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«A seguito dell’ennesima ondata di incendi boschivi divampati in Sicilia, questa mattina, a margine di un’interlocuzione telefonica, la presidente della IV Commissione Giusy Savarino ha accolto la mia proposta di calendarizzare a settembre il ddl di cui sono prima firmataria finalizzato alla prevenzione e al contrasto degli incendi boschivi, progetto di legge attorno al quale sono abbastanza convinta si manifesterà la massima convergenza di tutte le forze politiche presenti all’Ars. La scorsa settimana, inoltre, ho presentato un’interrogazione all’assessorato al Territorio e all’Ambiente per stimolare il governo a mettere in campo misure urgenti che possano sfociare in un’azione decisa in termini di prevenzione e di repressione delle sempre più frequenti azioni criminali». Lo dichiara il deputato regionale di ORA Sicilia, Luisa Lantieri, che aggiunge: «In questo periodo, purtroppo, quasi quotidianamente apprendiamo dalla stampa notizie riguardanti incendi che divampano in tutta l’isola, l’ultimo dei quali ha interessato la riserva orientata di Capo Gallo, a Palermo.

Nelle scorse settimane, come noto, Piazza Armerina ed altre zone del comprensorio di Enna, che esprimono specificità molto importanti e rappresentano autentici polmoni verdi della nostra isola, come la riserva naturale di Monte Altesina, sono state interessate da vasti incendi che hanno prodotto danni ingenti al manto vegetale, facendo lievitare il rischio di fenomeni di dissesto idrogeologico, frane e desertificazione. Pertanto – sottolinea Lantieri – è necessario cambiare rotta, partendo da un esercizio di realismo rispetto al numero di forestali operanti nella provincia di Enna e in generale in tutta la regione, sui quali viene scaricato il peso di un’attività di controllo e gestione che non può in nessun modo essere espletata a dovere proprio a causa del numero irrisorio di forze in campo. Serve quindi estendere il raggio, coinvolgendo associazioni di volontariato collegate alla protezione civile. Ma soprattutto – prosegue – si rendono indispensabili interventi immediati nelle aree in cui le fiamme hanno prodotto danni che potrebbero tradursi in situazioni molto pericolose di dissesto idrogeologico: una condizione straordinaria che ci permette di bypassare procedure normative farraginose e tempistiche insostenibili nel processo di rilascio delle necessarie autorizzazioni propedeutiche agli interventi, che in regime ordinario richiederebbero un’attesa di almeno 10 anni: paletto, quest’ultimo, che viene meno in caso di certificazione di rischio di dissesto idrogeologico. Non possiamo più permetterci di restare incagliati nella rete della burocrazia. Le emergenze vanno affrontate per ciò che sono: eventi straordinari che richiedono modalità e tempistiche di reazione straordinarie».

 

Il Dpcm del 7 agosto sblocca dal primo settembre congressi ed eventi.
Un segnale decisivo per la ripresa di un settore che impiega quasi 570mila addetti e che sta attraversando una crisi senza precedenti: l’emergenza Covid19  ha cancellato il 70% degli eventi e dei congressi.

Le imprese del settore dei congressi e degli eventi possono guardare al 2021 pensando alla ripresa. Il Dpcm del 7 agosto ha infatti decretato la riapertura nazionale di eventi, spettacoli, manifestazioni sportive, congressi e manifestazioni fieristiche dal primo settembre e dal 9 agosto le attività di preparazione delle manifestazioni fieristiche purché in assenza di pubblico.
Con il nuovo Dpcm decade poi la sospensione prevista nel Dpcm del 17 maggio dei congressi nei quali è coinvolto il personale sanitario dando così la ripresa anche della formazione medico-scientifica in presenza.

Primo a chiudere e tra gli ultimi a ripartire, il comparto della meeting industry dispone finalmente di una data in base alla quale programmare eventi e congressi (un congresso si programma anche anni prima del suo effettivo svolgimento) e cercare di limitare i danni che sta subendo per l’emergenza Covid19.

