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La proposta arriva dal deputato Claudio Fava. Nell’Isola è ancora difficile riuscire ad applicare la norma sull’interruzione volontaria della gravidanza. «Non è solo procedura chirurgica, serve una rete di sostegno», commenta il ginecologo Alberto Vaiarelli

Una legge che da oltre 40 anni risulta difficile da applicare. È la 194 del 1978 che norma «la tutela sociale della maternità e l’interruzione volontaria della gravidanza», uno strumento fondamentale per la salute delle donne troppe volte rimasto solo sulla carta. A rimettere sul tavolo la questione adesso è il deputato regionale leader dei Cento Passi Claudio Fava con un disegno di legge che prevede una serie di misure volte alla piena applicazione della 194: da progetti di informazione ed educazione alla sessualità nelle scuole a un incremento dei consultori familiari, dalla disponibilità di metodi contraccettivi gratuiti per i cittadini al rafforzamento di una rete di sostegno, oltre alla effettiva realizzazione del diritto di interrompere una gravidanza in piena sicurezza. Per questo, una delle azioni pratiche da mettere in campo nella proposta di Fava sarebbe quella di predisporre «concorsi pubblici specificatamente volti all’applicazione della legge 194/78 nelle aziende ospedaliere».

Si tratta di bandi mirati all’assunzione di personale medico che non sia obiettore di coscienza e, dunque, in grado di garantire le prestazioni sanitarie connesse alle pratiche abortive. Qualcuno, in passato, di fronte a questa ipotesi ha storto il naso tirando in ballo l’articolo 3 della Costituzione. Ma sono stati diversi tribunali amministrativi a sentenziare che non c’è nessun contrasto con il principio di eguaglianza nell’assumere medici non obiettori. Del resto, invece, sono numerose e gravi le violazioni dei diritti della donna dovuti all’alta percentuale di medici che per scelta non praticano l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). Negli ultimi dati ufficiali del ministero della Salute, in Sicilia l’86,1 per cento dei ginecologi dichiara di essere obiettore di coscienza. Un numero destinato a crescere se a questi si aggiungono anestesistiinfermieri e personale sanitario. Tradotto questo significa l’impossibilità di praticare l’Ivg in moltissime strutture e un numero altissimo di aborti clandestini, stimato dall’Istituto superiore di sanità fra i 12mila e i 15mila all’anno in Italia. 

A fare le file nei pochi luoghi che rispettano il diritto di interrompere la gravidanza ci sono donne giovani, adulte, arrivano da sole o in coppia e non tutte sono spinte solo da difficoltà economiche. «Il concetto fondamentale – spiega a MeridioNews Alberto Vaiarelli, medico chirurgo specialista in Ginecologia e Ostetricia – è che la possibilità di interrompere una gravidanza dovrebbe essere un servizio al quale tutte donne che ne fanno richiesta devono poter accedere secondo scienza, coscienza e normativa vigente». È anche sulla base di questo che l’articolo 2 del ddl prevede, fra i compiti delle Aziende sanitarie provinciali e delle altre strutture anche del privato accreditate in Sicilia, di «assicurare l’effettuazione degli interventi di Ivg richiesti, anche in presenza di personale medico e sanitario che abbia sollevato obiezione di coscienza». 

Nelle linee tracciate dal ddl, le strutture ospedaliere dovrebbero mettere a disposizione delle pazienti un percorso dedicato. «Non si tratta solo di una procedura chirurgica – precisa il ginecologo – Attorno alle donne deve esserci una precisa organizzazione da parte dell’azienda ospedaliera: dalla sala operatoriaall’equipe medica e infermieristica, alla degenza post-operatoria. Una rete che si prenda cura delle paziente prima, durante e dopo. Per essere un servizio utile a garantire il rispetto del diritto della donna, questa deve innanzitutto essereinformata in modo corretto per scegliere consapevolmente, dopo una consulenza completa da parte del medico e di uno psicologo che dovrebbero avvenire in un ambulatorio dedicato. Per ognuna di loro è importante che ci sia una rete che riesca a garantire il servizio in tempi rapidi».

