Claudia Badalamenti, Autore presso Sicilia 24h - Pagina 5 di 16
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Tommaso Lombardo


Solo due anni fa e sempre per questo quotidiano online, ho incontrato Giandamiano Lombardo Presidente Federalberghi delle isole pelagie, imprenditore per passione e professione, per fare il punto sulla situazione delle isole dal punto di vista turistico , non tralasciando l’aspetto politico, economico e sociale. Ricordo quella intervista e come ho ascoltato quelle parole accorate, sentite, venute fuori dal cuore di una persona innamorata della propria isola e proprio per questo, arrabbiata contro quel sistema che di fatto ha sempre impedito a dei paradisi naturali quali Lampedusa e Linosa di crescere, svilupparsi , applicando una politica appositamente studiata per territori che sono distanti anni luce dalle politiche adottate dallo stato centrale, applicabili in tutto il territorio italiano.
Mi chiedo se il vero problema non stia proprio lì.
Giandamiano Lombardo è seduto di fronte a me alla scrivania del suo ufficio, nel suo splendido hotel Baia Turchese col suo inseparabile sorriso.
Io e la mia curiosità di sapere ,dall’altra parte.
Siamo nel posto giusto per parlare di turismo, qualche anno fa ci siamo lasciati con una intervista che ci ha lasciato un po’ d’amaro in bocca e come l’isola abbia risentito di una situazione disastrosa da questo punto di vista, cosa è cambiato rispetto a due anni fa?
C’è sempre un punto da cui partire…Le Pelagie ormai sappiamo tutti che sono isole a destinazione turistica e sono una risorsa per la Sicilia e la Provincia di Agrigento. Dovrebbero forse integrarsi meglio, ma non tanto nel territorio, quanto nelle politiche di sviluppo, di crescita,di investimenti, di infrastrutture. Il nostro principale problema è proprio la mancanza di infrastrutture e laddove se ne volessero creare, ci si deve scontrare con la burocrazia, con Enti preposti che piuttosto che far crescere l’economia di un isola la bloccano. Fino a quando non si comprende che turismo è uguale ad infrastrutture, il concetto di sviluppo è difficile da capire. Ci sono posti al mondo che pur offrendo meno dal punto di vista naturalistico fanno grandi numeri perché hanno investito molto dal punto di vista delle infrastrutture e sono quindi in grado di mettere a disposizione servizi di vario genere. Le nostre isole, pur avendo un notevole richiamo dal punto di visita delle bellezze naturali, non riescono a fare i numeri che dovrebbero, per la carenza di servizi ed infrastrutture. Ecco, il problema gira sempre intorno a questo argomento, che secondo me, è il più importante da affrontare”.
Presidente, a queste condizioni, quanto è difficile fare l’imprenditore?
Non è certo facile fare l’imprenditore nel meridione e ancor di più in Sicilia e nelle isole, quelle veramente lontane, quelle isole che per qualche mese dell’anno sembrano essere dei paradisi e poi si trasformano, nei lunghi periodi invernali , quando ci si trova a fare i conti con la sopravvivenza. Abbiamo il fardello della mafia, delle speculazioni che di fatto bloccano l’economia di un posto… ripeto , non è facile fare impresa a queste condizioni e lo diventa ancora di più quando pur di immettersi nel circuito turistico ci si improvvisa e non si tiene conto che la concorrenza fine a se stessa non fa altro che provocare danni all’economia stessa del luogo. Il nostro territorio, quello di Lampedusa e Linosa che ha un patrimonio naturale inestimabile, non ha un piano regolatore. Se tutti gli Enti preposti ala crescita ed agli investimenti, si preoccupassero di valutare i progetti , trovare le soluzioni di cosa poter o non poter fare per dare una mano a chi ha veramente voglia di fare impresa ed investire, le cose sicuramente andrebbero meglio. Il turismo adesso non si fa più con le tende, ma negli alberghi. Nelle piccole isole, nei piccoli posti, diventa essenziale fare un turismo selezionato ma non nella disparità delle opportunità, ma nei numeri, perché un isola che ha un carico antropologico esagerato è destinata a morire. Un isola ha il mare intorno non può espandersi quindi si deve tutelare nelle infrastrutture per garantire qualità di servizi per un turismo qualificato”.
In effetti è difficile fare impresa quando non ci sono condizioni favorevoli…introduciamo una nota un po’ polemica: pensa che ci possano essere due pesi e due misure?