In base alla ricerca “L’impatto del Covid-19 sulla meeting industry italiana: la prospettiva delle sedi per eventi e congressi” realizzata dall’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Aseri) in collaborazione con l’associazione della meeting industry italiana Federcongressi&eventi il lockdown del settore dovuto alla pandemia ha infatti causato la cancellazione del 70% degli eventi e dei congressi. Il danno può essere tradotto a livello nazionale nella stima di una perdita di circa 215.000 eventi considerando che i meeting già previsti o comunque potenzialmente ospitabili nel 2020 rappresentano il 70% del totale annuo.

 La chiusura del settore è durata 6 mesi e, a causa della situazione epidemiologica globale, è facile pensare che anche i prossimi mesi saranno all’insegna dell’incertezza. La data di riapertura dà però ossigeno a un settore rimasto completamente fermo che genera un indotto di 64,7 miliardi di euro con un impatto diretto sul Pil di 36,2 miliardi di euro/anno (l’Italia rappresenta la sesta nazione al mondo per impatto economico generato dal settore degli eventi e dei congressi) e che impiega 569 mila addetti.
Un settore trainante del turismo, che assicura l’occupazione alberghiera anche in bassa stagione (e degli hotel delle città d’arte attualmente in crisi), che promuove all’estero l’immagine dell’Italia e che coinvolge un’intera filiera (alberghi, centri congressi, agenzie organizzatrici, aziende di trasporti, società di catering e di servizi tecnici).

La riapertura avverrà secondo i protocolli stabiliti nelle “Linee guida per la riapertura delle Attività Economiche, Produttive e Ricreative” approvata dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome”. I protocolli non prevedono limiti al numero di partecipanti purché sia garantito il distanziamento interpersonale.

Il recente Dpcm sarà una vera boccata di ossigeno per l’industria dei congressi e degli eventi”, commenta la Presidente di Federcongressi&eventi Alessandra Albarelli. “Per mesi la nostra associazione ha dialogato con le istituzioni chiedendo una data certa di riapertura, elemento fondamentale per la ripresa di un comparto che si basa sulla programmazione. Le nostre imprese dovranno affrontare un anno difficile e pieno di incognite ma, finalmente, possono tornare a lavorare. E possono farlo anche i provider ECM, cioè i soggetti pubblici e privati accreditati a presentare e fornire eventi di Educazione Continua in Medicina-ECM, cioè i congressi e i seminari con i quali i professionista della salute si mantengono aggiornati per rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenze del Servizio sanitario e al proprio sviluppo professionale”.

I numeri del settore della formazione medico-scientifica in Italia

Nel comparto della formazione medico-scientifica operano:

  • imprese: 1.000
  • addetti: 20.000
  • eventi medico-scientifici: 45.000/anno
  • eventi ECM: 36.000/anno
  • provider ECM: 1.133 (70% privati, 30% pubblici)
  • provider ECM iscritti a Federcongressi&eventi: oltre 120 che erogano il 25% degli eventi formativi ECM annui
  • Fatturato settore medico-scientifico: 1 mld

Il Sinalp Sicilia rappresentato dal Segretario Regionale Dr. Andrea Monteleone si chiede quali siano le dinamiche messe in campo da questo Governo per l’eliminazione dell’ormai famigerato DIVARIO NORD SUD.

Ogni Governo che si insedia o che si trova in difficoltà politica, tira fuori dal cilindro la lotta al divario Nord Sud, e propone ricette salvifiche per risolvere una volta per tutte questa assurda condizione creata da una unità della Nazione fatta male e cresciuta peggio.

Purtroppo dopo tante belle parole e ci auguriamo, tante buone intenzioni dei nostri politici i risultati concreti sono che il Sud si allontana sempre di più dal nord che riesce ad essere competitivo anche rispetto ad altri territori Europei.

Anche oggi, in piena epoca COVID, assistiamo alle passerelle dell’ennesimo Governo Nazionale che giura e spergiura che darà tutto se stesso per risolvere la “Questione Meridionale”, anche a costo di costruire un Tunnel sotto lo stretto di Sicilia per unire la nosra terra con il resto d’Italia.

