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L’orizzonte degli aeroporti siciliani è stato fissato dal governatore Nello Musumecidue società, una per la Sicilia occidentale, che gestisca gli scali di PalermoTrapani e delle isole minori di Lampedusa Pantelleria, l’altra per la Sicilia orientale che metta insieme Catania Comiso. Per poi procedere a una probabile privatizzazione. Ma nell’attesa che tutto questo avvenga, e si prevedono tempi lunghi, i due scali minori guardano alla loro imminente sopravvivenza, legata a una necessità impellente: a Trapani, far tornare Ryanair, o comunque una compagnia che garantisca un certo numero di destinazioni turistiche importanti; a Comiso, trattenere Ryanair. In entrambi i casi l’obiettivo passa dalla riproposizione dell’accordo di co-marketing. Se non si procederà ai nuovi bandi entro agosto, le speranze di programmare l’estate del 2019 saranno ridotte al lumicino, con il serio rischio di chiusura degli scali per inattività. 

Una prima mossa da parte di Soaco, la società che gestisce Comiso, è stata la manifestazione d’interesse per l’affidamento in gestione dell’aeroporto Pio La Torre. La scadenza era fissata a stamattina alle 10. Le offerte arrivate sono state tre. Di cui una, stando a quanto appreso da MeridioNews, è la Sac, la società pubblica che già gestisce lo scalo di Fontanarossa di Catania e che, tramite la controllata Intersac è già tra i soci di Soaco. Gli altri due nomi, «per motivi di privacy», rimangono al momento top secret. «Ma – spiega Giorgio Cappello, amministratore delegato di Soaco – ci fanno ben sperare, e ci rassicura la solidità del profilo degli interessati». Sembrerebbe quindi che, quantomeno alcuni dei soggetti che hanno presentato l’offerta, vantino già un’esperienza nel settore. Qualcuno aveva visto nell’operazione della Soaco una provocazione, una mossa disperata visto il momento delicato in cui versa lo scalo. «Le risposte invece – continua Cappello – ci dimostrano che il nostro è un territorio appetibile che può generare un incoming di flussi turistici». Il mandato esplorativo non è vincolante, né per Soaco, che dovrebbe procedere adesso a un bando per l’affitto del ramo d’azienda, né per le società che si sono fatte avanti, che ipoteticamente potrebbero anche non presentarsi al bando. 

Come si conciliano queste manovre con l’idea di una società unica con Catania delineata da Musumeci? «L’eventuale ipotesi di affitto d’azienda è solo temporanea – spiega Cappello – i tempi per la società unica sono lunghi: serve che il socio di maggioranza di Soaco, Intersac holding, metta a bando le sue azioni e che il nuovo socio sia nelle condizioni di ricapitalizzare l’azienda. Nel frattempo dobbiamo fare di tutto per scongiurare la chiusura e garantire la continuità». Sullo sfondo, ma di vitale importanza, resta il bando per l’accordo di co-marketing. Si tratta dello strumento usato finora per garantire la presenza di Ryanair sia a Trapani che a Comiso. In sostanza i Comuni mettono a bando (usando soldi della Regione, ma non solo) la promozione del loro territorio, attraverso pubblicazioni su riviste, siti, ecc. Così negli ultimi anni la Airport Marketing Service Limited, la società che gestisce il marketing di Ryanair ha potuto contare su decine di milioni di euro. E la low cost ha garantito rotte e turisti. 

Il precedente accordo è scaduto a marzo del 2018, ma la Soaco ha contrattato una proroga con la compagnia irlandese fino al 31 ottobre, con possibile prolungamento al 31 marzo 2019. Questo ha finora garantito, a differenza di quanto successo a Trapani, il mantenimento della presenza della low cost. Il nuovo bando, del valore di 8,8 milioni di euro (messi dalla Regione, dal libero consorzio, dalla Camera di commercio e dal Comune di Ragusa), dovrebbe assicurare il futuro dalla stagione estiva 2019. Il condizionale, però, è d’obbligo. 

