Ottobre 2023 - Pagina 35 di 38 - Sicilia 24h
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Ancora nel mirino del crimine la gioielleria Campo di Menfi. I carabinieri, in pattuglia nella adiacenze dell’attività di Campo, hanno arrestato un pregiudicato palermitano per tentata rapina a mano armata alla gioielleria Campo di Menfi. I fatti sono accaduti ieri sera, un pò prima della chiusura della gioielleria.

Un uomo si è finto cliente ed è entrato nel negozio estraendo una pistola puntantola alla testa del commesso. Giusto in quei momenti, una pattuglia della locale stazione dei carabinieri stava perlustrando la zona. Una attività che chi è intensificava dopo il ripetersi di rapine nella zona della Valle del Belìce.

I militari si sono accorti di quanto stava accadendo in gioielleria e sono intervenuti bloccando e disarmando il malvivente. Pare che la pistola pare fosse carica. L’uomo, condotto nella locale caserma è stato posto in stato di fermo.

Ancora panico per il titolare Leonardo Campo e i suoi collaboratori. Lo scorso luglio avevano subito una rapina ad opera di tre malviventi che legarono i dipendenti con fascette. Il bottino fruttò 800mila tra gioielli e orologi.

Nella vicina Sambuca di Sicilia, due settimane fa fu perpetrata un’altra rapina. Andò male per i malviventi  perché il titolare riuscì a difendersi con la forza e ad allontanare i rapinatori.

Avrebbe minacciato, ingiuriato e pure picchiato il compagno procurandogli dei traumi. Denuncia inevitabile per una donna di 47 anni di Ribera denunciata per l’ipotesi di reato di maltrattamenti in famiglia.

I carabinieri della locale tenenza dopo avere ricevuto la denuncia del compagno della donna, un uomo di 55 anni ed avere effettuato i dovuti accertamenti, hanno avviato l’iter del “codice rosso”, che mira a tutelare le vittime di violenza. Questa volta la protezione è scattata per un uomo e non per una donna.

L’operaio riberese ha raccontato ai militari che dopo una felice convivenza, la compagna avrebbe cominciato ad avere atteggiamenti aggressivi, fino ad arrivare appunto ai maltrattamenti fisici.

A Palermo, al palazzo di giustizia, nell’ambito dell’inchiesta sullo stupro della ragazza di 19 anni lo scorso 7 luglio al Foro Italico da parte di 7 giovanissimi tutti attualmente detenuti, si è svolto l’incidente probatorio, ovvero il contraddittorio tra tutte le parti coinvolte al fine di cristallizzare le prove che altrimenti nel corso del tempo potrebbero deteriorarsi. Il confronto si è protratto oltre 6 ore. La ragazza in sintesi ha confermato: “Volevo stare solo con Angelo Flores, con il quale avevo una relazione sentimentale. Non è vero che mi sono appartata con i sette per avere con loro un rapporto di gruppo. E’ stato Flores a riprendere gli abusi col cellulare e a condividerli con gli amici. Ho incontrato il gruppo alla Vucciria, nel centro storico, ho bevuto, mi sono allontanata con loro, raggiungendo il Foro Italico”. I difensori degli indagati hanno insistito con la tesi del rapporto consensuale. Lei ha negato in modo troncante, e ha raccontato, confermando quanto già denunciato ai Carabinieri e che emerge dai video, ovvero le botte, le violenze, e le richieste di aiuto ai passanti indifferenti.

Sono 254 i migranti sbarcati dalla mezzanotte di oggi a Lampedusa, con tre barche, con a bordo 59, 43 e 54 persone, agganciate dalle motovedette della Guardia di Finanza. I Carabinieri invece hanno intercettato già a terra, a Cala Malux, 98 migranti. Provengono da Egitto, Marocco, Siria, Sudan e Bangladesh. E sono partiti da Zwara in Libia. Sono stati condotti nel Centro d’accoglienza dell’isola dove alle prime ore del mattino di oggi sono stati contati 502 ospiti. I primi 180 trasferiti in aereo a Roma Fiumicino.

Il Festival delle Regioni occasione per rilanciare i temi dell’Autonomia differenziata e della spesa del Pnrr in Sicilia: l’intervento del presidente Schifani.