Ed è all’articolo 4 del ddl che si precisa che se «dovesse emergere che le Asp presentino, nei propri organici, carenze di figure professionali non obiettori tali da pregiudicare la corretta e puntuale applicazione della disciplina in materia di Ivg, i direttori generali provvedono alla sostituzione di personale mediante turni di reperibilità, attivando procedure di mobilità, assegnando premi di produzione, o procedendo all’indizione di concorsi specificatamente riservati a personale sanitario non obiettore». Anche per evitare una discriminazione su base economica delle pazienti perché chi ha più mezzi ha anche la possibilità di rivolgersi a strutture private a pagamento o spostarsi in altre Regioni o Stati.

In questa stessa direzione va l’idea di mettere a disposizione gratuitamente i metodi contraccettivi (ormonali, impianti sottocutanei, dispositivi intrauterini, contraccezione di emergenza, preservativi femminili e maschili) in tutti i presidi ospedalieri e nei consultori per persone di età inferiore ai 26 anni e donne con età compresa tra i 26 e i 45 anni in condizioni di precarietà economicanei 24 mesi dopo l’intervento di Ivg o nel primo anno dopo il parto. «Per il raggiungimento di tali scopi – si legge nell’articolo 3 – la Regione Siciliana predispone e assicura ogni specifica misura organizzativa adoperandosi per rimuovere eventuali ostacoli alla sua applicazione e per prevenire e sanzionare eventuali violazioni che possano configurare una interruzione di pubblico servizio o inosservanza del diritto a una maternità consapevole».

L’assessore alla Salute interviene nel dibattito in merito alla circolare del ministero guidato da Giulia Grillo, che prevede in attesa dell’approvazione del decreto Milleproroghe la possibilità per i genitori di assicurare l’avvenuta vaccinazione dei figli

«Sono certo che prevarrà il buon senso e si eviterà di compiere passi indietro che potrebbero risultare pericolosi». A dichiararlo è l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, in merito alle ultime polemiche riguardanti l’indirizzo del governo nazionale in materia di vaccini, e in particolare la circolare del ministero – guidato dalla pentastellata siciliana Giulia Grillo – riguardante l’autocertificazione sufficiente a garantire l’iscrizione a scuola, in attesa del decreto Milleproroghe che prevede il rinvio di un anno all’obbligo di dimostrare le avvenute vaccinazioni. 

«Sul tema delle vaccinazioni c’è sempre un confronto aperto con il ministero della Salute, particolarmente proficuo e serrato anche durante la crisi per i casi di morbillo che si sono manifestati in Sicilia alla fine della scorsa primavera – continua Razza -. Proprio alla luce di quella esperienza, credo non si possa non tenere conto dei risultati ottenuti grazie all’incremento della campagna di vaccinazione per aumentare le percentuali ed abbassare la soglia di rischio».

Ed è proprio dalle Regioni che in queste ore è arrivata una risposta al governo nazionale. «È un passo indietro. Lavoriamo perché non passi in Parlamento, altrimenti siamo pronti a ricorrere alla Consulta, perché la Sanità non è una materia esclusiva di competenza dello Stato», ha dichiarato il coordinatore della commissione Salute della conferenza delle Regioni Antonio Saitta. A riguardo non è ancora chiaro se il governo Musumeci si accoderà a quelle Regioni, come nel caso dell’Umbria, che hanno annunciato la volontà di approvare una legge regionaleper vincolare le famiglie all’obbligo della vaccinazione, stante il fatto che la materia sanitaria non è di esclusiva competenza nazionale. 