E’ sempre stato e sempre sarà così, non dobbiamo fasciarci la testa ma neanche mettere la benda sugli occhi, ci saranno quelli che andranno avanti coi favori ed altri no. E’ utopistico credere che questo…..diciamo comportamento non conforme alle regole….per usare un eufemismo, possa essere eliminato, perché questo è il sistema. Io credo nella capacità di discernimento delle persone per capire cosa è sbagliato e cosa non lo è, solo in questo modo si possono avere pari opportunità e crescere ad un livello ottimale tutti quanti. Meritocrazia quindi, va avanti chi è più bravo, chi ha idee più solide e brillanti e chi non molla per compromessi. Ecco in questo modo si potrebbe facilmente fare impresa contenendo i danni. Non si può e non si deve avere il preconcetto che chi fa imprenditoria deve per forza fare intrallazzi…non si può! Purtroppo siamo vittime di un retaggio storico che ci vuole tutti disonesti o mafiosi ed è una cosa inaccettabile, perché nel nostro territorio ci sono tante persone perbene che vivono e lavorano nella legalità e vogliono continuare a farlo. C’è bisogno di una politica che metta al centro gli investimenti e non sto parlando di industrie ma di progetti che partano dal basso, dalla gente che ha voglia di mettersi in gioco.Il sistema bancario dovrebbe garantire tutto questo non penalizzarlo, perché in questo modo non si fa altro che concede credito a chi già possiede del denaro privilegiando di fatto, solo alcune categorie”.
Abbiamo parlato di meritocrazia, di pari opportunità, di preconcetti che haimè appesantiscono le nostre posizioni o possibilità; però io mi chiedo e le chiedo:non è difficile fare impresa soprattutto nelle isole, perché tanti si improvvisano imprenditori del settore?
Sappiamo tutti una cosa, il malaffare si annida dove mancano le regole o dove ci sono troppe regole che non rappresentano la realtà. Di conseguenza la gente può trarre dei vantaggi da queste situazioni. Sicuramente chi lavora nel rispetto delle regole ha solo svantaggi, e questo è drammatico, triste. Diciamo che gli anni cinquanta, sessanta e settanta sono stati gli anni dell’improvvisazione,ma solo perché erano gli anni della crescita e da qualche parte si doveva pure iniziare. Oggi no, non ci si può più improvvisare senza arrecare danno a se stessi ed agli altri. Questa è l’epoca delle progettazioni a lungo raggio, degli studi di settore, dove tutto viene calcolato anche il rischio, che è la cosa più importante. Dobbiamo metterci in testa che se si vuole investire su qualcosa, la si deve prima progettare e per farlo c’è bisogno di avere delle specialità, di studiare e formarsi”
Quanto incide il carico fiscale sullo sviluppo?
Troppi lacci che a volte ci stringono il collo. Non si può avere un carico fiscale come quello che abbiamo, è massacrante e non permette di andare da nessuna parte. Se ci riflettiamo un attimo, le aziende che riescono ad avere maggiore sviluppo sono quelle che poi vengono accusate di non pagare le tasse. Facciamo l’esempio di Ryan hair che avendo un carico fiscale più basso è riuscita ad imporsi sul territorio e ad espandersi, mentre la nostra compagnia di bandiera che deve sopportare un carico mastodontico, sta morendo ed è costretta a ridimensionare il personale di bordo, le ore di lavoro, magari le tratte, chiedendo aiuto allo Stato per non staccare la spina al moribondo….un tipico esempio in cui lo Stato toglie e lo stato da’. Ma con quali risultati? Quelli di non riuscire più ad essere competitivi con altre compagnie anche piccole rischiando di smantellare un colosso come quello dell’Alitalia. Un carico fiscale contenuto permetterebbe sviluppo e crescita, diversamente si va incontro alla morte. E’ l’impresa che produce e che crea servizi quella che consente ad un paese di crescere, non il lavoro statale o come siamo abituati a chiamarlo “posto fisso”; ecco perché devono essere tutelate , garantite ed avvantaggiate da un carico fiscale che ne consenta la sopravvivenza per sé e per chi vi lavora”
Tante volte nel tentativo di creare imprese, nello specifico del turismo, ci si scontra con la burocrazia e devo dire che noi italiani siamo dei grandi burocrati ; non crede che questo scontro è proprio quello che blocca la voglia e la volontà di tanti giovani di creare, di immaginare qualcosa, di sognare un futuro che possa essere migliore?
“Purtroppo devo dire che oggi viviamo in un mondo che si muove in un modo opposto al nostro. Oggi si ha quasi paura di intraprendere qualcosa perché la nostra burocrazia è talmente lenta e tortuosa che ti fa passare la voglia anche di sognare. Le esigenze di oggi non sono più quelle di mangiare, bere e  mantenersi in salute, oggi si hanno bisogni diversi, che insieme diventano” lo star bene”. Le nuove generazioni devono avere la possibilità di crearsi un futuro senza farsi inretire dalla burocrazia e sommergere dalle carte per anni, perché a quel punto si può anche rinunciare, buttare la spugna. Ricordiamoci che ogni volta che questo succede,è una sconfitta sociale e si è perduta per sempre la possibilità di creare lavoro e dare benessere. Anche il mostro dell’eccessivo carico fiscale deve essere abbattuto, altrimenti ci sbarreranno sempre le porte. Se non c’è una crescita culturale ed un cambiamento epocale di quello che è il sistema adesso,ci accorgiamo che oggi diventa una risorsa l’immigrazione”