Il presidente della Regione, Renato Schifani, ha colto l’occasione della partecipazione alla seconda edizione del Festival delle Regioni per rilanciare le correzioni, a suo avviso necessarie, al testo di legge sull’autonomia differenziata firmato dal ministro leghista Calderoli. E ha sottolineato: “Non guardo all’autonomia differenziata con preoccupazione ma con la dovuta attenzione. Spesso mi si contesta dall’opposizione di aver dato la mia condivisione all’iniziale testo Calderoli, che poi è stato modificato: l’ho fatto perché ne ero convinto. Tra l’altro la posizione del mio partito era di grande attenzione sul processo di formazione e di individuazione dei livelli che garantiscono uniformità di prestazioni in tutto il Paese. Insisterò naturalmente sulla previsione di insularità che è stata introdotta nella Costituzione e che riconosce alla Sicilia il peso di una posizione geografica che isola, e che prevede che lo Stato debba effettuare delle compensazioni economiche. A tal proposito l’ultima finanziaria nazionale ha previsto solo 10 milioni: una cifra squisitamente simbolica. La Regione Sardegna ha impugnato la finanziaria per avere stanziato solo 10 milioni di euro per il principio di insularità. Avremmo potuto intervenire per adesione a questo ricorso dinanzi alla Corte Costituzionale, ma abbiamo scelto di seguire un percorso diverso, quello del confronto, non dello scontro. La condizione di insularità grava sulla Sicilia per oltre 6 miliardi di euro all’anno, il che comporta che ogni siciliano subisce un onere occulto di circa 1.200 euro per compensare il divario con il resto della penisola che la marginalità insulare impone”.

E poi ha concluso: “Noi non abbiamo posto temi, ma lo faremo in occasione della prossima finanziaria perché i principi costituzionali o ci sono o non ci sono. Se ci sono vanno rispettati e vanno attuati. Se non ci sono ci si batte. Se all’unanimità in Parlamento si è riconosciuto alla Sicilia il principio di insularità, una motivazione ci deve essere ed è quella di superare questo gap”. E Schifani si è soffermato anche sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, e ha espresso delle riserve: “Mi chiedo se l’Italia, col sistema amministrativo, burocratico e procedurale che ha, può farcela a rispettare i tempi in materia di programmazione e certificazione della spesa. Me lo chiedevo già quando ero parlamentare nazionale e abbiamo chiuso l’accordo con l’Unione europea. E’ un dato che deve essere tenuto in considerazione. E i parametri, quindi, devono essere diversi a seconda dei Paesi. Basti pensare, a titolo d’esempio, che in Italia per avere i decreti attuativi di alcune leggi a volte passa anche un anno dall’approvazione delle norme primarie. E’ qualcosa su cui la classe politica dirigente deve intervenire”.

Giuliana Miccichè

A Canicattì i poliziotti del locale Commissariato hanno denunciato a piede libero alla Procura della Repubblica di Agrigento due imprenditori allorchè hanno somministrato alcolici a 5 minori di 18 anni e a 2 minori di 16 anni. Multe per complessivi 2.064 euro. La violazione della normativa in materia è stata riscontrata in flagranza in occasione di una festa con musica live e accesso con sbigliettamento. I controlli proseguiranno.

Al Consiglio comunale di Agrigento, dopo Pasquale Spataro (capogruppo) e Alessia Bongiovì, hanno aderito alla Democrazia Cristiana di Totò Cuffaro anche i consiglieri Pietro Vitellaro e Roberta Zicari, che affermano: “E’ il momento di serrare i ranghi, uniti e coesi, consapevoli dell’impegno a cui siamo chiamati, ovvero aiutare la nostra città di Agrigento, purtroppo martoriata da tante emergenze e problemi. Ringraziamo la dirigenza locale, l’onorevole Pace e il segretario Totò Cuffaro per averci accolto e coinvolto in questo ambizioso progetto. Dimostreremo con i fatti la bontà della nostra scelta e la coerenza con i nostri valori e idee”.

La notizia della “fuga” del primario di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale di Agrigento, Giovanni Palmisciano, apre nuovi scenari che fanno ben sperare per il futuro del nosocomio agrigentino. Già una serie di medici sono letteralmente scappati via (e noi andiamo a “pescare” in Argentina…),stamattina la notizia di Palmisciano, altri mal di pancia riguardano altrettanti medici.

Un fuggi fuggi generale assai antipatico che crea, come dicevamo, scenari non certo rosei.

