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Avrebbe potuto fruttare, “tagliata” più volte, anche circa 10 milioni di euro gli oltre 30 chili di cocaina sequestrati, dal personale della squadra Mobile e dalla sezione Volanti della Questura di Agrigento, alla periferia della citta dei Templi. Un quarantaduenne di Realmonte, Giuseppe Neri, ritenuto un corriere della droga, è stato arrestato ed è finito in carcere. I particolari dell’operazione sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa. Presenti il procuratore reggente di Agrigento Salvatore Vella, il vicario della Questura Francesco Marino e il capo della Mobile Giovanni Minardi.

“Sono contento, oggi 23 maggio, di essere in Questura. Non c’è modo migliore di commemorare la strage di Capaci, non c’è modo migliore di commemorare lavorando e magari ottenendo risultati come questo – ha detto il procuratore capo, facente funzioni, Salvatore Vella – . Sono stati sequestrati, ad Agrigento, 30 chili di cocaina purissima. Il lavoro non finisce qui, ma è un’ottima base di partenza. Agrigento Capitale della Cultura 2025 vuol dire tante cose per questa provincia – ha aggiunto il procuratore Vella – . Vuol dire raggiungere traguardi che non sono mai stati raggiunti in questi anni, vuol dire possibilità di valorizzare risorse di questa città e provincia, ma si possono ‘apparecchiare’ tanti tavoli. Il mercato della cocaina, come racconta questo sequestro, è un mercato fiorentissimo, con quantità che non ci devono stupire. Questa provincia vive anche di questi traffici”.

Caritas diocesana Agrigento, accogliendo l’invito di Caritas Italiana che si è attivata fin dal primo momento per il supporto alla popolazione dell’Emilia Romagna colpite dall’alluvione, ha deciso di aderire alla campagna di raccolta fondi nazionale.

Non una raccolta di indumenti, generi alimentari, coperte o qualsiasi altro prodotto.

“In questa fase – sottolineano da Caritas Italiana – il modo più proficuo per dimostrare prossimità alle popolazioni colpite è quello di aderire alla raccolta fondi attraverso una donazione”.

Per aderire è possibile fare un bonifico, specificando nella causale “Alluvione Emilia Romagna”  tramite:

1) c/c bancario di Banca Intesa S. Paolo,  intestato a Arcidiocesi di Agrigento

IBAN: IT 69 Y 03069 09606 100000006841

2) c/c bancario di Banco di Credito Cooperativo Agrigentino, intestato a Fondazione Mondoaltro Onlus

IBAN: IT 30 C 07108 16600 000000001459.

Le somme raccolte verranno inviate a Caritas Italiana che provvederà ad intercettare forme di intervento concrete e sicure, volte a offrire sostegno.

La Presidenza della CEI ha già disposto un primo stanziamento di 1 milione di euro dai fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa Cattolica, per esprimere, anche con questo gesto concreto, la prossimità alle tantissime persone che, a causa dell’alluvione, hanno perso tutto.

Procede la stagione congressuale dell’UGL in Sicilia.
Ad Agrigento si è tenuto il Congresso Provinciale della Federazione cittadina dell’UGL Autonomie. Eletto all’unanimità, Marco Schillaci, alla presenza del Segretario regionale UGL Autonomie della Sicilia, Ernesto Lo Verso e della Segretaria Territoriale Responsabile dell’Ugl Unione Territoriale di Agrigento, Caterina Iatì.

Ecco il nuovo prefetto di Agrigento. Questa mattina si è insediato ufficialmente il dott. Filippo Romano che prende il posto di Maria Rita Cocciufa che dopo tre anni lascia la città dei Templi, ed è stata trasferita alla Prefettura di Reggio Emilia.  Romano, 57 anni, nato a Udine ma da famiglia siciliana (il nonno e il padre furono magistrati anche a Messina), è entrato nel Corpo prefettizio nel 1994. Ha maturato una carriera molto variegata alla quale adesso si aggiungerà quella da prefetto di Agrigento. Nel territorio agrigentino è conosciuto per ave­re già la­vo­ra­to nei Co­mu­ni di Ca­ni­cat­tì e  Ra­cal­mu­to dove ha ri­co­per­to l’in­ca­ri­co di com­mis­sa­rio straor­di­na­rio. È stato anche Com­mis­sa­rio del­la Ter­ra dei Fuo­chi in Cam­pa­nia.

