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In leggero calo rispetto a ieri ma sempre considerevole il numero di nuovi contagi da coronavirus in Sicilia. Secondo l’ultimo bollettino del ministero della Salute sono 107 i siciliani risultati positivi al Sars-Cov-2 nelle ultime 24 ore. Ieri l’incremento era stato di 125 casi. Da registrare anche altre due vittime del Covid. Ma c’è anche qualche segnale positivo come una riduzione delle ospedalizzazioni e un buon incremento di pazienti guariti. Oltre 5.000 i tamponi effettuati (in linea col numero di ieri), ma niente a che vedere con gli oltre 20.000 della Lombardia o gli oltre 10 mila dell’Emilia Romagna (regione assimilabile per numero di abitanti).

I nuovi 107 casi registrati in Sicilia fanno salire il numero degli attuali positivi a 2.530 (ieri erano 2.461), di cui 2.282 in isolamento domiciliare (ieri erano 2.208), 235 ricoverati in ospedale con sintomi (-2 rispetto a ieri) e 13 gravi ricoverati in Terapia intensiva (-3 rispetto a ieri).

I casi totali di coronavirus dall’inizio della pandemia in Sicilia sono invece 6.466 (ieri erano 6.359), le guarigioni sono 3.630 (36 in più di ieri), mentre i decessi salgono a 306.

Dei 107 nuovi casi positivi di oggi, 6 sono migranti ospiti dell’hotspot di Lampedusa. Resta invece Palermo la città siciliana con più focolai attivi e quindi quella con il maggior incremento di casi: sono infatti 60 i contagi registrati nel capoluogo siciliano, 24 invece quelli diagnosticati a Catania, poi 9 ad Agrigento, 4 a Ragusa, 3 a Enna, 2 a Caltanissetta, 2 a Messina, 2 a Enna e 1 a Siracusa.

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In aula nel processo che si celebra a Caltanissetta, il 38enne agrigentino Fabio Bellanca, accusato di aver minacciato di morte il procuratore aggiunto Salvatore Vella respinge ogni accusa: “non conosco il procuratore e non gli ho rivolto nessuna minaccia, stavo parlando al telefono”.
Le parole che lo inchioderebbero erano: “A stu pubblico ministero cu tritolo l’ama fari satari”, frase incriminata presumibilmente pronunciata a luglio verso il procuratore aggiunto di Agrigento – che si è costituito parte civile chiedendo come risarcimento simbolico solo un euro – all’interno del centro commerciale “Città dei Templi”.
Le immagini di video-sorveglianze e l’intervento tempestivo dei carabinieri del Reparto Operativo di Villaseta hanno permesso di risalire all’identità dell’uomo che oggi, difeso dall’avvocato Daniele Re, ha respinto con forza ogni accusa.

Sentito anche un testimone oculare che si trovava all’interno del centro commerciale al momento dei fatti.
In aula ancora il 13 novembre, per la discussione delle parti.

 

Il tribunale di Agrigento – sezione Misure di prevenzione – su proposta del questore, ha emesso un provvedimento di confisca di un appartamento di proprietà o nella disponibilità di Alfonso Zambito di 48 anni. La misura arriva – rendono noto dalla Questura – ad esito di mirati accertamenti patrimoniali effettuati dal personale dell’ufficio Misure di prevenzione patrimoniali della divisione polizia Anticrimine. Il questore ha avanzato proposta di confisca del bene immobile sulla base dei risultati investigativi dell’operazione “Easy money” sviluppata dalla Squadra mobile nel 2010. Inchiesta che è sfociata nella condanna di 8 persone ritenute responsabili del reato di usura in concorso.

Le ACLI Provinciali di Agrigento riunite in congresso provinciale hanno eletto il nuovo consiglio provinciale delle Acli Agrigentine.
Il Consiglio eletto riunitosi all’unanimità dei presenti consiglieri provinciali ha eletto il nuovo Presidente Provinciale confermando l’uscente Prof. Stefano Urso. Insieme ad Urso nella presidenza sono stati eletti Luigi Vecchio, vice presidente vicario e l’Avv. Roberto Gambina, vice presidente;
Elena Butticè, responsabile amministrazione;Vincenzo Palmeri, responsabile Sviluppo associativo;Chiara Luisa Pillitteri, responsabile coordinamento donne“.
Ancora una volta è “Niente Paura” lo slogan delle Acli agrigentine che nei prossimi mesi andrà ad eleggere il nuovo Presidente Nazionale – spiega il neo presidente provinciale – ma per noi che le Acli le abbiamo vissute e le viviamo ogni giorno è lo slogan di sempre, soprattutto con uno sguardo al ruolo di integrazione sociale per tutte quelle fasce deboli della popolazione, come immigrati e disabili, a rischio emarginazione”. “Questa elezione del 2020 rappresenta finalmente la vera svolta delle Acli agrigentine, che ritornano a guidare quelle categorie di fasce più deboli che hanno il diritto primario di essere prima ascoltate e poi soddisfatte nei minimi bisogni sociali che la crisi prima e l’emergenza sanitaria dopo hanno investito ferendo il sistema italiano, europeo e mondiale. La sussidiarietà e la solidarietà sociale saranno il binario corretto da cui l’associazione riceverà Un ulteriore impulso.
Le Acli Agrigentine sono presenti in molte città e paesi della provincia con i suoi circoli ed invita la cittadinanza a venirla a trovare nella sua storica sede di via Dinoloco ad Agrigento oppure nei vari circoli della provincia per chiedere, informarsi e ricevere, come sempre, una risposta certa ed affidabile.