gruppo ristoratori guitgia beach



Ecco, parliamo dell’immigrazione. Lampedusa è sempre stata al centro di dibattiti e polemiche più o meno costruttive, finchè non è diventata non più isola d’approdo ma d’accoglienza e di colpo è cambiato il volo mediatico di questo problema che per troppo tempo l’isola ha dovuto subire, rimanendo da sola.
“Queste risorse, passatemi il termine, sono malate. Non voglio essere frainteso, mi riferisco al fatto che tanti che si dicono operatori del sociale, sfruttano le tragedie di questa povera gente,che fugge dal martirio di violenze, guerra e povertà, per lucrarci sopra. Per fortuna ci sono tanti centri di accoglienza che sono ottime realtà che ospitano anche tanti minori non accompagnati cercando di dar loro una infanzia, una adolescenza dove non avere paura. Lampedusa oggi è un isola conosciuta nel mondo purtroppo anche per fatti ai quali non avremmo mai voluto essere associati; mi riferisco a barconi affondati, dagli scafisti, al sovraccarico di migranti che scoppiavano nel centro di accoglienza, alle morti che non avremmo mai voluto vedere. I media ci hanno massacrato come hanno voluto, scrivendo che l’isola fosse invasa da extracomunitari che facevano razzie e spaventavano gli abitanti, dando un immagine di Lampedusa e dei lampedusani, che ne ha mortificato l’impegno e la vocazione all’accoglienza ed ha provocato danni enormi alla nostra unica risorsa: il turismo. Ma arriva sempre un momento dove l’impegno viene sempre riconosciuto, il momento del riscatto. Oggi Lampedusa non è più l’isola degli sbarchi clandestini, ma dell’accoglienza umanitaria”
L’era Nicolini (Sindaco uscente), appena trascorsa, sembra aver cambiato il volto di Lampedusa. Ha applicato una politica che forse mirava troppo poco alle esigenze quotidiane della gente a favore di una politica più internazionale che di fatto e servita a far condividere il problema, a creare il caso umanitario, fino a fare candidare l’isola al premio nobel per la pace con tanto di visita del Santo Padre. E’ stata anche il sindaco che Renzi ha voluto con sé alla Casa Bianca: come mai i lampedusani non l’hanno più voluta come primo cittadino?
“Diventare sindaco per Pina Nicolini è stata quasi un evoluzione naturale, perché se ti occupi della comunità da tanti anni, alla fine credi che fare il sindaco sia il coronamento di tutto il tuo impegno. Io sono un imprenditore e voglio guardare avanti, voltarsi indietr , per quanto mi riguarda, è solo un atteggiamento che serve per evitare eventuali sbagli del passato. Credo che l’ex sindaco, si sia fatta ingurgitare da un sistema molto più grande di lei, ma va detto anche che molto probabilmente lei ha avuto le capacità di affrontare ed occuparsi dei grandi eventi che si sonno susseguiti. Quello che le è mancato però, è stato il contatto diretto con la gente, ossia ricoprire il ruolo che le era stato assegnato e questo l’ha penalizzata. Il Sindaco è l’espressione del territorio in tutti i suoi lati, l’essersi fatta prendere dal grosso dramma dell’accoglienza a discapito di tutto il resto, ha fatto in modo che Lampedusa abbandonasse il suo volto deturpato dai tanti colpi subiti rivelando al mondo un nuovo volto, ma al tempo stesso l’ha allontanata dal suo popolo e dai suoi elettori. Magari non sarà stata un buon Sindaco per Lampedusa e Linosa, ma è stata all’altezza di traghettare le nostre isole verso una politica riconosciuta in tutto il mondo come quella che andava fatta, è di questo bisogna darle atto. Che fosse la persona giusta nel posto sbagliato? Probabilmente si, ma se vuoi fare il sindaco e non vieni rieletto, qualcosa non ha funzionato. Però diamo a Cesare quel che è di Cesare, con la Nicolini Lampedusa è passata dall’essere “la porta dell’inferno, nella porta del paradiso”. Di fatto l’ex Sindaco dopo essere stata beatificata è stata distrutta, dopo aver dimostrato al mondo che Lampedusa non ha mai avuto interessi lucrosi nell’accogliere i migranti”