Miccichè, novità assoluta esempio per Europa

Mappatura genetica dei cani non sterilizzati e creazione di una Banca dati regionale del Dna canino per il controllo del randagismo in Sicilia. Ecco l’elemento attorno a cui ruota il disegno di legge per la prevenzione del randagismo presentato stamattina in sala stampa dal presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè, dal consulente dell’Ars ed esperto in materia Giovanni Giacobbe Giacobbe e dal professore Giovanni Scala, giurista e costituzionalista che ha contribuito alla stesura del ddl. Un disegno di legge che, pur mantenendone i principi, rielabora la legge regionale 15 del 3 luglio 2000 sull’Istituzione dell’anagrafe canina e norme per la tutela degli animali da affezione e la prevenzione del randagismo con l’obiettivo di risolvere il problema alla radice attraverso una rivoluzione culturale. “Il disegno di legge è una novità assoluta nel settore e potrebbe diventare un esempio a livello europeo” ha detto Miccichè.

Sergio Lo Giudice è messinese di nascita e bolognese di adozione. Insieme a suo marito, è padre di due bambini portati in grembo dalla stessa donna. Dopo la sua nomina tre fondatrici del partito si sono dimesse. «Polemiche strumentali, mi occuperò di tutte le libertà individuali»

La sua nomina a responsabile del Dipartimento tematico dei diritti civili del Partito democratico ha suscitato polemiche e provocato tre dimissioni all’interno del partito. Lui è Sergio Lo Giudice, il 57enne messinese di nascita e bolognese di adozione, uno dei volti storici del mondo Lgbt italiano. Laureato in Filosofia nell’università di Messina, dove torna tutte le estati per le vacanze, si trasferisce in Emilia nel 1986 e insegna in un liceo. Diviso fra l’associazionismo e la politica, Lo Giudice è stato presidente nazionale dell’Arcigay, per dieci anni anche consigliere comunale a Bologna e senatore del Pd dal 2013 al 2018. 

Tema dello scontro interno al partito è la maternità surrogata, argomento caro a Lo Giudice ma contro cui da tempo si battono le donne fondatrici del Pd FrancescaMarinanoFrancesca Izzo e Licia Conte che hanno scritto al segretario MaurizioMartina per comunicare il proprio passo indietro di fronte alla scelta del partito di «una figura che ha fatto della battaglia per la legalizzazione dell’utero in affitto la propria bandiera identitaria», per usare le loro stesse parole. 

«Considero questa polemica strumentale e infondata – commenta Lo Giudice a MeridioNews – Queste tre signore dicono che la mia nomina sia un’apertura del partito alla tematica dell’utero in affitto. Innanzitutto trovo sia del tutto inopportuno e oltraggioso usare la definizione utero in affitto, riduttiva per riferirsi a donne che mettono in campo questa loro scelta con libertà e consapevolezza». Non fa mistero il senatore di essere impegnato da anni nel riconoscimento dei diritti dei bambini figli di due uomini o di due donne, a partire dalle questioni legate alla stepchild adoptionLetteralmente “adozione del figlio affine”, un istituto giuridico che consente al figlio di essere adottato dal partner (unito civilmente o sposato) del genitore. 

«Sul tema della gestazione per altri bisogna innanzitutto fare delle distinzioni – precisa Lo Giudice – tra lo sfruttamento del corpo delle donne che può esistere, specie in luoghi dove la donna non è ancora sufficientemente tutelata o vi ricorre per condizioni di estrema povertà come nei Paesi del terzo mondo, e le situazioni normate e legittime in posti che vantano una lunga tradizione sui diritti delle donne come, per esempio il Canada o il Belgio. Il punto – continua – è che tutti i bambini che vengono al mondo anche attraverso qualsiasi tecnica di fecondazione assistita hanno e, quindi, devono avere dei diritti garantiti». 