Ha chiesto le attenuanti generiche durante la requisitoria il procuratore generale nei confronti del giovane di origini calabresi Antonio De Pace, condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio dell’ex fidanzata Lorena Quaranta, l’infermiera di Favara uccisa nel marzo del 2020 nella sua abitazione di Furci Siculo nel Messinese. I giudici della Corte d’Appello adesso dovranno valutare anche un’eventuale riduzione della pena stabilita in Assise lo scorso luglio. A pesare, nella ricostruzione della Procura, la mancanza di episodi violenti pregressi e le modalità dell’omicidio simili a un raptus. Non ci stanno i familiari della ragazza, rappresentati dall’avvocato Giuseppe Barba, che invocano il carcere a vita per il giovane. Stessa richiesta è stata avanzata dagli avvocati di parte civile. L’infermiere calabrese era stato dichiarato capace di intendere e di volere e quindi imputabile, al termine della perizia medica effettuata per conto della Procura dal professore Stefano Ferracuti che aveva evidenziato l’assenza di “disturbi psichiatrici” nel ragazzo, all’epoca dei fatti vittima di una “importante condizione ansiosa”.

Alla base sembra esserci una sola “giustificazione”, tremenda: uno stato d’ansia che da giorni avrebbe tormentato il 27enne, provocato dalla paura di essere stato contagiato dal coronavirus insieme alla stessa Lorena. Ipotesi successivamente smentita dai tamponi effettuati su entrambi dal personale sanitario.

La deputata regionale agrigentina, Giusi Savarino, annuncia di avere depositato in Assemblea un disegno di legge, condiviso da tutto il gruppo di Fratelli d’Italia, per valorizzare il patrimonio collettivo rappresentato dagli aeroporti siciliani. E spiega: “L’obiettivo è quello di promuovere una nuova governance che, in linea con le specificità in termini di esigenze e opportunità dei due ambiti territoriali di riferimento (il bacino orientale e quello occidentale), abbia più forza e potere contrattuale nei confronti delle compagnie aeree, definisca un quadro strategico generale di azione degli scali siciliani, e freni la concorrenza fratricida tra aeroporti e il caro voli. Vogliamo un sistema aeroportuale efficiente e competitivo in grado di accogliere un serio sviluppo per la Sicilia”.

I Sacerdoti della Forania di Ravanusa e Campobello di Licata, con i Consigli Pastorali Parrocchiali e l’Ordine Francescano Secolare avendo appreso la notizia della conclusione delle indagini preliminari circa la tragedia consumatasi a Ravanusa l’11 Dicembre 2021, in via Trilussa, tragedia che ha causato la morte di ben dieci persone e lo sconvolgimento della vita delle famiglie delle vittime e di coloro che sono stati costretti a lasciare le loro abitazioni,

esprimono

ancora una volta, la vicinanza alle persone e alle famiglie coinvolte nel tragico evento, e fiduciosi nell’operato delle Istituzioni preposte,

auspicano

che sia fatta piena luce su tutte le reali cause che hanno portato al violento scoppio, perché siano riaffermate la verità e la giustizia

 

Diac. Carmelo Malfitano

Don Carmelo Davide Burgio                   e    Consigli Pastorali Parrocchiali,

Don Girolamo Capobianco,                        l’ Ordine Francescano Secolare

don Alessio Caruana

don Antonio Lalicata

don Augustino Mgovano

Fra. Pino Noto, o.f.m.

Fra Agatino Sicilia o.f.m.