Nella giornata di ieri a Canicattì personale la Polizia di Stato ha denunciato una canicattinese di 42 anni G.G., con precedenti specifici, per i reati di violazione di domicilio e tentato furto. Nelle scorse settimane ci furono numerose denunce di due cittadini canicattinesi che nel periodo compreso tra la fine di maggio ed agosto, avevano subito dei tentativi di furto presso le loro abitazioni, allorquando la donna era stata alle loro dipendenze come badante di anziani congiunti. In entrambi i casi, i proprietari avevano trovato la porta d’ingresso degli appartamenti visibilmente danneggiata, segno inequivocabile di tentativi di forzatura ed alcuni ambienti pertinenti le abitazione rovistati. Gli uomini del Commissariato di Canicattì, dopo aver visionato le telecamere di sorveglianza, da alcuni fotogrammi mostrati agli interessati, hanno riconosciuto la donna. Da qui la denuncia.

Rinvenuto un residuo bellico della Seconda guerra mondiale sotto un albero di ulivo, a ridosso del Parco Archeologico Valle dei Templi. La bomba – un colpo di artiglieria -, era stata trovata, nei giorni scorsi, da un agrigentino. Immediatamente ha dato l’allarme. Sul posto sono accorsi i carabinieri che hanno, in via precauzionale, transennato e interdetto l’area, in attesa dell’arrivo degli specialisti. È stato fatto arrivare da Palermo il Genio Guastatori dell’Esercito, e dopo il recupero, la bomba è stata fatta brillare lontano dalla città, e in tutta sicurezza, in un terreno di un ex cava a Monserrato.

Altre due automobili prese di mira ad Agrigento negli scorsi giorni. Il primo episodio è avvenuto in via Imera dove è stata graffiata una Peugeot 208 di proprietà di una insegnante cinquantenne. Stesso episodio anche a Villaseta dove è stata rigata un’auto di proprietà di una quarantenne. Non si esclude che ad agire possa essere una sorta di maniaco della “chiodata”.

Duecento alberi di ulivo sono stati tranciati a un bracciante agricolo di 43 anni a Burgio. Il danno ammonterebbe a oltre 5 mila euro,indagano i carabinieri. E’ accauto in contrada Torrisi a Burgio. L’intimidazione è stata realizzata fra il 19 e il 23 settembre, arco di tempo durante il quale il quarantatreenne non s’è recato sul suo appezzamento di terreno. Il danno, decisamente importante, non è risultato essere coperto da polizza assicurativa.

Il pubblico ministero Chiara Bisso ha chiesto il rinvio a giudizio di otto fra responsabili e operatori di quella che fu ribattezzata come la “comunita’ degli orrori”. La struttura di accoglienza di Licata, negli anni successivi, fini’ al centro di un’altra inchiesta – conclusa con i patteggiamenti – su un giro di estorsioni ai danni di dipendenti. Si tratta di Salvatore Lupo, 45 anni, di Favara; Caterina Federico, 37 anni; Angelo Federico, 33 anni; Domenico Savio Federico, 29 anni; Giovanni Cammilleri, 30 anni; Salvatore Gibaldi, 43 anni; Maria Cappello, 50 anni e Angela Ferranti, 53 anni, tutti di Licata. Uno degli episodi principali al centro dell’inchiesta e’ stato immortalato dalle telecamere dei carabinieri, piazzate di nascosto dopo essere entrati nella struttura insieme ai pompieri simulando una fuga di gas. Nelle immagini si vede un paziente legato al letto con una catena. Ed e’ stato proprio questo episodio a suggerire agli inquirenti il nome del blitz “Catene spezzate” anche se la tesi della difesa (nel collegio gli avvocati Salvatore Manganello, Linda Sabia, Santo Lucia, Antonio Montana, Gaetano Timineri e Domenico Russello) e’ che la catena sia stata usata “per contenere il disabile ed evitare che commettesse gesti autolesionistici”. La procura ipotizza che i disabili sarebbero stati sottoposti a gravi privazioni, fra cui il digiugno forzato e l’isolamento dai familiari, oltre che costretti a stare in ambienti sporchi e fare lavori degradanti come – ad esempio – la pulizia di una cisterna