Giacomo Mercurio

Caterina Mercurio

Orazio, maitre

spiaggia Guitgia-lampedusa

Adesso Lampedusa ha un nuovo Sindaco, Salvatore Martello. Pensa che avrà un approccio diverso con gli abitanti o seguirà la linea politica intrapresa dalla Nicolini? Ricordiamo che Martello pur essendo stato eletto da una lista civica, appartiene comunque all’area politica dell’ex Sindaco.
“Intanto diciamo subito che la volontà del cittadino va sempre rispettata. Spero che Martello, anche se sappiamo tutti che il nuovo primo cittadino ha già una sua storia a Lampedusa e Linosa, anche come sindaco negli anni novanta, per ben dieci anni. Di certo ha una grande esperienza e mi auguro che possa riflettere le esigenze del momento, dal punto di vista politico, sociale, culturale ma anche imprenditoriale e che finalmente per le nostre isole ci possa essere una crescita vera, fatta di rispetto ed opportunità uguali per tutti, di meritocrazia, di progettualità conformi al territorio. Insomma mi auguro che la sede del Municipio, possa essere il centro nevralgico da dove prevedere piani di sviluppo concreti. Le nostre isole oggi non sono più quelle di vent’anni fa e il nuovo Sindaco deve capire che le esigenze sono cambiate, che Lampedusa non è più l’isola degli sbarchi ma dell’accoglienza e che bisogna evitare errori magari commessi in passato. Non voglio né criminalizzare, né giudicare nessuno; il mio è solo un auspicio ed un augurio per il suo mandato, che spero sia da sprone per i tutti gli abitanti a lavorare insieme all’amministrazione per un bene comune e superione: lo sviluppo ed il benessere delle nostre isole, di chi le abita e di chi avrà voglia di visitare uno dei paradisi naturali che il mondo può vantare”
A conclusione di questa lunga intervista, qual è ad oggi la condizione del turismo nelle isole pelagie?
“Io sono un imprenditore e sono abituato a pensare e vedere le cose in modo positivo. Lampedusa è stata riportata, anche grazie all’impegno dell’ex Sindaco nella sua condizione naturale. Questo senza dubbio ha apportato dei benefici alle isole Pelagie tanto che non si parla più di un turismo malato ma di uno in netta ripresa. Certo è, che quando si parla di sviluppo, se ne parla in termini di creazione di infrastrutture come ho ripetuto varie volte, perché oggi il problema si è spostato; Prima si cercava di far arrivare i turisti mentre oggi si parla di come accoglierli in modo da offrire sempre più servizi. Il mio augurio è che sia la Nicolini in sede Nazionale che Martello in sede locale possano entrambi lavorare in sinergia per il bene comune e del turismo delle isole,in quanto entrambi figli di Lampedusa”
Ringrazio sempre chi ha la bontà di arrivare fino all’ultimo senza farsi spaventare dalla mole delle parole… e ringrazio anche chi adesso ha avuto la gentilezza di farci arrivare un caffè….ed anche tutto lo staff del Baia Turchese a cominciare da Caterina, Peppa, Giacomo e Orazio e la sua equipe del Guitgia Beach, veri pilastri dell’azienza, che hanno fatto di tutto per rendere la nostra permanenza più comoda possibile.
Una riflessione però voglio farla.
Rispetto a qualche anno fa, ho sentito risposte più tranquille nell’espressione ma non tanto distanti dai contenuti venuti fuori anche nella precedente intervista: la carenza di infrastrutture, di investimenti, il carico fiscale sproporzionato che ha costretto alla chiusura tante aziende anche in campo nazionale, un sistema bancario che blocca le iniziative che si vogliono intraprendere perché non concede credito a chi non ha mezzi ma solo idee, che alla fine potrebbero rivelarsi una risorsa anche per le stesse banche, i servizi che non si riescono a garantire per come si vorrebbe e tanto altro ancora. La cosa diversa che ho percepito nella voce di chi rispondeva alle mie domande, questa volta è stato il tono ed una nota di speranza e positività per il futuro a venire. E’ vero che Lampedusa e Linosa sono un vero capolavoro che la natura ha voluto concederci, ma non si vive solo di bellezza. La bellezza è fine a sé stessa, risiede negli occhi di chi guarda, se fosse l’unica condizione, le nostre isole agrigentine vivrebbero una situazione idilliaca permanente. Di fatto non è così. La politica? Certo ricopre un ruolo fondamentale, ma anche questa è fatta di uomini di buona volontà e non. Esortarli a fare di meglio? Pensiamo a quante volte lo si è fatto con le buone ed anche con le cattive…purtroppo sempre con scarsi risultati! Si certo siamo bravi a prenderci meriti o assumerci paternità di questo o quell’altro intervento, anche se solo sotto forma di interrogazione in sede regionale o nazionale, ma vedete cari sindaci, assessori, deputati, onorevoli di stirpe, di carriera , ministri e vice ministri, i latini ci hanno lasciato dei modi di dire che hanno fatto la nostra cultura e la nostra lingua;  verba volant….scripta manent…
La volontà di fare, è quella che ci distingue dall’essere solo dei ciarlatani, parolieri di professione, accreditati al nulla di fatto.
Stavolta stiamo parlando di Lampedusa….e domani?