Ma dalle parole ai fatti, la Banca d’Italia nelle sue analisi economiche nazionali ci fa sapere che dal 2008 al 2018, in appena 10 anni, gli investimenti fissi lordi in infrastrutture della pubblica amministrazione, anche per effetto delle politiche di rigore, sono calati del 20%, attestandosi a quota 37 miliardi, con un taglio netto di dieci miliardi. Taglio caricato, chissà perché, solo sulle spalle del Sud.

Per essere ancora più precisi lo Stato dal Sud, di fatto, è fuggito senza alcun dubbio e purtroppo senza più alcuna vera e seria programmazione degli investimenti per la crescita ecponomica e sociale di questo territorio.

Vogliamo ricordare ai nostri fulgidi esempi di rappresentanti politici suddisti, che la curva degli investimenti pubblici destinati allo sviluppo del Mezzogiorno tra il 1950 e il 1960 era pari allo 0,84% del Prodotto Interno Lordo, cioè quasi all’uno percento. Ma, come per incanto dal 2011 ad oggi gli investimenti infrastrutturali al Sud sono di fatto quasi spariti ottenendo uno striminzito 0,15% e cosa ancora peggiore tendente ad un ulteriore ribasso.

Già il quasi 1% del PIL era poco e quindi insufficiente ad eliminare il divario tra Nord e Sud, ma dal 2011 la situazione è diventata disastrosa per tutto il sud ed ancora peggio per la Sicilia dove gli investimenti sono di fatto scomparsi.

Dal 2011 ad oggi si sono susseguiti, in ordine temporale, i Governi Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e per ultimo Conte. Tutti esponenti di quella parte politica che a parole è sempre pronta ad aiutare chi sta peggio, chi ha difficoltà e chi viene estromesso dal proceso di crescita della Nazione, ma nei fatti sono stati Governi che hanno pervicacemente voluto distruggere il sud e la sua economia.

Oggi l’Italia possiede 1350 Km di rete ferroviaria ad alte velocià. Di questi km, sono stati realizzati nel Sud Italia solo il 16% ed in Sicilia si primeggia con un incredibile zero%.

Ci permettiamo evidenziare, a maggior chiarezza dei nostri politici locali, che nel sud vive il 36% della popolazione italiana che così facendo è costretta ad utilizzare la macchina per gli spostamenti ed i mezzi su gomma per il trasporto delle merci aggravando di ulteriori costi i cittadini e le imprese del sud.

Questa specchiata ed intelligente programmazione di interventi strutturali ha ottenuto nei fatti che se prima da Roma a Milano ci volevano poco meno di 6 ore di treno, e da Roma a Reggio Calabria appena più di 6 ore di treno; oggi grazie agli “imponenti investimenti fatti al Sud” da Roma a Milano si viaggia in meno di 3 ore, mentre da Roma a Reggio Calabria ci vogliono circa 7/8 ore quando va bene.

Secondo l’art.119 della Costituzione, lo Stato deve destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali per riequilibrare le diferenze territoriali presenti all’interno della Nazione.

Forte di questo assioma costituzionale nasce la famosa e famigerata legge sul federalismo fiscale, la legge 42 del 2009, che ha comunque un merito, stabilisce finalmente, prioritariamente alla sua applicazione, una ricognizione dei fabbisogni infrastrutturali su tutto il territorio Nazionale (relativamente alle strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche, alla rete stradale, autostradale e ferroviaria, a quella fognaria, idrica, elettrica, di trasporto e distribuzione del gas, nonché alle strutture portuali e aeroportuali).

Ricognizione necessaria per fotografare le disparità e le differenze strutturali tra nord e sud per poi poter programmare gli investimenti necessari a riavvicinare il sud al nord. Purtroppo questa ricognizione non è mai stata realizzata e questa legge, che certamente ha tanti difetti e tanti errori di analisi economica ed ideologica dei territori, invece di migliorarla e renderla realmente esecutiva, è stata di fatto accantonata.

Purtroppo i nostri Governi hanno sempre ragionato per posizioni ideologie e per difendere tali scelte hanno avuto la capacità di distruggere il nostro sistema imprenditoriale che ha bisogno, dal sud al nord, di infrastrutture moderne ed efficienti.