Su questo tema i tribunali sono andati avanti e molti Comuni, anche siciliani, registrano già la nascita di bambini come figli di due uomini o di due donne. È il caso, ad esempio, di due gemellini catanesi. Parla con cognizione di causa Lo Giudice che, insieme a Michele Giarratano – l’uomo al quale è unito civilmente – ha due figli, una maschietto di quattro anni e una femminuccia di quasi due. «Sono nati entrambi in California portati in grembo dalla stessa donna che è diventata una di famiglia e con cui ci scambiamo continuamente foto dei nostri bambini – sorride – nei periodi in cui non riusciamo a incontrarci a causa della distanza». 

Al di là delle polemiche, l’ex senatore ha accolto «con grande piacere la fiducia che mi è stata accordata e starò in questo ruolo pensando a tutti i diritti civili che non sono solo questioni di gay o di lesbiche, come può pensare qualcuno: dai disabilialle carceri, dagli immigrati di seconda generazione alle libertà individuali di tutte le persone», afferma. Insomma, Lo Giudice non ci sta alla dinamica di legare al suo nome e alla sua nomina una sola questione. In vista del prossimo congresso del Partito democratico è consapevole del fatto che il tema non è in discussione. «È uno dei tanti su cui bisognerebbe aprire un dialogo, ma non ci sono proposte di legge in merito e non sarà nemmeno all’ordine del giorno. Più che altro, temo sia una bandiera agitata solo da detrattori scandalizzati di vedere riconosciuti i diritti dei bambini nati all’estero grazie a una possibilità legale e legittima che si mette in pratica da decenni». 

E il Pd? «È reduce dalla più grande sconfitta da quando esiste la sinistra italiana – ammette – Per questo è necessario ripensare un progetto politico che avvii dall’interno un percorso di apertura di porte e finestre, mirando a un ampio coinvolgimento di cittadini, associazioni, e altre forze politiche. Da qui al prossimo febbraio – conclude – sono convinto che il partito riuscirà a mettersi in discussione e a rimettere al centro le questioni che riguardano la lotta per l’uguaglianza in un Paese in cui cresce sempre di più la forbice delle disuguaglianze. Il nostro punto di forza deve essere rappresentare e non trascurare le fasce più deboli, mettendo in campo non solo domande che agitano ma anche risposte che costruiscono». 

Carabinieri Forestali 

Scout si perdono nel bosco, soccorsi

Sono stati ritrovasti in piena notte in una zona boschiva molto impervia, stanchi, spaventati e infreddoliti, ma tutti in buone condizioni di salute, 15 scout siciliani, con età comprese tra i 17 e i 20 anni, che si erano persi da molte ore durante un’escursione nella zona tra Fontanelle e Pettino, in provincia di Perugia.
    I ragazzi sono stati soccorsi dai carabinieri forestali di Campello sul Clitunno che, partiti con il fuoristrada, poco dopo sono stati costretti a proseguire a piedi, visto che l’area in questione non consentiva l’utilizzo del veicolo. Alle ricerche hanno poi preso parte anche una pattuglia di carabinieri forestali di Sant’Anatolia di Narco e i vigili del fuoco di Spoleto. I militari erano in costante contatto telefonico con gli scout, ma nonostante questo le ricerche sono state particolarmente difficili, a causa del buio e del terreno ripido e scosceso.
    I ragazzi erano partiti la mattina alle 6 e sono stati ritrovati circa mezz’ora dopo la mezzanotte.
   

Dopo oltre sette ore di ricerche, nove turisti sono stati salvati in mare da una motovedetta della Guardia di finanza che, insieme a un mezzo della Capitaneria di porto di Lampedusa, ha perlustrato l’area delle Pelagie. Il gruppo, a bordo di un gommone a noleggio che ha avuto un’avaria, stava rientrando a Linosa da dove era salpato alle 16 di ieri. A bordo c’erano un giovane di Lampedusa che pilotava l’imbarcazione, l’imprenditore lombardo Marco Cattaneo, cinque persone della sua famiglia e una coppia di amici. Le ricerche sono cominciate ieri alle 19 e si sono concluse alle 4 di stamane, quando la motovedetta della Gdf è rientrata a Lampedusa con a bordo i naufraghi, attesi da un centinaio di persone.
    “Ci eravamo fermati per un’avaria ai motori – ha spiegato Marco Cattaneo che ha ringraziato i soccorritori – e non avevamo il segnale dei telefonini. Nonostante il buio e le correnti, sono riusciti a trovarci”. Alle ricerche hanno preso parte anche decine di barche di isolani.