Il progetto è, da oltre un mese, al vaglio dell’assessorato al Turismo che recentemente lo ha passato alla commissione competente dell’Ars. Lo stesso vale per Trapani Birgi. Lungaggini che hanno fatto perdere la pazienza al sindaco di Marsala, Alberto Di Girolamo, ente capofila tra i Comuni trapanesi interessati al co-marketing da 17 milioni già stanziati (a cui se ne dovrebbero aggiungere altri quattro per coprire il 2020), per lo scalo della Sicilia occidentale. Stamattina il primo cittadino marsalese ha incontrato i vertici Airgest (la società che gestisce Birgi) per chiedere chiarezza sui tempi di pubblicazione del nuovo bando. Tempi che, però, non dipendono più dalla società di gestione, bensì da quelli dell’assessorato. «Ci hanno detto che la quinta commissione darà il via libera la prossima settimana – dice Di Girolamo – ma ci credo solo quando lo vedrò, perché è passato troppo tempo». 

Il passo successivo dovrebbe essere la ricapitalizzazione di Airgest. Secondo fonti della società, l’assemblea potrebbe riunirsi entro il mese di luglio. Nel 2017 lo scalo di Birgi ha chiuso in perdita di oltre un milione di euro, nel 2018 sarà peggio, a causa del ridimensionamento di Ryanair. Di conseguenza, per appianare i debiti e permettere il funzionamento dello scalo, si stima che la ricapitalizzazione possa toccare i dieci milioni di euro, per cui la Regione dovrebbe attingere dall’apposito fondo per le società partecipate inserito nella Finanziaria. 

 

Nuovo scontro sui migranti nel governo dopo il recupero, da parte di una nave privata battente bandiera italiana di alcuni migranti in acque libiche. La nave Vos Thalassa, rimorchiatore a servizio di piattaforme petrolifere è, infatti, intervenuta ieri sera per recuperare una sessantina di migranti e “ha anticipato l’intervento della guardia costiera libica che era già stata allertata”. La posizione del ministro dell’Interno, si è appreso dal Viminale, è che non avrà l’autorizzazione ad avvicinarsi ai porti italiani.

Ma successivamente la nave ha lasciato i migranti a una nave della guardia costiera italiana, la Diciotti, “che pure era più lontana rispetto ai libici che stavano entrando in azione”, fa sapere il Viminale . A questo punto – però – si fa sepere dal Viminale la posizione del ministro dell’Interno “non cambia”. Il “problema politico” posto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini al premier Conte, al vicepremier Di Maio e al ministro Toninelli sulla vicenda dei migranti soccorsi dalla Vos Thalassa e poi trasferiti su nave Diciotti della Guardia costiera, fa sapere il Viminale, è il seguente: “la guardia costiera italiana non può sostituirsi a quella libica, soprattutto se i colleghi africani sono già entrati in azione“.

Orgoglioso della Guardia Costiera italiana – scrive su twitter Danilo Toninelli – che con nave Diciotti ha preso a bordo 60 migranti che stavano mettendo in pericolo di vita l’equipaggio dell’incrociatore italiano Vos Thalassa. Ora avanti con indagini per punire facinorosi”.

La Guardia costiera è intervenuta perché il comandante della Vos Thalassa ha segnalato una situazione di “grave pericolo” per l’equipaggio-tutto composto da italiani – minacciato da alcuni migranti soccorsi all’arrivo in zona di una motovedetta libica. Lo fa sapere la guardia costiera in merito all’intervento di ieri sera.

“Stiamo ragionando. Se qualcuno ha fatto qualcosa che va contro la legge appena sbarca in Italia finisce in galera e non in un centro di accoglienza“, fa sapere il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Il trasbordo sulla Diciotti dei migranti soccorsi dalla Vos Thalassa è stato autorizzato dal comando generale delle capitanerie di porto. E’ quanto puntualizza il Viminale che non sta dando indicazioni sul porto d’arrivo dell’imbarcazione della Guardia costiera.

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha convocato nel pomeriggio a Palazzo Chigi un vertice sul dossier migratorio. Presenti tra gli altri, si apprende in ambienti di governo, i ministri dell’Interno, Matteo Salvini, della Difesa, Elisabetta Trenta, degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi.