La crescita economica e strutturale del Sud è una grande opportunità non solo per il Sud ma anche per il Nord, e fino a quando non si capirà questo semplice presupposto l’Italia sarà sempre il fanalino di coda e preda di un’Europa che ragiona solo in termini di profitto e convenienze politiche.

“In vista dell’approssimarsi della settimana di Ferragosto sollecitiamo i  tanti vacanzieri, che affolleranno, come da tradizione, le nostre località balneari, a limitare gli assembramenti, soprattutto nei luoghi della movida e nelle spiagge libere”. Ha dichiarato Leoluca Orlando, presidente di ANCI Sicilia.

“Le forze dell’ordine e delle Polizie municipali insieme con altre istituzioni e con le associazioni di volontariato – continua Orlando -sono fortemente mobilitate con l’impegno dei Sindaci ed il coordinamento dei Prefetti in riunioni di lavoro appositamente convocate territorio per territorio. Facciamo appello al senso di responsabilità   ed al rispetto per la salute e la vita di tutti  da parte di  operatori economici e di cittadini per non vanificare gli sforzi, i disagi subiti e la ripresa delle attività”.

“Al solo pensiero che possa esserci una ricaduta della pandemia e una altra chiusura mi vengono i brividi. Potremmo correre il rischio che la Sicilia non si riprenda per la crisi economica e per il disastro economico che in passato si poteva evitare chiudendo i nostri confini”. Lo ha detto il presidente dell’Ars Gianfranco Micciche’ durante l’incontro con la stampa parlamentare.

“Il mio invito è a tutti i siciliani a uno sforzo in più, ha continuato Miccichè, non ci possiamo permettere una nuova chiusura, non può e non deve succedere. Sarebbe criminale non applicare le attenzioni minime che ci vengono richieste per evitare una seconda ondata di contagio. La gente per la strada mi ferma per dirmi ‘Salvateci da una nuova chiusura’”.  Dal numero uno di Sala d’Ercole arriva un appello ai siciliani per “essere veramente attenti. Per la Sicilia una ricaduta sarebbe mortale”.

“Le somme stanziate dal Ministero dell’Istruzione per l’assunzione del personale scolastico in Sicilia sono insufficienti per garantire la ripartenza dell’anno scolastico in sicurezza. Non bastano, infatti, solo 3.600 docenti e 2.300 Ata in più per fronteggiare l’emergenza covid”. Lo dicono in una nota congiunta i segretari regionali di Flc Cgil, Adriano Rizza, Cisl Scuola, Francesca Bellia, Uil Scuola, Claudio Parasporo, Snals, Michele Romeo, e Gilda Unams, Loredana Lo Re, commentando i dati comunicati alle organizzazioni sindacali dall’Usr Sicilia. Da due facili calcoli in rapporto alle 831 istituzioni scolastiche presenti in Sicilia il rapporto organico aggiuntivo e scuole è di 3 docenti in più.

“Abbiamo chiesto i monitoraggi regionali – aggiungono – con le relative richieste avanzate dalle singole istituzioni scolastiche riferite alle domande di organico aggiuntivo, agli spazi necessari e a tutto quanto sia stato dichiarato dai dirigenti per l’avvio dell’anno scolastico. Solo attraverso questi dati sarà possibile avere un quadro più completo. Dati che ad oggi non sono stati forniti dalla direzione regionale”.

“Sulla formazione del personale Ata finalizzata all’assistenza agli studenti disabili – continuano – siamo decisamente contrati. A fronte di un organico insufficiente di personale collaboratore scolastico nelle scuole, non può fare seguito l’attribuzione di ulteriori funzioni alla categoria già sottoposta a carichi di lavoro non indifferenti”.

“Inoltre, tale formazione – prosegue la nota – prevede obiettivi specifici di natura medico- infermieristica che nulla hanno a che fare con le mansioni del suddetto personale previste dal contratto. Di fatto, dello svolgimento di tali compiti, si occupa da diversi anni una categoria di personale del comune e delle cooperative della provincia specializzata e legittimata ai ruoli di assistenza igienico-sanitaria, che attualmente conta più di 2.000 unità”.

