portare alla luce empedoclini ed agrigentini che scaricavano – in contrada San Calogero Napolitano – rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi. Stando a quanto è stato accertato dalle indagini c’era, infatti, chi depositava resti di lavorazione in plastica, tubature e guarnizioni, chi invece abbandonava macerie da demolizione e chi lasciava le cassette di polistirolo utilizzate per la conservazione e il trasporto di prodotti ittici. Fra gli indagati, però, anche alcuni che avrebbero appiccato il fuoco a guaine e cavi elettrici abbandonati o ad altri cumuli di rifiuti. A fare notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari sono stati i pubblici ministeri Alessandra Russo e Paola Vetro che hanno coordinato l’inchiesta portata avanti dalla Capitaneria di porto di Porto Empedocle.

Il cadavere del licatese di 72 anni Grazio Smorta è stato rinvenuto in contrada Desusino a Butera, nel Nisseno. L’uomo era scomparso da un paio di giorni. A ritrovare il corpo sono stati i carabinieri di Gela. Per l’anziano era stato già attivato, dalla Prefettura di Agrigento, – dopo la denuncia di scomparsa fatta l’altro ieri dai familiari – il piano di ricerche provinciali persone scomparse. Proprio oggi avrebbe dovuto aver inizio il maxi rastrellamento territoriale da parte di forze dell’ordine e soccorritori. L’anziano era originario di Gela, ma da diversi anni risiedeva, con la sua famiglia, a Licata. I familiari – quando, l’altro ieri, non lo hanno visto rientrare a casa – hanno formalizzato la denuncia di scomparsa. Dell’attività investigativa e delle primissime ricerche si stavano occupando i poliziotti del commissariato di Licata. Proprio la polizia di Stato aveva chiesto l’attivazione del piano provinciale ricerca persone scomparse. Ieri sera, l’anziano è stato ritrovato nelle campagne di Butera dai carabinieri di Gela. Era sulla sua motoape, mezzo con il quale si era appunto allontanato. I militari dell’Arma, come prima cosa, hanno verificato – e l’esito è stato negativo – se l’anziano avesse segni di violenza. Verosimilmente, il settantaduenne, d’adozione licatese, dovrebbe essere morto a causa di un malore. Al momento, s’attende l’arrivo – in contrada Desusino – del medico legale che procederà ad esame del cadavere.

L’assessore all’Ecologia, Nello Hamel comunica che a partire da domani, giovedì 20 agosto, inizieranno i lavori di decespugliamento dei due parcheggi di via Gioeni. L’Amministrazione comunale ha già predisposto l’Ordinanza per vietare la sosta delle auto e già nella mattinata di domani si inizierà con la raccolta di tutti i rifiuti presenti, in modo tale da separarli rispetto alle canne infestanti sulle quali si interverrà subito dopo per la radicale eliminazione. Si invitano i cittadini alla collaborazione tenuto conto che l’intervento avrà una durata limitata ed in tempi brevi si potrà tornare a posteggiare nello spazio bonificato dei due posteggi.

La nave-quarantena “Aurelia”, dopo numerosi tentativi andati a vuoto è riuscita ad attraccare a Cala Pisana, a Lampedusa. E’ iniziato quindi l’imbarco dei 250 migranti ospiti dell’hotspot di contrada Imbriacola che avrebbero dovuto essere trasferiti da almeno due giorni in altri centri di accoglienza italiani. Una volta completate tali operazioni, la nave sosterà nei pressi delle coste calabresi, come preannunciato nei giorni scorsi dal ministero dell’Interno. La speranza è che nelle prossime ore anche gli altri 900 e più migranti ospiti dell’hotspot isolano possano essere trasferiti prima possibile, facendo rientrare una emergenza umanitaria, sanitaria e sociale senza precedenti sull’isola.

La sindaco di Porto Empedocle ha disposto per domani mattina la sospensione del mercato settimanale che si tiene ogni giovedì in contrada Inficherna. La decisione che sta sollevando le critiche della categoria dei commercianti ambulanti è stata presa per motivi di prevenzione sanitaria, dopo la scoperta di 7 casi di coronavirus nella cittadina marinara, avvenuta nei giorni scorsi. A sollecitare la scelta di stoppare per una giornata il mercato, come tutti gli eventi tali da attrarre folto pubblico, sarebbe stato l’ufficiale sanitario empedoclino Franco Miccichè, dopo anche un confronto con la polizia municipale.  Secondo le scarne indicazioni al momento emerse, si tratterebbe di una decisione relativa alla sola giornata di domani, in attesa di ulteriori sviluppi dal punto di vista sanitario. La sindaco ha evidenziato rammarico nei confronti dei commercianti, ma dinanzi alle esigenze di prevenzione sanitaria la prima cittadina ha preso la decisione più radicale.

I giudici del tribunale della libertà hanno annullato l’ordinanza cautelare emessa nell’ambito dell’operazione “Malebranche” sul crack del gruppo Pelonero. Tornano liberi i 10 indagati che, all’alba del 30 luglio, erano finiti ai domiciliari: Gaetano Sferrazza, 78 anni; i figli Gioachino, 54 anni con la moglie Maria Teresa Cani, 54 anni e i figli Gaetano e Fabiana, 29 e 26 anni; Diego, 51 anni con la moglie Giovanna Lalicata, 51 anni e i figli Clelia e Gaetano, 23 e 28 anni e la commercialista Graziella Falzone, 53 anni. I difensori avevano presentato il ricorso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza, emessa dal gip Luisa Turco su richiesta del pm Alessandra Russo, che aveva disposto gli arresti domiciliari per i componenti della famiglia Sferrazza, accusati di avere fatto sparire cinque milioni di euro da un’impresa all’altra attraverso dei fallimenti pilotati, e la professionista che avrebbe gestito gli aspetti tecnici. Gli Sferrazza, assistiti dai difensori, gli avvocati Daniela Posante, Giovanni Castronovo, Chiara Proietto, Antonella Arcieri e Giacinto Paci, si erano tutti avvalsi della facoltà di non rispondere. La difesa aveva, fra l’altro, sostenuto che non c’era alcuna associazione a delinquere perché tutti gli indagati erano legati da un rapporto familiare e parentale e che non c’era alcuna esigenza cautelare perché quasi tutte le aziende erano fallite, dunque non più operative, e sequestrate.