 

Il forte maltempo che nelle ultime ore sta colpendo il Centro/Sud Italia s’è particolarmente accanito in Sicilia dove nel pomeriggio di Sabato si sono verificati forti temporali: uno dei più intensi ha lambito Palermo, provocando nubifragi in alcune zone dell’interland metropolitano (28mm a Villagrazia, 15mm a Bagheria) anche se le bombe d’acqua più significative si sono verificate nelle zone interne e meridionali dell’isola con 60mm di pioggia a Nicosia, 53mm ad Agira, 49mm ad Enna, 43mm a Troina, 30mm a Bronte, 25mm ad Agrigento e Aidone, 20mm a Randazzo, 17mm a Belpasso, 16mm a Corloene, 13mm a Sambuca di Sicilia.

In serata, poco prima del tramonto, a Pantelleria s’è verificato un fenomeno rarissimo: un gigantesco tornado ha lambito il litorale settentrionale dell’isola, nei pressi del principale centro abitato. Emblematiche le immagini a corredo dell’articolo. Ecco i video:

 

Sindaco abbiamo trovato i soldi per le strade……………
il 50% delle indennità, tua, della tua giunta, del presidente del Consiglio e dei tuoi consulenti………………………..
“Il sindaco ha pubblicamente chiesto aiuto per “trovare i soldi da spendere per la manutenzione delle strade”, a parte che i soldi della manutenzione delle strade gli Agrigentini li pagano con la TASI (Cos’è la TASI ? Tasi è l’acronimo di Tassa sui Servizi Indivisibili, la nuova imposta comunale istituita dalla legge di stabilità 2014. Essa riguarda i servizi comunali rivolti alla collettività, come ad esempio la manutenzione stradale o l’illuminazione comunale) (Tratto da wikipedia). Ma lei, non è stato eletto per amministrare Agrigento ed i soldi degli Agrigentini ?
Ecco allegato un prospetto riepilogativo, la tua amministrazione è già costata alle casse comunali e cioè agli agrigentini oltre 1.620.000(oltre ancora i rimborsi alle aziende dei dipendenti), ne costerai ancora un altro 1.080.000, se dimezzate le indennità puoi spendere 500.000 euro per la manutenzione delle strade, cosa ne pensi se fate un po’ di protagonismo civico ?
Sindaco, noi lo gridiamo da tempo, adesso è l’idea condivisa da tantissimi Agrigentini, “non sai fare il sindaco, dimettiti”…..

 

 

Il profilo dell’ex presidente del Consiglio comunale è quello di una politica che, oltre a pensare ai propri tornaconti, cerca di curare le relazioni con figure a loro modo importanti. Come nel caso di Enzo Pergolizzi, accusato di avere favorito la latitanza di boss mafiosi

«Mi rendo conto che sono un personaggio un po’ importante a Messina». L’autostima di Emilia Barrile passava anche dal riconoscimento sociale. La giudice Tiziana Leanza, che ha siglato l’ordinanza con cui ha disposto l’arresto dell’ex presidente del Consiglio comunale di Messina, lo sottolinea più volte: i reati di cui è accusata non sarebbero stati commessi soltanto per ottenere tornaconti personali, ma anche per sfruttare il proprio ruolo politico così da oliare una macchina fatta di relazioni personali importanti, sia nel mondo imprenditoriale che in quello burocratico, di cui avrebbe sempre potuto beneficiare. 