intervista di claudia badalamenti

La Corte di Cassazione ha stabilito la definitiva confisca dei beni di Andrea Puntorno, 41 anni, di Agrigento, residente nella città dei Templi ma da anni domiciliato a Torino. La Suprema Corte ha confermato l’applicazione nei confronti dell’uomo della misura di prevenzione personale della Sorveglianza Speciale di pubblica sicurezza con obbligo nel comune di residenza per 3 anni e il versamento di una cauzione di 2.000 euro. Al quarantenne sono stati confiscati: un appartamento a Torino del valore di 300 mila euro (intestato a lui e alla moglie), un’abitazione ad Agrigento, del valore di 200 mila euro (intestato alla moglie), una moto del valore di 7.500 euro. Puntorno è stato coinvolto, nel 2014, nell’inchiesta antidroga sun un presunto traffico internazionale di sostanze stupefacenti proveniente dall’Albania e giunti sulle piazze di spaccio di Agrigento e Torino. Il nome di Puntorno è entrato anche in un’inchiesta sugli affari legati al bagarinaggio allo Juventus Stadium. L’agrigentino è leader del gruppo ultras denominato “Bravi Ragazzi” e proprio così è stata denominata l’inchiesta nella quale Puntorno è stato coinvolto. Secondo i giudici “ermellini” vi sarebbe una accertata sproporzione tra reddito dichiarato e patrimonio posseduto dall’uomo.

Un cittadino somalo di 23 anni è stato arrestato dalla Polizia nell’hotspot di Lampedusa con l’accusa di essere fra i torturatori che sequestravano e seviziavano i migranti in attesa di imbarcarsi dalle coste libiche.
Nel fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica- Dda di Palermo, T.M.A. è accusato di associazione per delinquere, armata, di carattere transnazionale, dedita a commettere reati contro la persona – ed in particolare – tratta di persone, sequestro di persona, violenza sessuale, omicidio aggravato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
In particolare T.M.A. è stato riconosciuto come uno dei responsabili di torture e sevizie perpetrati in Libia nella struttura nei pressi della zona agricola denominata Hudeyfà, nella zona di Cufrà, dove i migranti venivano privati della liberta personale prima di intraprendere la traversata in mare per le coste italiane.
“Al mio arrivo Mohamed il somalo era già nella struttura”, ha raccontato un migrante, “lui picchiava e si divertiva ad umiliarci e a farci pesare la sua supremazia. Mi ricordo che una volta lo stesso libico, a cui la struttura appartiene, lo ha ripreso perché ci picchiava così forte da ridurci in fin di vita”.
Le violenze avvenivano con tubi di gomma e sotto la minaccia di armi da fuoco.
Le indagini su T.M.A., avviate dal 27 maggio, giorno dello sbarco a Lampedusa, sono state condotte dalla seconda divisione del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, dalla Squadra Mobile di Palermo, diretta da Rodolfo Ruperti e dalla Squadra Mobile di Agrigento, diretta da Giovanni Minardi.
L’arrestato, a Lampedusa, avrebbe minacciato le sue vittime, anche minorenni, al fine di convincerle a non denunciarlo alla Polizia italiana.
Il fermato è stato associato alla casa circondariale di Agrigento a disposizione della competente Autorità giudiziaria.
Ulteriori particolari saranno diffusi nel corso di una conferenza stampa che si terra’ alle ore 11:00 presso la Questura di Agrigento.

