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Tramonta il sogno di Palma di Montechiaro Capitale Italiana della Cultura 2022. Il Mibact ha annunciato la “short list” delle città candidate, l’ultimo step prima di comunicare il vincitore, escludendo la Città del Gattopardo. “Siamo certi – commenta il sindaco Stefano Castellino – che le altre città candidate, le “concorrenti” che abbiamo visto come “sorelle” di una avventura entusiasmante, meritino questo importante riconoscimento. A loro va l’augurio di tutta la nostra Città di ottenere il titolo per il 2022, e soprattutto di poter realizzare quanto immaginato in questi lunghi mesi di progettazione”. Castellino rivolge un “grazie al Gruppo di Lavoro, Angela Rinollo , Marilena Vaccaro, Alfonso Di Vincenzo Peppe Todaro, per tutto quello che ha realizzato, il Comitato Scientifico e quanti si sono spesi in questo progetto, convinto che il lavoro svolto sia fondamentale per l’Avvenire della nostra Città. Palma negli ultimi anni ha avuto un processo di metamorfosi assai evidente, lo stesso che l’ha resa in grado di competere fianco a fianco a grandi Città in un concorso arduo e di elevata responsabilità, laddove le condizioni di partenza non lo avrebbero invece mai consentito. Il dossier presentato in questi mesi ha ottenuto notevole riscontro e costituisce una traccia poderosa per la programmazione futura, che non si arresterà di certo dopo questo esito.A tal proposito nel redigendo bilancio comunale 21-23 sono state stanziate notevoli risorse per la fase esecutiva del Dossier. Come detto – conclude il primo cittadino – in più occasioni, il progetto “Io sono P.A.L.M.A.” si realizzerà lo stesso, con le risorse del territorio, con l’aiuto ed il sostegno dei tanti che credono in Lei e con l’entusiasmo e la forza della sua comunità”.

Il pubblico ministero della Dda Claudio Camilleri ha chiesto undici condanne davanti al Gip del Tribunale di Palermo, Claudia Rosini (udienza in video conferenza) nell’ambito del processo scaturito dalle operazioni antimafia e massoneria dei carabinieri di Licata e del Ros denominate Halicon e Assedio che nell’estate di un anno fa portò in carcere una ventina di persone. Per Angelo Occhipinti, considerato il boss della famiglia licatese la richiesta è stata di 20 anni di reclusione e 10 mila euro di ammenda; 10 anni per il funzionario regionale Lucio Lutri già gran maestro massonico; 12 anni per Vito Lauria, figlio del “professore” Giovanni e boss di Licata; 16 anni per Giovanni Mugnos; 16 anni per Raimondo Semprevivo; 12 anni per Giuseppe Puleri; 12 anni per Giacomo Casa; 10 anni per Angelo Graci, 10 anni e otto mesi per Giuseppe Galanti, e dieci anni per il farmacista Angelo Lauria. Complessivamente sono stati chiesti 130 anni di carcere. Per Marco Massaro, chiesti 3 anni. Il collegio delle difese è composto, tra gli altri, dagli avvocati Angela Porcello, Giovanni Castronovo, Santo Lucia, Giuseppe Martorana, Angelo Balsamo, Lillo Fiorello, Giuseppe Di Peri, Giuseppe Rapisarda. Prossima udienza il 18 dicembre.

Sono 8 i centri di raccolta del plasma per la cura del Coronavirus, in Sicilia, autorizzati dal Dipartimento attività sanitarie e osservatorio epidemiologico dell’ assessorato regionale della Salute. La raccolta del plasma per l’immunizzazione avviene nei servizi trasfusionali presso i policlinici di Palermo e Catania, le Asp di Trapani, Caltanissetta e Ragusa e negli ospedali Papardo di Messina e Garibaldi di Catania, tutti autorizzati alla fine della scorsa primavera.

“Anche ad Agrigento ci sarà la raccolta di plasma iperimmune” – dichiara in una nota la presidente della commissione Salute dell’Ars Margherita La Rocca Ruvolo a proposito del plasma iperimmune utilizzato per la terapia anti Covid – Già lo scorso marzo, spiega la presidente della Commissione, l’assessorato regionale per la Salute aveva mandato ai trenta centri trasfusionali della Sicilia una nota per capire se avevano i requisiti per partecipare al progetto nazionale Tsunami (acronimo di TranSfUsion of coNvaleScent plAsma for the treatment of severe pneuMonIa due to SARS.CoV2). Si tratta di uno studio nazionale comparativo randomizzato – attivato su indicazione del Ministero della Salute promosso dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’AIFA – per valutare l’efficacia e il ruolo del plasma ottenuto da pazienti convalescenti da Covid-19. Al progetto hanno partecipato in Sicilia otto centri trasfusionali, il centro trasfusionale dell’Asp di Agrigento non aveva i requisiti per poter aderire. Questo, però, non vuol dire non poter usufruire del plasma raccolto da altri centri trasfusionali e non vuol dire comunque non raccogliere il plasma: nell’Agrigentino, sottolinea La Rocca Ruvolo, infatti, viene effettuata la raccolta di plasma ad uso compassionevole dai pazienti guariti dal Covid e a tal proposito, nei prossimi giorni, per sgombrare il campo da ogni equivoco, uscirà una nota chiarificatrice da parte dell’assessorato regionale per la Salute”.