“Tale servizio – concludono i sindacati – deve continuare ad essere svolto da questo personale specializzato che opera in modo competente e con professionalità ed efficienza ed è altresì autorizzato all’espletamento di compiti specifici di carattere sanitario, come ad esempio la somministrazione di farmaci per terapie salvavita. Nel caso in cui l’amministrazione intenda procedere in questa direzione, abbiamo evidenziato l’opportunità di chiedere ai dirigenti scolastici di prevedere un’adesione volontaria degli Ata, da considerarsi esclusivamente un’opportunità formativa per il collaboratore scolastico che intenda aderirvi, e che tuttavia non implichi l’assunzione di incarichi e competenze specifiche non rientranti nel profilo del suddetto personale”.

Garantire il personale di Riscossione Sicilia anche facendo chiarezza sulle trattative per il loro passaggio in Ader (Agenzia delle Entrate – Riscossione). Ma allo stesso tempo cercare soluzioni alternative qualora non si riuscisse a trovare un accordo con il ministero dell’Economia e finanze.

È quello che chiede il gruppo di Attiva Sicilia che ha presentato sull’argomento una mozione all’Ars e un’interrogazione al presidente della Regione e all’assessore all’Economia, entrambe a firma dei deputati Angela Foti, Matteo Mangiacavallo, Valentina Palmeri, Elena Pagana e Sergio Tancredi.

I lavoratori di Riscossione Sicilia non hanno, al momento, alcuna certezza sul loro futuro e, in considerazione delle difficoltà finanziarie della società, temono che possa essere a rischio anche il pagamento degli stipendi. Ecco perché diventa fondamentale “fornire rassicurazioni con soluzioni pronte e concrete ai dipendenti che vivono in uno stato di intollerabile incertezza sul loro futuro”, affermano i parlamentari di Attiva Sicilia.

I deputati chiedono, inoltre, chiarezza al governo regionale sulle trattative con il Mef, che si protraggono ormai da mesi, che non hanno ancora prodotto risultati concreti, sia per quanto riguarda la questione dei dipendenti che per quanto concerne il servizio stesso di riscossione sull’Isola. “Serve stabilire un termine – affermano – superato il quale si dovrà preparare una soluzione alternativa che garantisca lavoratori ed equilibrio gestionale”.

“Con i tunisini scappati stamane dal centro di accoglienza di Isnello, in provincia di Palermo, si ingrossa ancora di più l’inaccettabile elenco di immigrati, quasi sempre positivi al coronavirus, che fuggono dai centri predisposti alla loro sorveglianza in Sicilia. Pozzallo, Lampedusa, Siculiana, Messina, Palermo, Porto Empedocle, Caltanissetta, Partinico: ecco i nomi del fallimento della Lamorgese, del suo lassismo e della sua incapace gestione del fenomeno che costringe polizia e carabinieri deputati al controllo dei migranti posti in quarantena a veri e propri salti mortali. Lamorgese si renda conto che senza un consistente aumento degli organici delle Forze dell’Ordine, il controllo dei migranti clandestini obbligati alla quarantena è praticamente aleatorio e di facciata. Questo governo Pd-5Stelle amico e complice  di ong e scafisti, è un calcio negli stinchi agli sforzi e ai sacrifici dei siciliani e degli italiani obbligati in quarantena per mesi da Conte. Lamorgese e il governo Conte si stanno rendendo responsabili di creare una nuova ondata di contagi da Covid19 e di questo dovranno rispondere”.
Così il senatore della Lega Stefano Candiani, segretario regionale in Sicilia, e Alessandro Anello commissario per la Lega in provincia di Palermo.

Controlli e ingressi limitati nei locali e negli esercizi pubblici, con sanzioni fino al massimo previsto per i trasgressori, ma anche misure sanitarie speciali per contrastare il diffondersi del virus tra i migranti sbarcati in Sicilia. Sono alcune delle disposizioni contenute nell’ordinanza firmata poco fa dal presidente della Regione, Nello Musumeci, a seguito della pubblicazione dell’ultimo decreto del presidente del Consiglio dei ministri. Lo dice una nota della regione siciliana.