E mentre l’ospedale San Giovanni di Dio langue, poco più di poliambulatori come Licata, Ribera e Canicatti godo delle attenzioni soprattutto dalle classe politica.

Sicchè, nel bel mezzo di un vero e proprio vero paradosso, ad Agrigento si viene a creare una situazione tanto imbarazzante quanto singolare.

La politica. Già, la politica; quella macchina infernale che decide su tutti e su tutto che nell’ambito sanitario avanza come un carro armato senza trovare ostacoli. E decide! Ed ecco il paradosso. Nella provincia di Agrigento i nostri deputati regionali si sono quasi suddivisi pezzi e fette della sanità. Chiaro che gli onorevoli Pace e La Rocca Ruvolo abbiamo interessi politico-elettorali in quella zona e spingono a spron battuto per far diventare ospedali di primo livello quelli che, come dicevamo prima, sono poco più di poliambulatori. Si potenziano reparti, si aprono reparti, si aprono sale operatorie le quali, al di la di una semplice appendicectomia non possono garantire servizi più gravi come ad esempio fornisce Agrigento.

Ad Agrigento città si preme di più nella sanità amministrativa. La politica del luogo non piazza primari ma predilige collocare Direttori. Non è uno scherzo, ma la pura e santa verità.

E in un clima di distruzione quale quello che si sta vivendo, aggravato dalla gravissima carenza di Dirigenti Medici in tutti i Reparti (chi più chi meno), si assiste ad un maggiore scempio, ad una razzia di Medici che dal Presidio di Agrigento vengono spostati per garantire gli Ospedali di Canicatti e Licata, Ospedali di base, ormai destinati alla chiusura o alla loro conversione.

L’ospedale di Agrigento è ormai al collasso totale. Sembrerebbe che ci sia una forza occulta superiore che ha deciso di distruggere il principale ospedale della provincia, Hub per diverse patologie, DEA di I livello che meriterebbe, per il bacino di pazienti che assiste, di diventare DEA di II livello con l’incremento di strutture, servizi e reparti al solo fine di interrompere i “viaggi della speranza” verso altri nosocomi che, ricordiamo, in caso di patologie tempo dipendenti, non si riesce a raggiungere (anche se hai i soldi o sei il più potente politico).

Gli ospedali minori, non attrattivi, per tipologia di assistenza e trattamenti, agli occhi dei giovani medici, hanno ormai un destino segnato che, se fossimo gestiti da politici lungimiranti, dovrebbero essere convertiti in Ospedali per cronici, mantenendo solamente un punto di primo soccorso per poi trasferire tutte le patologie acute presso l’ospedale di Agrigento. In tal modo in Provincia si potrebbero avere due grossi ospedali per acuti (Agrigento e Sciacca) e tre ospedali per cronici (Canicatti, Licata e Ribera).

E invece? E invece, si mantengono aperte le chirurgie di Canicatti e Licata e, udite udite, a giorni riapre anche la chirurgia di Ribera. Ma chi sarà operato a Ribera?

Ci sarebbe da chiedere al politico di turno che pressa per la riapertura e/o mantenimento di zavorre inutili necessarie solamente a garantire l’elettorato locale, se, in caso di necessità, si farebbe operare a Ribera, Canicatti o Licata, dove non solo non vi sono le competenze derivanti dalla legge dei grandi numeri (know-how) ma mancano anche servizi essenziali (ad esempio centro trasfusionale).

Ma il solito politico, farebbe partorire la moglie a Licata dove non c’è un centro trasfusionale, né la rianimazione, né la neonatologia, con grave rischio legato a tali carenze? E farebbe operare per una frattura la propria madre a Licata dove non c’è il trasfusionale, la rianimazione e vi sono solo due medici in servizio? Queste sono domande alle quali una risposta sarebbe davvero gradita. Seria.

E invece, noncuranti dei rischi a cui si sottopongono i pazienti, si continua a lottare per mantenere aperte le zavorre. Si chiede agli ortopedici di Agrigento, ai ginecologi di Agrigento, agli anestesisti di Agrigento, ai cardiologi di Agrigento, ai pediatri di Agrigento e potremmo continuare all’infinito, di coprire turni massacranti anche negli ospedali minori solo per salvare la faccia agli occhi dei sindaci e dei deputati. E l’ospedale di Agrigento? Possibile che non stia a cuore della deputazione agrigentina?