Le criticità all’interno dell’ospedale “San Giovanni di Dio” di Agrigento legate alla gestione covid. Emergono alcune novità. Di Luisa Miccichè.

Ancora criticità legate all’ospedale “San Giovanni di Dio” di Agrigento nell’ambito della gestione “covid”. In particolare al reparto di lungodegenza sarebbero risultati 8 positivi tra i degenti, ed alcuni sarebbero stati infettati da personale sanitario già contagiato dal covid ma asintomatico. Infatti, alcuni tra medici e infermieri hanno, da un giorno all’altro, iniziato a circolare nel reparto con tutti i sistemi di protezione anticovid, compresa la tuta. E verosimilmente sarà stato tale personale sanitario ad infettare alcuni dei degenti dello stesso reparto. Nel frattempo, ancora all’ospedale “San Giovanni di Dio” di Agrigento non è stato ancora risolto il problema, già segnalato nei giorni scorsi, dei ritardi nella comunicazione dell’esito dei tamponi. Accade infatti che procedendo ai ricoveri programmati o urgenti, i ricoverati siano, secondo prassi, sottoposti al tampone molecolare. L’esito in tale caso è atteso parecchi giorni, anche cinque. E’ dunque ovvio che, se il paziente giunge già contagiato dal covid, poi, dopo l’esecuzione del tampone, vi sarà tutto il tempo per infettare altri degenti, o medici o altri operatori sanitari. Bisognerebbe quindi che, così come avviene nei “drive in” già allestiti in 40 città siciliane, anche all’ospedale “San Giovanni di Dio” di Agrigento i ricoverati siano subito, prima del ricovero, sottoposti al tampone rapido. E solo nel caso di positività, si procedesse all’esecuzione, a conferma, del tampone molecolare. Ciò preserverebbe coloro che lavorano o sono già ricoverati all’interno dell’ospedale dall’infezione covid 19. Tale problema è stato segnalato dal personale sanitario dell’ospedale di Agrigento al deputato nazionale del Movimento 5 Stelle, Michele Sodano, il quale ha messo a disposizione il proprio indirizzo e-mail per inviare le segnalazioni garantendo l’anonimato. Lo stesso Sodano afferma: “Sto ricevendo tantissime segnalazioni da parte degli operatori sanitari del San Giovanni di Dio di Agrigento, vogliono rimanere anonimi per non perdere il proprio posto di lavoro. Mi comunicano tanti problemi e protocolli sbagliati che mettono a rischio la vita degli infermieri, dei visitatori e degli stessi pazienti covid e non covid. Sono molto preoccupato. Per questo motivo vi chiedo di scrivermi all’indirizzo sodano_m@camera.it inviandomi tutte le criticità e le inefficienze che avete riscontrato nell’intera provincia di Agrigento, così da poterle raccogliere in un documento che invierò ai vertici della sanità provinciale, regionale e allo Staff del Ministro della Salute Roberto Speranza”.

Il sindaco di Agrigento, Franco Micciché, ha annunciato la chiusura definitiva del centro di accoglienza per migranti “La mano di Francesco” lungo viale Cannatello, al Villaggio Mosè. La decisione è scaturita dopo un colloquio con il prefetto di Agrigento, Maria Rita Cocciufa. Lo stesso Miccichè aggiunge: “Con il Prefetto abbiamo concordato che, dopo il periodo di isolamento degli attuali ospiti, e dopo averli sottoposti a tampone, saranno trasferiti e la struttura sarà chiusa”.

Prosegue in modo proficuo l’iniziativa dei “drive in” allestiti per eseguire il tampone rapido. Durante il fine settimana sono stati 27.573 i tamponi rapidi eseguiti nelle oltre 40 città siciliane in cui è prevista la campagna attiva della Regione siciliana per la ricerca del coronavirus. I soggetti risultati positivi sono stati 642 (pari al 2,33 per cento). L’iniziativa procede anche oggi ed è riservata alla popolazione scolastica (personale docente, non docente, studenti e propri nuclei familiari) che può accedere ai “drive in” per sottoporsi volontariamente e gratuitamente al test. In ogni sito sono previsti dei percorsi dedicati in cui si procede al prelievo del campione che, in caso di positività, è immediatamente ripetuto attraverso il tampone molecolare per la necessaria conferma, così come previsto dai protocolli sanitari vigenti. Vi è la possibilità di prenotarsi mediante la piattaforma on-line www.siciliacoronavirus.it. Basta cliccare sul bottone ‘tampone rapido Covid19’ e compilare il modulo di registrazione scegliendo la data disponibile tra i drive in proposti”.