In Sicilia, nelle discoteche e negli esercizi pubblici similari, sono vietati gli eventi al chiuso, mentre per quelli all’aperto si fa riferimento alle linee guida recepite dal Dpcm e predisposte dalla Conferenza delle Regioni, individuando i principi di distanziamento, obbligo della mascherina e riduzione della capienza massima per garantire il distanziamento previsto nelle aree destinate al ballo. La nuova ordinanza invita le Prefetture ed i sindaci a predisporre controlli nell’ambito delle rispettive competenze e prevede inoltre il massimo delle sanzioni amministrative per i trasgressori delle disposizioni. In particolare, per le serate di Ferragosto, per agevolare l’organizzazione di controlli adeguati da parte delle autorita’ di pubblica sicurezza competenti, il governatore ha disposto l’obbligo di comunicazione entro le 48 ore antecedenti all’evento per gli esercenti delle attivita’ destinate al ballo e con afflusso di pubblico numeroso.

Un articolo della nuova ordinanza sul coronavirus del presidente della Regione siciliana Nello Musumeci e’ dedicato all’emergenza migranti. Niente tendopoli per ospitare i migranti e in caso di altre strutture individuate dal governo centrale serve la preventiva idoneita’ della locale Asp. La dura misura – dice la Regione siciliana- tiene conto dell’elevata incidenza dei soggetti positivi al Coronavirus tra le persone sbarcate nel territorio siciliano che e’ determinata, in larga parte, dalla promiscuita’ dei luoghi di partenza e di accoglienza, con l’effetto di un rapporto proporzionale assai superiore alla media regionale tra il numero complessivo dei soggetti interessati e quelli risultati positivi. Nelle more dell’eventuale sottoscrizione di un protocollo di sicurezza sanitaria tra il ministero dell’Interno e la presidenza della Regione Siciliana, chiesto piu’ volte dallo stesso governatore, nell’ordinanza appena emanata viene disposto obbligo del tampone su ogni migrante sbarcato. E’ prevista inoltre un’ adeguata profilassi sanitaria con visita medica di tutti i soggetti interessati. Il divieto di allestire o utilizzare tensostrutture e’ determinato dai frequenti e deprecabili episodi quotidiani di fuga dei migranti e dalla pericolosa promiscuita’ che si determina fra gli stessi ospiti, con gli assembramenti. I luoghi destinati alla quarantena dei migranti, invece, saranno definiti solo dopo il parere dell’autorita’ sanitaria che dovra’ verificare la conformita’ dei siti alle regole di prevenzione del contagio e distanziamento interpersonale.

“Gli effetti della crisi connessi alla pandemia rischiano di mettere definitivamente in ginocchio il già fragile sistema delle imprese in Sicilia, rispetto al quale le misure fin qui adottate, in termini di salvaguardia delle attività e dei livelli di crescita occupazionale, appaiono decisamente insufficienti”.

Lo dichiara il deputato regionale di “ORA – Sicilia al centro”, Totò Lentini, che aggiunge: “Con la proroga del blocco dei licenziamenti, prevista nel decreto legge approvato venerdì scorso, la situazione di molte imprese rischia di diventare insostenibile, soprattutto se, in un contesto di forte contrazione delle attività, non si agisce allo scopo di ridurre i costi sostenuti per il personale. Una soluzione concreta – prosegue – era già prevista dall’articolo 60 del decreto ‘Rilancio’ del maggio scorso, che consentiva alle Regioni di erogare contributi destinati a coprire fino all’80% dei costi per salari e contributi previdenziali. Il problema è che quella norma, arrivata solo dopo l’approvazione della finanziaria regionale, non ha previsto la copertura, scaricando gli oneri finanziari esclusivamente sulle stesse Regioni. Oggi però – continua Lentini – nuove risorse sono state stanziate nel decreto legge ‘Agosto’: un nuovo sbocco che potenzialmente può fornire sostegno concreto alle imprese siciliane, salvaguardando i posti di lavoro e contribuendo concretamente alla ripartenza. Ho presentato a riguardo – conclude il deputato regionale – un’interrogazione al governo regionale allo scopo di stimolarlo affinché venga prestata la necessaria attenzione nei confronti di una misura indispensabile e potenzialmente efficace per individuare una via d’uscita dalla crisi.”