Intanto la Difesa smentisce tensioni con il Viminale. “Non c’è nessun caso Trenta-Salvini, il governo rema unito e compatto verso la stessa direzione”, Così fonti della Difesa sulle recenti polemiche in merito alla missione europea Eunavformed.

Una sessantina di persone soccorse e poi trasferite sulla nave Diciotti. Il Viminale non autorizza sbarco. Toninelli: ‘Abbiamo agito perchè equipaggio Von Thalassa era stato messo in pericolo di vita. Ora indagini’

Procura, titolari hanno legami con massoneria e antimafia

Foto generica Dia Catania

La Dia di Catania sta eseguendo arresti per presunte distrazione di fondi di titolari di casa di cura per anziani disabili. Titolari che sarebbero legati alla massoneria e ad associazioni antimafia. Il ‘buco’ nella gestione dell”Istituto’ sarebbe di 10 milioni di euro. Il provvedimento restrittivo, emesso dal Gip nei confronti di cinque indagati nell’ambito di un’inchiesta sulla gestione di fondi regionali coordinata dal Procuratore Carmelo Zuccaro, è in corso di esecuzione da parte di personale della Dia di Catania, diretta da Renato Panvino, supportato dai centri operativi di Palermo, Reggio Calabria, Caltanissetta e dalla sezione di Messina.

E’ l’istituto medico  psico-pedagogico Lucia Mangano di Sant’Agata li Batiati di cui e’  presidente Corrado Labisi la struttura al centro dell’inchiesta 
‘Giano bifronte’ della Procura di Catania, coordinata dal  procuratore Carmelo Zuccaro, dall’aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Fabio Regolo. La famiglia Labisi e’ nota per due noti premi internazionali antimafia: quello dedicato alla madre ‘Antonietta Labisi’ e il ‘Livatino-Satta-Costa’. L’istituto era stato al centro di una perquisizione. eseguita dalla Dia, per l’acquisizione di documenti e atti alla fine del settembre del 2017. 
Intanto personale della Dia di Catania, diretto dal  capocentro Renato Panvino, coadiuvato da colleghi di altri centri, sta eseguendo ispezioni in banche in cui sono accesi a conti correnti della casa di cura per anziani che, secondo la Procura ha un ‘buco’ di 10 milioni, per eseguire un sequestro preventivo per oltre 1,5 milioni di beni. Perquisizioni, disposti dalla Procura distrettuale di Catania, sono in corso anche in uffici e in sedi in cui gli indagati hanno eletto il loro domicilio alla ricerca di documenti utili all’inchiesta.

   Sull’indagine  il procuratore capo Zuccaro terrà un incontro con i giornalisti alle 10.30 nella sala conferenze della Procura.

Quattro deputati dell’Ars non ricevono più il vitalizio, grazie a regole in vigore dal 2012. Per gli altri – compresi vedove e figli dei parlamentari degli anni ’50 – vorrebbero cambiare le cose in maniera retroattiva. Ma c’è chi avverte: «La legge verrebbe impugnata»

«Da deputato regionale ho maturato 380 euro di pensione mensile, ma io nella vita ho sempre fatto altro e vivo di altro. È giusto così». Vincenzo Fontana, medico primario all’ospedale di Agrigento, è uno dei quattro ex deputati che vive già quello che il Movimento 5 stelle propone di applicare per tutti i parlamentari regionali in maniera retroattivatrasformare il vitalizio in pensione calcolata interamente col sistema contributivo. Quello, cioè, che normalmente avviene per tutti i cittadini. E che dal 2012 – col nuovo regolamento introdotto – vale pure per gli ex deputati dell’Assemblea regionale siciliana che abbiano compiuto 65 anni. Ma solo per quelli che hanno svolto l’attività successivamente al 2012. Per tutti gli altri il vitalizio non si tocca. 