Richiedenti asilo sfruttati nelle serre nel Ragusano.
La Polizia di Stato ha arrestato due imprenditori agricoli e denunciato un terzo, per sfruttamento della manodopera.
La Squadra mobile di Ragusa, applicando la nuova normativa per il contrasto al caporalato, ha accertato il reclutamento di 26 lavoratori (uomini e donne), costretti a svolgere le mansioni di braccianti agricoli e a vivere in condizioni degradanti. Diciannove migranti richiedenti asilo, cinque romeni e due tunisini venivano pagati 25 euro al giorno per otto ore lavorative, senza alcun giorno di ferie o altro diritto garantito previsto dal contratto collettivo dei braccianti agricoli. Le case abusive all’interno dell’azienda erano in condizioni definite da chi indaga disumane.
Ai domiciliari i fratelli Valentino Busacca, 31 anni e Angelo Busacca, 48 anni, per sfruttamento del lavoro, reato previsto dalla nuova legge e aggravato dal numero di lavoratori reclutati e dall’aver esposto i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo per le condizioni di lavoro.
Guarda il https://www.youtube.com/watch?v=UhWd8HTAwLw&feature=youtu.be
L’indagine è scattata su input del questore di Ragusa Giuseppe Gammino: la Squadra mobile, con l’ausilio della Squadra amministrativa del commissariato di Vittoria, dell’Ispettorato del lavoro e del Servizio igiene dell’Asp di Ragusa, ha effettuato un controllo presso diverse aziende agricole. I poliziotti si sono dunque appostati nei pressi dell’azienda agricola “Busacca”. Alle 5.30, le prime auto cariche di lavoratori sono giunte all’interno dell’azienda e l’attività di osservazione ha permesso di contare una trentina di uomini provenienti dal centro Africa. Alle 8.30 gli agenti hanno circondato l’azienda per evitare la fuga dei lavoratori. All’interno del terreno sottoposto a controllo, di circa 80.000 metri quadri, operavano tre aziende agricole specializzate nella coltivazione in serra di ortaggi.
Una delle ditte sottoposte a controllo non impiegava alcun operaio in quel momento, un’altra solo quattro tutti regolarmente assunti anche se pagati solo se prestavano l’attività lavorativa a 25 euro al giorno, pur avendo firmato un contratto che prevedeva il pagamento di 63 euro; il titolare è stato denunciato in stato di libertà. La terza azienda presente, i cui datori di lavoro sono i fratelli Busacca, al momento del controllo, impiegava ben 26 lavoratori nella raccolta di pomodori. Oltre a loro che sono stati bloccati e identificati, c’erano degli operai riusciti a darsi alla fuga, considerata la vastità del terreno sottoposto ad ispezione.
Le condizioni di lavoro e di vita all’interno dell’azienda, riferisce il capo della Mobile Antonino Ciavola, “erano non solo degradanti, ma umilianti per l’essere umano così come documentato dalla Polizia Scientifica. Nessuno dei lavoratori era stato mai sottoposto a visita medica pur dovendo lavorare in condizioni di forte stress fisico e nessuna delle prescrizioni previste dalla normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro era stata rispettata”.
Gli alloggi fatiscenti costruiti abusivamente all’interno dell’azienda, davano ospitalità a 15 lavoratori “in condizioni del tutto incompatibili per l’essere umano”. Il resto dei lavoratori invece, veniva prelevato ogni mattina dai titolari che quindi si occupavano anche di reclutare, senza intermediazione, gli operai. Quanto accertato dalla Polizia di Stato è stato ammesso dai due datori di lavoro, affermando però di “non essere diversi dagli altri e che tanti operano in questo modo per abbattere la concorrenza”.
I medici hanno attestato che “i locali non sono inidonei per essere utilizzati come ambienti di vita”. Già nel 2015 avevano effettuato, insieme alla Polizia di Stato, un altro controllo presso l’azienda evidenziando le medesime carenze oggi riscontrate, e quindi mai sanate. Gli operai erano sprovvisti delle scarpe da lavoro e svolgevano la loro attività scalzi o in ciabatte; privi anche di magliette: indossavano solo pantaloni e nessuno possedeva abbigliamento adeguato così come previsto dalla tipologia di mansione a loro affidata.
Totalmente inesistenti impianti antincendio nelle serre e nelle abitazioni.
Gli operai, ascoltati dagli investigatori sono stati concordi nel riferire di lavorare presso l’azienda dei fratelli Busacca e che proprio loro li prelevavano presso i domicili, fornivano le indicazioni, impartivano gli ordini, organizzavano il lavoro all’interno delle aziende pagandoli pochissimo. Fortissimo il timore di essere licenziati, magari dopo avere richiesto un aumento della paga. Al termine delle indagini lampo durate 14 ore, i due arrestati sono stati sottoposti ai domiciliari su disposizione della Procura della Repubblica di Ragusa che segue il fenomeno del caporalato costantemente.
“La Polizia di Stato di Ragusa – conclude il dirigente della Squadra mobile – continuerà i controlli delle attività produttive della provincia iblea, a tutela dei lavoratori e dei tanti onesti imprenditori che rispettano le regole previste dalle norme vigenti”.


scrivi qui …… lascia le altre 2 ft sotto senza toccare 😉

E’ stato il saggio del trentennale di attività artistica ad Agrigento dell’apprezzata insegnante di danza, Giusy Liberto e come sempre è stato un successo. Giusy Liberto, che ha conseguito a suo tempo la laurea alla prestigiosa Accademia Nazionale di Danza di Roma, istituzione diretta dal Miur, opera nella città dei templi dal lontano 1987. Dalla sua scuola sono usciti diversi giovani artisti che  si sono dedicati chi all’insegnamento chi all’attività di ballerino professionista. E proprio per celebrare i 30 anni di presenza sul territorio, durante il saggio andato in scena al Teatro Pirandello di Agrigento, è stato proiettato un video di saluti e di auguri degli ex allievi dell’Accademy che della danza ne hanno fatto il proprio lavoro, raggiungendo, alcuni, importanti traguardi in  importanti compagnie nazionali. Tanta emozione  per una docente di danza che ha dedicato la sua vita alla nobile arte e la cui professionalità è ampiamente riconosciuta. Una vita dedicata a trasmettere ai ragazzi l’amore e la passione per l’attività artistica, opera portata avanti con grande competenza e serietà. Una famiglia quella dei Liberto che ha la danza nel sangue: la sorella Carmela e la nipote Clara, ma soprattutto il nipote Silvio Liberto, ballerino professionista che sta calcando prestigiosi palcoscenici italiani ed esteri. Un talento targato Agrigento, cresciuto a pane e danza, sotto la sapiente direzione di Giusy.
Questa città, fra tante ombre di subcultura e numerose carenze, riesce ad offrire spaccati di autentica passione e dedizione artistica che coinvolgono, seppur tra mille difficoltà,  operatori ed operatrici culturali che  lavorano in silenzio e con abnegazione, sfornando giovani che , al di fuori, del nostro depauperato contesto, sanno farsi valere ed apprezzare. Una di queste, è sicuramente Giusy Liberto.