I carabinieri di Campobello di Licata, insieme ai colleghi del Nucleo investigativo di Agrigento, hanno scovato e arrestato a Campobello di Licata S L B, sono le iniziali del nome, 38 anni, inseguito da un mandato d’arresto europeo perché condannato in Germania a 5 anni di reclusione per reati legati alla droga e furto. Il 38enne è adesso recluso nella Casa circondariale “Pasquale Di Lorenzo” di Agrigento. In proposito oggi al Videogiornale di Teleacras sono in onda le interviste al capitano Francesco Lucarelli, comandante Compagnia Licata, ed al maresciallo Luca Vito Bello, comandante stazione Campobello di Licata

I carabinieri del comando provinciale di Messina hanno identificato l’autore del brutale omicidio di un anziano, Giovanni Salmeri, pensionato 73enne. Custodia cautelare in carcere per Ettore Rossetto 56 anni di Milazzo, accusato di omicidio premeditato e distruzione di cadavere. Eseguita l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, dunque emessa dal gip di Barcellona Pozzo di Gotto, su richiesta del sostituto procuratore Rita Barbieri, con il coordinamento del procuratore Emanuele Crescenti.

Le indagini del Nucleo Investigativo del Comando provinciale di Messina e della Compagnia di Milazzo sono partite dal ritrovamento, il 29 luglio scorso, nei pressi di una discarica abusiva, in località Scaccia di Milazzo, del cadavere carbonizzato, con varie ferite d’arma da taglio. Il corpo della vittima era irriconoscibile. Sul posto erano stati ritrovati solo un cappellino parzialmente bruciato, un portafoglio contenente un euro, tre mazzi di chiavi e un coltellaccio da cucina. L’autopsia aveva rivelato che l’uomo, prima di essere dato alle fiamme, era stato colpito con almeno undici coltellate al petto, all’addome e alla trachea, inferte con un coltello con una lama di 20 centimetri trovato sulla scena del crimine.

I Carabinieri hanno visionato 10 mila ore di filmati estrapolati dalle 40 telecamere dei sistemi di videosorveglianza sia pubblici che privati, ed hanno così individuato il transito di un ciclomotore che quella mattina del 28 luglio, circolava in quel tratto di strada, con a bordo due uomini, uno dei quali aveva un cappello con visiera di colore verde simile a quello repertato e un abbigliamento compatibile con i frammenti di vestiti rimasti sul cadavere bruciato. Immagini tratte da altre telecamere della zona hanno fatto emergere una densa colonna di fumo proveniente dal luogo del delitto, compatibile con il rogo e, poco dopo, il passaggio dello stesso ciclomotore, questa volta con a bordo il solo conducente, da una strada proveniente dal luogo dell’omicidio. Partendo da alcuni elementi distintivi del ciclomotore e del casco, gli investigatori sono riusciti a collegare un fotogramma tratto da un’altra telecamera, rilevando la targa del mezzo e il proprietario, Ettore Rossitto, sottoposto a monitoraggio.

Vi erano rapporti di conoscenza tra l’assassino e la vittima. Nessuno aveva denunciato la scomparsa dell’anziano, identificato grazie al mazzo di chiavi ritrovato sulla scena del crimine e utilizzato per l’accesso dei carabinieri all’abitazione. L’uomo viveva da solo e in pessime condizioni igienico-sanitarie e i vicini hanno confermato di non averlo più visto sin da luglio. Altre immagini del 28 luglio ritraevano Salmeri in compagnia di Rossitto nei pressi di un ufficio postale di Milazzo, dove successivi accertamenti hanno consentito di accertare che il primo aveva ritirato 650 euro di pensione. E’ stato così possibile ricostruire il delitto commesso da Rossitto, il quale, dopo avere condotto Salmeri in una località isolata, sulla sponda del fiume Mela, ha sottratto il il denaro della pensione appena riscossa per poi ucciderlo con undici coltellate, dando alle fiamme il corpo. Ulteriori filmati del giorno precedente all’omicidio hanno immortalato Rossitto mentre effettuava due sopralluoghi nei pressi del luogo dove il giorno successivo ucciderà il pensionato, in una circostanza, invertendo rapidamente la marcia, a poche centinaia di metri, essendosi accorto della presenza di una pattuglia dei carabinieri.