Don Mario Polisano,

don Ernesto Sciacchitano,

don Filippo Barbera

La Prefettura di Agrigento nel mese di luglio 2022 adottava nei confronti del sig. P.P. residente a Cattolica Eraclea, dipendente di un Istituto di vigilanza quale guardia giurata, un provvedimento di divieto di detenzione armi e munizioni, che ne impediva lo svolgimento dell’attività lavorativa, mettendo conseguentemente a rischio il posto di lavoro.
Il gravoso provvedimento veniva adottato dalla Prefettura di Agrigento secondo cui il sig. P.P. non avrebbe più offerto il dovuto affidamento in relazione alla particolare natura delle autorizzazioni in materia di armi in ragione di una denuncia formulata a suo carico, in quanto ritenuto responsabile del delitto previsto e punito dagli artt. 110 e 424 c.p. (danneggiamento in concorso seguito da incendio).
Tuttavia, dopo qualche mese, il P.M. riteneva che nel caso di specie, la condotta ascritta (consistita nell’aver appiccato il fuoco a una lavatrice e ad altro mobilio, conservato presso il cortile dell’abitazione della persona offesa, con la propagazione accidentale delle fiamme alla tettoia ove erano conservati i suddetti beni) non integrava fattispecie di reato e richiedeva l’archiviazione del procedimento, che veniva successivamente disposta dal G.I.P. presso il Tribunale di Agrigento.
In ragione dell’insussistenza dei presupposti che avevano indotto la Prefettura di Agrigento ad adottare il gravosissimo provvedimento a carico della guardia giurata, quest’ultima, richiedeva il riesame del provvedimento di divieto di detenzione di armi e, successivamente, stante il rigetto della richiesta di riesame, instaurava un contenzioso innanzi al competente Giudice Amministrativo.
Nel giudizio il sig. P.P., assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, rilevava che l’unico motivo posto a fondamento del divieto di detenzione di armi e munizioni, ovvero la pendenza del suddetto procedimento penale era venuto meno per effetto dell’archiviazione disposta dal G.I.P. presso il Tribunale di Agrigento.
Inoltre gli avvocati Rubino e Piazza evidenziavano che la Prefettura di Agrigento, nel riformulare il giudizio di non affidabilità a carico del proprio assistito, avrebbe dovuto anche prendere in considerazione le gravose conseguenze sul rapporto di lavoro che il divieto di detenzione di armi aveva determinato.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, con ordinanza del 15 maggio 2023, condividendo le argomentazioni difensive formulate dagli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, ha accolto l’appello cautelare proposto ed ha sospeso gli effetti del provvedimento prefettizio di divieto di detenzione di armi e munizioni anche in ragione delle preminenti esigenze lavorative del sig. P.P..

Il presidente della Regione, Schifani, elogia l’operato del governo e del ministro Salvini per le infrastrutture in Sicilia: “Un’attenzione senza precedenti”. L’intervento.

Il presidente della Regione, Renato Schifani, ha colto l’occasione della presenza in Sicilia in tour elettorale del vice presidente del Consiglio dei ministri, e ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini, per rilanciare il progetto di costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, sotto esame in Parlamento con relativo decreto. E ha ribadito: “Il Ponte è un grande acceleratore per la crescita e lo sviluppo delle infrastrutture in Sicilia. Abbiamo ottenuto, come mai prima, grande attenzione su questi temi da parte del ministro Salvini. Il Ponte sullo Stretto ripropone il tema dell’alta velocità ferroviaria anche nella nostra Isola, tra Palermo e Messina, e il ripristino del corridoio Berlino-Palermo che all’epoca del governo Monti fu cancellato dopo la decisione di non realizzare il collegamento stabile tra Sicilia e Calabria. Ho già parlato con il ministro e sono in contatto con i nuovi vertici di Rete Ferrovie Italia, che incontrerò a breve, per verificare se, anche attraverso il governo che collabora come non mai con la Sicilia, questo corridoio tornerà ad essere centrale e reinserito nella programmazione delle opere prioritarie. Il Ponte non rimarrà una cattedrale nel deserto, ma grazie all’impegno di Regione e governo nazionale sarà il volano per assicurare alla nostra Isola collegamenti stradali e ferroviari con standard europei”. Schifani ha sottolineato: “Mai un ministro dei Trasporti, come Salvini, è stato così vicino alla Sicilia già in questi primi mesi di legislatura. L’attenzione di questo governo è senza precedenti. Mi verrebbe di fare una battuta, partendo dalla cittadinanza onoraria: mi verrebbe da proporre il ministro Salvini come cittadino onorario regionale, non soltanto di una città”. E poi il presidente non esita a strigliare l’Anas per i ritardi infrastrutturali in Sicilia, e denuncia: “Il Mezzogiorno nella storia del nostro Paese ha pagato anche un prezzo nella mancata infrastrutturazione. Il problema dei trasporti è un problema tristemente atavico, e a ciò si è aggiunto anche un atteggiamento della vecchia Anas, non dico quella attuale, o di altri enti nazionali, che hanno visto il Mezzogiorno come un elemento che ci si poteva consentire di trascurare”. E poi conclude: “Il nostro progetto è migliorare le infrastrutture della Sicilia. Ed è un impegno che assumiamo con grande responsabilità. La nostra volontà è fare in modo che la Sicilia in questi anni di legislatura nazionale e regionale possa battere un colpo in chiave di crescita economica perché il trasporto è miglioramento della vita di carattere sociale e anche economico, e noi ne abbiamo molto bisogno”.