Mercoledì 7 giugno alle ore 12,00 nella “Casa Sanfilippo”, nel Parco Archeologico di Agrigento,  si terrà la conferenza stampa per la presentazione della produzione del film “I  bambini della Croce bianca” di Andrea  Zaniol, tratto da un racconto del giornalista siciliano Carmelo Miduri che ricostruisce la storia, realmente accaduta, di un istituto di Bivona che fra il 1950 e il 1960 ha ospitato migliaia di bambini fra i sei e i dieci anni.  Erano tutti bambini con storie difficili, con genitori che emigravano, con problemi di salute, o con vicende familiari segnate da violenza. Ma nel racconto – e nel film – ci sono anche le storie di tanti siciliani mossi dalla solidarietà verso quei bambini, ed emerge anche un “giallo” che porterà alla scoperta del motivo per il quale i bambini venivano ospitati in quella struttura.
Il film verrà realizzato dal produttore romano Paolo Ghezzi e da altri coproduttori italiani e stranieri, e sarà girato per intero in Sicilia fra le province di Agrigento (Bivona) e Siracusa (Noto).
Alla conferenza stampa parteciperanno il regista Andrea Zaniol, l’autore del racconto Carmelo Miduri, il produttore Paolo Ghezzi, il sindaco di Bivona Giovanni Panepinto, l’assessore comunale alla Cultura Carmela Grano, il sindaco di Noto Corrado Bonfanti, il responsabile della Film Commission Corrado Di Lorenzo, il cine-operatore Peppe Migliara.
Del cast del film, ancora in costruzione, faranno parte anche attori siciliani come
Francesco Di Lorenzo, Lorenzo Falletti, Angela Nobile (rivelazione nella trasmissione “The Voice”), Gennaro Piccirillo. La realizzazione del film, le cui riprese sono previste in ottobre,  si avvarrà della collaborazione della Film Commission del comune di Noto e del Comune di Bivona, con il quale è previsto un gemellaggio.

Su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, la Polizia di Stato ha dato esecuzione ad ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Angelo Fabio Matà ritenuto responsabile del reato di omicidio aggravato in pregiudizio della madre. Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile a seguito del rinvenimento avvenuto il pomeriggio del 7 gennaio 2014 all’interno del cimitero di Catania del cadavere di Maria Concetta Velardi , hanno consentito di acquisire univoci e concordanti indizi di colpevolezza nei confronti del figlio della vittima e svelare il movente dell’omicidio. Rilevante e’ stato il contributo fornito alle indagini dalla Polizia Scientifica, attraverso l’analisi del DNA su qualsiasi tipo di traccia biologica rilevata sul luogo teatro del fatto di sangue.
Maria Concetta Velardi fu trovata, nel pomeriggio del 7 gennaio del 2014, con la testa fracassata da un grosso masso di pietra lavica non distante dalla cappella di famiglia. A denunciare il ritrovamento fu suo figlio, Angelo Fabio Matà, 44 anni, sottufficiale della Marina militare, che sposto’ la grossa pietra, sporcandosi le mani di sangue, e chiese aiuto a un custode, che ha avviso’ la polizia. Agli investigatori disse che intorno alle 17 era andato a prendere un caffè al bar e che quando era tornato aveva trovato la madre per terra uccisa fuori dalla cappella, dove pero’ aveva lasciato, in modo ordinato, le sue scarpe. Fu escluso subito la rapina perche’ la donna aveva indosso una collana e un suo bracciale fu trovato vicino al masso. La vedova era abitudinaria: si recava tutti i giorni al cimitero per pregare e pulire la cappella della famiglia Mata’, dove sono tumulati anche suo marito Angelo e suo figlio Lorenzo, morto nel 2009 anni fa per un male incurabile.
Le indagini della squadra mobile della Questura, coordinate dalla Procura, si indirizzarono anche sul figlio che e’ stato indagato assieme ad altre quattro persone, poi uscite dall’inchiesta: due presunti ‘spasimanti’ della vedova e una coppia di romeni che frequentava il cimitero. Gli investigatori ritengono che adesso sono stati “acquisiti univoci e concordanti indizi di colpevolezza nei confronti del figlio della vittima e svelare il movente dell’omicidio”. Mata’ aveva anche, tramite i suoi difensori, esposto la tesi che al delitto avesse partecipato anche una donna e che ad assassinare la madre fossero stati in due. Aveva per questo chiesto la riesumazione della salma per verifiche su ferite alla schiena della vittima per verificare se fossero state provocate da unghiate. La richiesta e’ stata rigettata dal Tribunale.