Così i primi a ricevere la pensione sulla base dei reali contributi versati sonoquattro deputati che hanno svolto un solo mandato (nell’ultima legislatura) e non sono stati rieletti: oltre a Fontana, ci sono l’insegnante Marika Cirone (Pd) e l’ex questore di Gela Antonio Malafarina (Megafono), fedelissimo di Rosario Crocetta. Il quarto è proprio il governatore uscente. Per loro l’Ars spende 2.832 euro al mese. In media poco più di 600 euro ciascuno. Non certo numeri da casta. Un trattamento persino più stringente di quello che i cinquestelle vorrebbero applicare. Nella proposta di legge presentata all’ufficio di presidenza – e che ha scatenato un vespaio di polemiche e di accuse di populismo da parte della maggioranza – è previsto un tetto minimo di 660 euro. «Io – spiega Marika Cirone – sono un’insegnante in pensione, ho sempre vissuto del mio lavoro. E reputo sacrosanto rimodulare il vecchio regime, ma va fatto con serietà, i diritti acquisiti non si cambiano in maniera retroattiva, perché il provvedimento verrebbe sicuramente impugnato».

Al momento l’Ars paga ogni mese 761mila euro per garantire 158 vitalizi ad altrettanti ex deputati. A cui si aggiungono altri 165mila euro per 30 deputati che rientrano in un sistema misto, detto pro-rata: retributivo per gli anni svolti prima del 2012, e contributivo per gli anni successivi. Ci sono poi i 129 assegni di reversibilità, la cui spesa mensile ammonta a 588mila euro: vitalizi che, una volta morto il deputato beneficiario, sono passati non solo alle vedove, ma anche, in quattro casi, ai figli. Tre di questi sono figli di deputati – Ignazio Adamo, Giuseppe Alessi e Natale Cacciola – che sono stati parlamentari nella prima legislatura, tra il 1947 e il 1951. Il quarto è il figlio di Luigi Carollo, deputato comunista tra gli anni ’60 e ’70. Nella proposta dei cinquestelle anche questi assegni andrebbero rivisti interamente sulla base dei contributi versati e ulteriormente ridotti al 60 per cento dell’importo della pensione che spetterebbe al deputato, qualora fosse in vita. Inoltre la reversibilità non potrebbe più scattare per altri parenti al di fuori del coniuge. Calcoli tuttavia difficili da fare, considerato che all’Ars non ci sarebbe traccia di documenti attestanti la storia contributiva dei deputati negli anni precedenti al 1980. 

La proposta di legge è stata depositata all’ufficio di presidenza dell’Ars, composto da undici consiglieri. Per essere approvata necessita della maggioranza di sei: tre voti, quelli dei cinquestelle, sono certi. Ma i pentastellati sperano nell’appoggio del membro del Pd, il ragusano Emanuele Dipasquale, ma anche di due membri della maggioranza: Giorgio Assenza e Gaetano Galvagno. Il primo, deputato del movimento del presidente Musumeci DiventeràBellissima, il secondo di Fratelli d’Italia. «Giorgia Meloni ha sempre ribadito la volontà di tagliare i vitalizi – ragionano nel gruppo del M5s – mentre la Lega, (che ormai ha più di un flirt con Musumecindr) voterà con noi a Roma la proposta che ha presentato il presidente della Camera, Fico. Sarebbe difficile per Assenza e Galvagno spiegare una posizione diversa». 

Forte resta tuttavia il rischio di un’impugnativa alla Corte Costituzionale, perché si andrebbe a toccare un diritto acquisito in maniera retroattiva. Timore che è anche uno dei fattori per cui la proposta presentata dal Pd a livello nazionale nella scorsa legislatura (molto simile a quella del Movimento 5 stelle a Palermo), dopo aver ricevuto l’approvazione da parte della Camera, non è mai stata calendarizzata al Senato. 

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini
Sbarco ieri da nave militare irlandese. Domani ministro al Colle

Dopo aver fermato le navi delle Ong, giovedì porterò al tavolo europeo di Innsbruck la richiesta italiana di bloccare l’arrivo nei porti italiani delle navi delle missioni internazionali attualmente presenti nel Mediterraneo. Purtroppo i governi italiani degli ultimi 5 anni avevano sottoscritto accordi (in cambio di cosa?) perché tutte queste navi scaricassero gli immigrati in Italia, col nostro governo la musica è cambiata e cambierà”. Lo dice il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini che giovedì sarà al primo vertice dei ministri degli interni Ue nel corso del semestre a presidenza austriaca. Ieri sera sono sbarcati a Messina 106 profughi raccolti dalla nave militare irlandese Samuel Becket.
    Il soccorso sarebbe avvenuto in zona Sar libica fra il 4 e il 5 luglio. Il pattugliatore aveva chiesto al Viminale il permesso di sbarcare e ha ricevuto l’indicazione di Messina. Domani Salvini incontrerà il Presidente della Repubblica e il tema migranti probabilmente sarà affrontato in vista degli appuntamenti Ue.
   