Giuliana Miccichè

Sono purtroppo numerosi i  consumatori che si rivolgono alla nostra associazione per denunciare il recupero crediti aggressivo. Si tratta di operatori del recupero crediti poco seri che utilizzano toni e metodi del tutto inopportuni arrivando a minacciare il malcapitato. Prima di tutto è bene chiarire cosa fanno le società di recupero credito per poi capire come riconoscere e difendersi da quelle aggressive.

Cosa fanno le società di recupero crediti

L’attività di recupero crediti verso i consumatori comprende tutti quegli interventi finalizzati ad ottenere il pagamento di una somma dovuta da un soggetto privato per un debito nei confronti di una impresa. Tale attività deve essere svolta nel rispetto delle normative di legge e dei codici di autoregolamentazione che si sono dati alcuni gestori. In particolare, le società del recupero crediti devono relazionarsi con i consumatori preservando un ruolo di mera intermediazione, che deve essere svolto con professionalità e rispetto dei diritti dei consumatori. Proprio il fatto che il credito sottostante sia relativo ad “rapporto di consumo” impone che possa essere richiesto unicamente il pagamento di somme che le aziende creditrici garantiscono essere come certe ed esigibili. Ne deriva che le società di recupero crediti sono obbligate a sospendere ogni attività nel caso in cui il consumatore comprovi con le dovute documentazioni la pendenza di una “contestazione del credito” o di aver attivato una “procedura di conciliazione” (in tali casi, la società ha l’onere di attendere indicazioni sulla fondatezza o meno dei rilievi del consumatore e istruzioni in ordine alla eventuale prosecuzione delle procedure affidate).

A cosa prestare attenzione

La prima cosa alla quale dobbiamo prestare attenzione se siamo contattati da una società di recupero crediti è la corretta verifica circa la reale esistenza del debito. Teniamo in considerazione che alcune società si affidano a comunicazioni improvvisate che sono facilmente riconoscibili perché il riferimento alla posizione debitoria è molto superficiale e generico (si tratta spesso di messaggi “standard” che ci arrivano via e-mail oppure per posta). In generale, è illegittima ogni modalità di ricerca del debitore, presa di contatto, sollecitazione che sia lesiva della sua riservatezza o della dignità personale: si pensi a quelle sgradite sollecitazioni sull’utenza telefonica fissa o mobile, all’invio di messaggi Sms, a comunicazioni telefoniche il cui contenuto è preregistrato e quindi poste in essere senza l’intervento di un operatore con il rischio che soggetti diversi dal destinatario vengano a conoscenza del contenuto di chiamata. Ma si arriva persino alle visite a domicilio o sul luogo di lavoro, talvolta con apposizione di messaggi sulla porta di casa idonei a violare le più elementari regole di rispetto della privacy. Può persino capitare di ricevere un Atto di citazione a comparire dinanzi ad un Giudice di pace di un luogo diverso dalla nostra residenza, ma andrebbe verificato con cura perché spesso si tratta solo di intimidazioni.

 Non credete a queste frasi!

Insomma, è bene fare attenzione a tutte quelle affermazioni non veritiere utilizzate per indurre i consumatori a pagare: 

  • non è vero che il mancato pagamento di un debito può comportare ilcarcere, trattandosi di un inadempimento di natura civilistica;
  • non è vero che può portare alla dichiarazione di fallimento, per la quale è sempre necessaria un’apposita procedura preceduta dalla emissione di un decreto ingiuntivo o di una sentenza;
  • non è vero che al mancato pagamento può far seguito il pignoramento dei beni (o addirittura dello stipendio)perché anche in questo caso è necessario che intervenga un provvedimento del giudice;
  • non è vero che si rischia l’iscrizione nella “banca dati dei cattivi pagatori”perché questa è possibile solo se il debito è stato contratto con una banca con una finanziaria.

*Se hai un problema  e non sai cosa fare o come fare,   dillo a Sicilia24h  scrivendo a : unioneconsumatoriagrigento@gmail.com

Manlio Cardella