Da domani, 28 maggio, fino al 1° giugno Agrigento per 135 studenti provenienti da ogni parte del mondo sarà “la città del Teatro Luigi Pirandello”. Sono più di una novantina i corti teatrali, ispirati alle novelle pirandelliane, che sono stati presentati da 85 scuole nel marzo scorso. Oltre una ventina potranno rappresentare la loro opera sul prestigioso palcoscenico, nel Centocinquantenario della nascita del drammaturgo.
Tra loro, ad esprimere la passione per lo scrittore e la gioia di condividere quest’esperienza in Sicilia, ci saranno i vincitori di Palermo, Verona, Beirut e Avellino, oltreché gli studenti di Istanbul, Madrid, Barcellona, Cluj-Napoca e Saint Germain en Laye, Rivoli, Chioggia, Sessa Aurunca, Reggio Calabria, Caltagirone. Già da questa mattina il gruppo di ragazzi francesi è ad Agrigento per prepararsi alle prime attività in programma: laboratori, prove di recitazione e di costumi e scenografie. Da Belo Horizonte e da Algeri sono già arrivati dei contributi video. Ma ne sono attesi da Istanbul e Asmara.
L’iniziativa del Concorso è del Ministero dell’Istruzione, con il Distretto Turistico Valle dei Templi e la Fondazione Teatro Pirandello ed è tra gli appuntamenti più importanti del Festival della Strada degli Scrittori attualmente in corso, che si concluderà il 7 luglio.
A coordinare i laboratori e le rappresentazioni sarà il regista Marco Savatteri, fondatore e direttore della Casa del Musical. Con lui anche Gabriel Glorioso, un performer, coreografo e insegnante di arti performative, siciliano di nascita ed inglese di adozione che opera fra l’Italia e Londra, nonché Giuseppe Orsillo, interprete del musical “Jersey Boys” per la regia di Claudio Insegno, che ha circuitato in Italia e in Francia, e che abbiamo visto nella fiction tv “Che Dio ci aiuti”, regia di Francesco Vicario, e al cinema in “Anni felici” regia di Daniele Luchetti.
La cerimonia di premiazione si svolgerà l’1 giugno, sempre al teatro Pirandello di Agrigento, con un intenso programma che vedrà la straordinaria partecipazione del presidente della Fondazione Teatro Luigi Pirandello, l’attore e regista Gaetano Aronica. Saranno presenti i massimi vertici degli enti organizzatori e in particolare il sottosegretario del Ministero dell’Istruzione Vito De Filippo. Ogni dettaglio sarà svelato nel corso della conferenza stampa prevista per il giorno 31 alle ore 11 nel foyer del Teatro.

Agrigento – Giornata di riprese al Caos, davanti alla casa natale di Luigi Pirandello per il Commissario Montalbano e la sua storica fidanzata Livia. Il regista Alberto Sironi ha pure girato una scena al pino di Pirandello. Il sindaco Lillo Firetto,  in mattinata si è recato sul set per salutare gli attori e ringraziare la Palomar per aver scelto questa location tutta agrigentina. “Un’efficace occasione di marketing culturale e territoriale – ha detto il sindaco, -Dopo le riprese al tempio di Giunone, la volta scorsa,in un episodio che ha registrato il record di ascolti nella storia del “Montalbano televisivo” ora Agrigento promuove le sue corde letterarie con la casa natale di Luigi Pirandello e la rozza pietra che ne custodisce le spoglie. Un omaggio al nostro Nobel nel 150° della nascita. Una celebrazione nelle celebrazioni!”

Quello che ad Andrea Pirandello (1925-2016), nipote del grande scrittore e figlio di Stefano, sembrava “un libro infinito”, è ora in parte racchiuso in queste pagine dove si narrano le vicende della famiglia Pirandello con particolare riguardo alle prime fasi del matrimonio di Luigi e Antonietta. La creatività di Luigi Pirandello si intreccia con i percorsi dolorosi dell’animo di sua moglie Antonietta, coinvolgendo i tre giovani figli in un modus vivendi del tutto originale. Quella singolare comunità di persone, guidata dall’inventiva amorevole e incessante di Luigi Pirandello, riesce ad aggirare mille ostacoli per poter vivere ed abitare uno spazio fisico comune fino al 1919, anno dell’improcrastinabile ricovero di Antonietta in una clinica psichiatrica sulla via Nomentana, a Roma. Frutto di una lunga e assidua conversazione con l’autore, Dina Saponaro e Lucia Torsello, hanno ricostruito una preziosa e inedita testimonianza “dall’interno” della famiglia Pirandello attraverso gli occhi di un partecipe osservatore che racconta, fin dagli anni dell’infanzia e via via nel tempo, la sua vicinanza affettuosa con il celebre nonno. Tra i suoi intenti c’è quello di chiarire il complicato rapporto tra Luigi e Antonietta mantenendo una doverosa imparzialità, lasciando parlare i fatti, i documenti. Dal racconto si manifesta sin da subito anche la voce di Stefano Pirandello protagonista e testimone diretto di quegli anni. È da lui che Andrea eredita in gran parte la narrazione di quelle vicende, sicché le voci si alternano e si sommano nella creazione di una scrittura che oltrepassa le pareti domestiche e diviene necessariamente memoria pubblica.
ANDREA PIRANDELLO, Luigi e Antonietta. Memorie di famiglia (1886-1919), a cura di Dina Saponaro e Lucia Torsello, Rocco Carabba Editore, Lanciano 2017