Tra gli episodi che maggiormente rimarcano la disponibilità della politica fedelissima di Francantonio Genovese – perlomeno fino a quando non si è sentita tradita dall’ex parlamentare per essere stata esclusa dalle candidature per le Regionali e le Politiche – c’è quello che riguarda Enzo Pergolizzi, costruttore ritenuto vicino alla mafia barcellonese, nel cui passato c’è un’assoluzione per concorso esterno in associazione mafiosa e una prescrizione per l’accusa di averefavorito, a fine anni Ottanta, la latitanza dei boss catanesi Turi Cappello e Nino Pace, mettendo loro a disposizione un immobile dove nascondersi. 

L’imprenditore, stando a quanto ricostruito dai magistrati della Dda di Messina, tra il 2015 e il 2016 aveva messo gli occhi su un terreno situato a Messina tra le vie Felice Bisazza e San Sebastiano. Appezzamento su cui avrebbe voluto costruire. L’area, di proprietà di privati, era adiacente a due spazi appartenenti al Comune, terreni che Pergolizzi avrebbe voluto acquisire. Per farlo c’era bisogno di spendere 77mila euro, ma soprattutto di ottenerne la «sdemanializzazione». L’iter, avviato oltre cinque anni prima, sembra però essersi arenato o forse addirittura mai partito. È qui che sarebbe entrata in gioco Barrile. 

La presidente del Consiglio – contattata da Francesco Clemente, ex dirigente comunale a Milazzo e da aprile a giugno assessore a Pace del Mela, anche lui arrestato nell’operazione Terzo livello – avrebbe dimostrato sin da subito la propria volontà di agevolare gli interessi dell’imprenditore. Per farlo avrebbe alternato incontri con i dirigenti, solleciti e promesse di interventi in prima persona. Come quando, dopo avere appurato che l’assenza di un capitolo specifico per le sdemanializzazioni nel piano economico di gestione dell’ente avrebbe rimandato lo sblocco della pratica, pensa di proporre un emendamento specifico in Consiglio comunale al fine di autorizzarne il via libera in attesa del nuovo bilancio. La strada tuttavia risulta più tortuosa di quello che si potrebbe immaginare, e non mancano i momenti di tensione. «Non mi ha risposto, testa di cazzo dell’assessore. Non ha imparato che quando io lo chiamo mi deve rispondere», sbotta al telefono Barrile, in seguito all’ennesimo pressing da parte di Clemente. In un’altra circostanza l’esponente forzista, che a giugno ha provato a diventare sindaca di Messina proponendo una candidatura in solitaria, dichiara che se le cose non si fossero sistemate avrebbe preparato un’interrogazione sull’inadeguatezza del responsabile dell’ufficio Ragioneria.

Il valzer tra gli uffici va avanti per mesi, in alcuni frangenti i protagonisti di questa storia si dichiarano consapevoli di dovere mettere sul piatto anche del denaro per convincere i dirigenti. Alla fine, comunque, il via libera alla sdemanializzazione arriva. E l’impegno di Barrile, secondo i pm, si sposta sulle autorizzazioni necessarie alla costruzione degli immobili voluti da Pergolizzi, che, dal canto suo, fa presente di volere trovare il modo per realizzare un piano in più rispetto a quanto previsto dal progetto. L’assiduità con cui tutte le parti in causa si interessano alla causa non basta però a portare a compimento il disegno, che fallisce per divergenze di carattere economico con la famiglia proprietaria dell’immobile. Tale epilogo, secondo i magistrati, avrebbe fatto sfumare per Barrile la possibilità di ottenere dei vantaggi diretti. «Lui (Pergolizzi, ndr) è uno di quelli che se ti deve organizzare una cena non guarda nulla», confida al fedelissimo Marco Ardizzone, anche lui indagato. Quest’ultimo però, così come in altre occasioni, la corregge facendole presente che si potrebbe puntare più in alto. «Sì, però se una ditta tua può lavorare pure (nei futuri cantieri, ndr), mi sembra il minimo, no?»