Premesso che la Società “General Mining Research Italy srl” di Perugia, ai fini di assoggettabilità a VIA ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs 152/06, ha presentato a codesto Assessorato una richiesta di “Permesso di ricerca per Sali potassici e alcalini” denominato “Eraclea” che interessa il territorio del Comune di Ribera e di Cattolica Eraclea in prov. di Agrigento; che nel programma delle indagini, ricavabile dalla “sintesi non tecnica” dello studio preliminare ambientale, é prevista la “realizzazione di n* 1 o 2 perforazioni di ricerca” che al contrario di quanto si afferma nello studio preliminare, rappresentano una metodologia di ricerca alquanto invasiva;che l’area interessata dalla richiesta del permesso di ricerca si presenta, a giudizio di autorevoli geologi e studiosi, come un delicatissimo equilibrio suolo-sottosuolo che ha preservato nel tempo i giacimenti salini da fenomeni di erosione e subsidenze dovuti alla infiltrazione di acque superficiali e sotterranee;che la porzione di territorio interessato dalle ricerche è ricompreso all’interno della pianura alluvionale del fiume Platani caratterizzata, come è stato sottolineato dai tecnici del Comune di Cattolica Eraclea, “da un sistema acquifero complesso che si sviluppa su vari livelli ed é caratterizzato da più corpi idrici sovrapposti ma separati idraulicamente da livelli argillosi impermeabili interposti. Nello specifico trattasi di falde acquifere superficiali, caratterizzate da elevata salinità per la loro interconnessione con l’alveo del fiume Platani (dove scorrono acque salate) e falde acquifere profonde, alimentate dalle acque meteoriche che dagli affioramenti rocciosi posti ai margini della pianura alluvionale.”;che proprio a causa di questo complesso sistema, in esito alle trivellazioni, potrebbe risultare compromesso questo delicato equilibrio idrogeologico delle falde rischiando di “mettere in collegamento gli acquiferi superficiali caratterizzati da livelli molto elevati di salinità, con quelli profondi meno salati ed utilizzati o utilizzabili per attività umane, agricole e pastorizie e per le produzioni pregiate (aranceti, vigneti, uliveti pescheti, ecc) che insistono in quel territorio;che, inoltre, l’area su cui insisterebbero le attività di trivellazione è interessata da un regime vincolistico diversificato per la valenza paesaggistica, naturalistica ed ambientale;che, in particolare, ricadono su quel territorio: 

1) vincolo idrogeologico della Regione ex R.D. n.3267 30/12/1923 e R.D. n.1126 16/5/1926-
2) Norme di salvaguardia del Piano Paesaggistico provinciale con tutela di livello 2 e 3, che fa divieto di effettuare trivellazioni, asportare rocce, minerali e reperti di qualsiasi natura, effettuare movimenti terra che trasformino i caratteri morfologici e paesaggistici;
3) vincolo forestale su alcune aree interessate, ai sensi del D.lgs. 227/01 a causa di “corridoi ecologici di importanza naturalistica ed ecosistemica la cui salvaguardia permette la conservazione degli habitat e delle specie presenti”;
4) vincolo paesaggistico ai sensi del Codice dei BBCC ex art. 142 del D.lgs. 42/2004 a garanzia della fascia di rispetto di 150 m. del fiume Platani e dei suoi affluenti;
5) vincolo idrogeologico derivante dal Piano per l’Assetto idrogeologico (PAI) con pericolosità 2 e quindi non idoneo ad accogliere siti di estrazione mineraria;
6) estrema prossimità alle riserve naturali ed all’area S.I.C. “Foce del Fiume Platani, foce del fiume Magazzolo, Capo Bianco, Torre Salsa” che costituiscono un’area protetta di rilevante importanza e dell’Oasi naturalistica individuata nel lago artificiale denominato “Gorgo” che oggi è diventato un luogo di svernamento e stazionamento di diverse specie di volatili, ubicato nel limitrofo territorio del Comune di Montallegro;

-che, inoltre, le previsioni del nuovo PRG del comune di Cattolica E. in fase di approvazione dal CRU, proprio nell’area interessata dalle ricerche ha previsto l’allocazione di alcune attività turistiche-ricettive, commerciali e residenziali che in modo compatibile con le caratteristiche dei luoghi, possono creare sviluppo e dare lavoro;

-che la zona suddetta è interessata, altresì, da colture intensive di alta qualità tra le quali spiccano per importanza economica e commerciale l’Arancia di Ribera, vigneti ed uliveti che rientrano nella DOP (denominazione di origine protetta) e nella IGP (indicazione geografica protetta);

– che il territorio di Cattolica nella zona a monte é stato già interessato da attività estrattive minerarie oggi abbandonate a causa di fenomeni di crollo, subsidenze e frane che ne hanno compromesso lo sfruttamento;
– Che, in ogni caso, viste le dimensioni del giacimento di sali che si presume esista in quel territorio, sarebbe opportuno, eventualmente, svolgere attività di ricerca in altre località distanti e tali da non interferire con le vocazioni culturali, turistiche e produttive della zona;
– Che i consigli comunali dei comuni interessati hanno preso decisamente una posizione contraria, evidenziando i rischi ambientali, paesaggistici, idrogeologici e turistici, che tali attività di ricerca comporterebbero anche in considerazione della prossimità della zona individuata con l’area archeologica di Eraclea Minoa ed il suo litorale;
– Che altrettanto hanno fatto le associazioni ambientaliste ed alcune associazioni culturali oltre a rappresentanti politici ed istituzionali;

Si interroga la S.V. per sapere:
-se é a conoscenza di quanto sopra riportato;
-se non ritenga di dovere approfondire l’argomento per prendere conoscenza diretta del problema;
-se non ritenga di convenire con le istituzioni interessate e i rappresentanti delle associazioni di negare il permesso di ricerca richiesto dalla Società “General Mining Research Italy srl” di Perugia.

 

L’esponente della giunta Musumeci nega di essere mai stato a conoscenza della grana giudiziaria – «vengo a saperlo adesso da lei» – ma il caso due anni fa è finito sulle prime pagine dei giornali. Da alcuni mesi l’ex esponente Udc, che a novembre ha fallito l’elezione, è nel gabinetto assessoriale

Da impresentabile a segretario particolare dell’assessore Turano. È il destino di Gaetano Cani, 59enne di Canicattì che a novembre ha mancato l’elezione all’Ars, finendo terzo nella lista dell’Udc in provincia di Agrigento – dietro l’unica eletta Margherita La Rocca Ruvolo e Salvatore Iacolino – nonostante i 4220 voti presi. Di professione docente, per Cani si sarebbe trattato di una riconferma dopo i tre anni da deputato regionale iniziati, a giugno 2015, con l’ingresso a sala d’Ercole in sostituzione di Calogero Firetto, dimessosi dopo l’elezione a sindaco di Agrigento. 

Per il 59enne, però, l’esperienza con i palazzi palermitani è stata rimandata di una manciata di mesi. Dopo avere trascorso l’autunno nella lista dei cosiddetti impresentabili redatta dal Movimento 5 stelle, a metà febbraio l’assessore alle Attività produttive del governo Musumeci, Mimmo Turano, ha chiamato Cani come componente del proprio staff di gabinetto. Collaborazione che, partita il 20 febbraio, dovrebbe concludersi a fine agosto e che è stata formalizzata a marzo con un decreto assessoriale a cui si allegava il contratto e la retribuzione legata all’inquadramento dei funzionari di livello D1 e relativo esclusivamente al compenso accessorio onnicomprensivo pari a 15.500 euro annuali. Il provvedimento, tuttavia, è stato rivisto nei mesi successi e superato a maggio da un nuovo decreto, sempre a firma di Turano, in cui vengono citate alcune criticità individuate dalla Ragioneria centrale delle Attività produttive.

Ciò che è certo, però, è che Cani è al momento sotto processo con la pesante accusa di estorsione nei confronti di alcuni docenti dell’istituto paritario Maria Rotolo di Menfi. Il procedimento, iniziato la scorsa estate, è ancora in primo grado. Per i magistrati Cani avrebbe chiesto agli insegnanti di lavorare gratuitamente in cambio del punteggio in graduatoria, ponendo come condizione la firma delle dimissioni in bianco. Una vicenda che, già lo scorso anno, aveva fatto abbondantemente discutere, ma di cui Turano nega di essere stato a conoscenza. «Lei è il primo che mi avvisa di questa cosa, la prossima settimana lo incontrerò e mi farò spiegare la vicenda – dichiara l’assessore centrista a MeridioNews -. Mi assumo sempre le responsabilità delle cose che faccio, ma prima voglio documentarmi per bene». L’esponente del governo Musumeci spiega i motivi della scelta di Cani come collaboratore. «Un ex deputato, che non è stato rieletto, ma ha avuto un buon consenso ritengo sia una scelta valida», continua Turano. Per poi sottolineare che «se uno può fare il deputato, allora può fare il mio collaboratore».

Raggiunto telefonicamente, il diretto interessato prova a smorzare i toni. «Il processo è legato a una storia vecchia, che risale a un decennio fa (l’inchiesta però è stata chiusa nel 2016, ndr) e sappiamo che la giustizia italiana ha tempi lunghi – commenta Cani -. Mi chiedo dunque se è normale che una persona debba essere tagliata fuori da ogni incarico ancora prima di essere giudicato». Il collaboratore di Turano, che nel passato è stato anche assessore alla Provincia e consigliere comunale, oltre ad avere provato l’elezione a sindaco di Canicattì, sottolinea poi come la disponibilità data a Turano derivi dalla passione politica: «Non è un incarico che mi fa guadagnare di più, anzi le assicuro che rinunciando a fare il docente prendo meno». Infine la promessa: «Per come sono fatto io, anche con una condanna di primo grado lascerei la scena pubblica, ma fino ad allora perché dovrei rinunciare? E poi – conclude Cani – si tratta di un incarico che tra due mesi si concluderà».

Provvedimento adottato per i problemi di salute del detenuto

Marcello Dell’ Utri

Il Tribunale di Sorveglianza, accogliendo la richiesta dei legali, ha disposto il differimento della pena per l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, detenuto per scontare una condanna definita a sette anni per concorso in associazione mafiosa. Il provvedimento sarebbe stato adottato per i problemi di salute di cui soffre Dell’Utri. La decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma di differire la pena Marcello dell’Utri per ragioni di salute comporta la concessione degli arresti domicilia all’ex senatore di Forza Italia.

Sprechi e condotte illecite nella pubblica amministrazione dell’Isola: 2014 annus horribilis con 479 milioni di euro e 1.633 persone segnalate. Illeciti accertati dal Comando regionale della Guardia di Finanza Sicilia tra il 2008 e il 2018

Burocrati, in Sicilia danni all’Erario per 3,5 mld

Pubblica amministrazione terra di nessuno dove regnano sovrani disservizi, disorganizzazione, disfunzioni di ogni tipo. Quello appena descritto non rappresenta uno scenario apocalittico ma assolutamente realistico, soprattutto in Sicilia dove il Comando regionale della Guardia di finanza a fronte di 8921 persone segnalate ha accertato in Sicilia (2008-2018) danni all’Erario per 3,5 miliardi di euro.
 
Soldi che sarebbe stato invece opportuno investire per migliorare la qualità dei servizi rivolti ai cittadini ma che invece sono stati presi e letteralmente buttati dalla finestra tra sprechi e illeciti di cui sono responsabili i figli “infedeli” della Cosa pubblica: dirigenti e dipendenti che con la loro condotta irresponsabile se ne sono infischiati dell’interesse generale, violando palesemente l’art. 54 della Costituzione secondo cui “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.
 
Disciplina e onore impone, dunque, il Testo fondamentale, ma alle persone che hanno in mano la res pubblica sembra non interessare. Già a febbraio 2018 nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario il presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, Luciana Savagnone aveva evidenziato che in Sicilia sono raddoppiate le condanne per danno erariale a carico di amministratori e dipendenti pubblici. Ha fornito la cifra dei danni accertati nel 2017 che con 107 sentenze, ammontavano a 14 milioni e 365.800 euro, il doppio dell’anno precedente. Irregolarità riguardo la gestione e l’impiego di contributi comunitari all’imprenditoria e all’agricoltura, spreco di risorse a volte concesse a soggetti privi dei requisiti previsti dalla legge, attribuzione di incarichi a “esperti” e consulenti, assunzioni illegittime e pagamenti ai dipendenti di emolumenti non dovuti.
 
Dal rapporto presentato lo scorso venerdì 22 giugno, in occasione del 244° anniversario della fondazione del Corpo della Guardia di finanza regionale, relativo agli ultimi dodici mesi di attività (giugno 2017 – maggio 2018), emergono ben 9652 indagini avviate dalle autorità giudiziaria e contabile: dalla collaborazione con la Corte dei Conti, solo in questi ultimi mesi, sono emersi 295 casi di danno erariale per 361 milioni e per i quali sono state individuate responsabilità amministrative a carico di 1.505 persone solo in Sicilia.
 
Ma la Sicilia non fa altro che fare da traino a una situazione che avvilisce e svilisce tutta l’Italia. Dalla relazione del Corpo nazionale della Guardia di finanza relativa agli ultimi 17 mesi di attività si riscontrano a livello nazionale danni erariali per 5 miliardi di euro, contestati nei 40.197 accertamenti effettuati. Una vasta operazione a tutela della spesa pubblica che ha portato a segnalare alla Corte dei Conti oltre 8.462 persone. Tra le segnalazioni sono state scoperte frodi nei confronti del bilancio nazionale e comunitario per oltre 1,5 miliardi ponendo sotto sequestro 816 milioni di euro, dei quali ben 603 in inchieste per corruzione e manipolazione degli appalti.
 
Proprio nel contesto degli appalti sono state individuate procedure irregolari per un valore di circa 2,9 miliardi che hanno portato alla denuncia di 6.062 persone delle quali 644 finite in arresto.
 
A completare il quadro in ambito di inchieste per corruzione e appalti irregolari anche le segnalazioni dell’Anac: da inizio anno l’Autorità nazionale anticorruzione ha inoltrato 10 segnalazioni alla Corte dei Conti proprio per danno erariale.

l’assessore regionale all’Istruzione Roberto Lagalla

Arrivano dalla Regione siciliana dodici milioni di euro per l’alta formazione, la ricerca e le specializzazioni post-laurea. “Finanziare l’alta formazione, coerentemente ai bisogni del sistema regionale, significa contrastare il costante esodo di giovani eccellenze siciliane e offrirgli la possibilità di rimanere in Sicilia, trovando nella nostra Regione le migliori opportunità di crescita professionale – afferma l’assessore regionale all’Istruzione Roberto Lagalla – Confido nella più ampia partecipazione da parte degli atenei e degli enti di ricerca, dei giovani e delle aziende siciliane, affinché possano usufruire di tutte le opportunità oggi rese loro disponibili”. Quattro milioni sono stati stanziati per il nuovo bando, appena pubblicato, per l’apprendistato di terzo livello. Università, enti di ricerca, istituti tecnici Superiori e Afam potranno partecipare alla creazione di un catalogo dell’offerta formativa regionale per l’apprendistato di alta formazione e ricerca, rivolto a giovani studenti tra i 18 e i 29 anni in contratto di apprendistato, in fase di assunzione o intenzionati a compiere un percorso da apprendisti. A seguito della pubblicazione del catalogo, per la fruizione del corso prescelto, i ragazzi potranno avanzare la richiesta di un voucher formativo che verrà erogato all’ente presso cui si è deciso di svolgere la formazione e sarà utile alla copertura dei costi sostenuti fino ad un massimo di cinquemila euro per ogni annualità.