L’assessore regionale alla Sanità è a conoscenza del fatto che si sta mantenendo una ortopedia con due medici a Licata o la cardiologia o il punto nascita (riaperto in deroga pur essendo ben al di sotto dei 500 parti per anno)? Il ministro sa che è stato riaperto il pronto soccorso di Ribera che assiste forse dieci pazienti al giorno?

E ad Agrigento, a causa di tutto questo avviene l’irreparabile: due cardiologi si dimettono e due stanno per andare via. I neurologi sono rimasti in tre (a causa della dimissione di altri due) e la stroke unit (quella che ti salva in caso di ictus) rimane aperta fino alle 14 feriali. Se si viene colpiti da un ictus leggero (Tia) dopo le 14 sono cavoli amari. Si salvi chi può. Della serie, guai ad ammalarsi dopo le 14,00. Ma si può andare avanti così?

Gli ortopedici si stanno dimettendo in quattro (determinando cosi la chiusura dell’ortopedia), anche se ad Agrigento arrivano tutte le urgenze traumatologiche della Provincia ed anche da Mussomeli. La chirurgia vascolare non è mai stata ripristinata.

Da non sottovalutare che l’utenza proveniente da Lampedusa, compresi gli extracomunitari, pur essendo di pertinenza dell’ASP di Palermo, afferisce al San Giovanni di Dio, aggravando così i carichi di lavoro di un ospedale martoriato da scelte che meriterebbero altri criteri (eufemismo di scellerate).

La domanda è semplice e perentoria: ma quanto deve durare questa situazione? Veramente si deve ridurre l’attività di Agrigento per favorire gli ospedali minori? Veramente il San Giovanni di Dio è destinato a fare una fine mestissima, a causa anche dello scappa scappa che c’è tra medici e primari?

Che fare?

 

Ecco il testo di una lettere che i netturbini di Favara hanno scritto al Prefetto di Agrigento Filippo Romano a seguito della situazione disastrosa che riguarda i pagamenti degli stipendi.

“Ci aiuti Eccellenza. Ci aiuti nella tutela del nostro diritto”.

Dopo anni di vessazioni i netturbini di Favara che “regolarmente” ricevono lo stipendio in ritardo di mesi, chiedono al Prefetto di Agrigento di intervenire, non solo, nella mediazione tra i datori di lavoro, il Comune e i sindacati, ma soprattutto sul sistema del servizio, Tari compresa.

Ecco il testo integrale della lettera degli operatori ecologici:

“Eccellenza Signor Prefetto,

siamo i netturbini di Favara, gli stessi che nel mese di giugno scorso hanno incrociato le braccia esasperati per il mancato pagamento degli stipendi. E che dopo il suo intervento hanno ricevuto solo una parte della retribuzione arretrata. Per la nostra astensione figlia della disperazione siamo stati denunciati.

Adesso, non vediamo un centesimo di euro dai primi giorni dello scorso mese di agosto. Vantiamo due mensilità e la terza maturerà a metà del mese in corso, a fronte di ciò abbiamo solo la promessa del pagamento di una sola busta paga con l’incasso della Tari che l’amministrazione comunale ha inviato ai contribuenti qualche giorno fa.

Per incassare e monetizzare la Tari occorrerà tempo e si arriverà, presumibilmente, a metà ottobre con la maturazione della terza mensilità attesa e non pagata. A quel punto, saldata una sola fattura, tutto andando bene, resteremo sempre e comunque con un arretrato di due mesi.

Noi siamo madri e padri di famiglia che viviamo del ricavato del nostro lavoro e abbiamo il diritto alla giusta e puntuale retribuzione e al Rappresentante dello Stato in provincia di Agrigento chiediamo, nella mediazione che si vorrà fare, la tutela del nostro diritto così come previsto dalle leggi.

Noi siamo vittime di un sistema sbagliato e al collasso non aggiustando il quale il problema dei pagamenti delle mensilità si ripeterà a nostro danno a tempo indeterminato, così come dura da anni, con unica soluzione la mediazione della Prefettura e il nostro soccombere accontentandoci del poco che riescono a raschiare dal fondo delle casse comunali.

La Tari ai contribuenti è in distribuzione in questi giorni con tre mesi di ritardo rispetto al mese di giugno, entro il quale doveva arrivare ai cittadini. Il danno del ritardato inoltro delle bollette cadrà su di noi.

L’esperienza passata ci dice che non possiamo fidarci dell’attuale amministrazione comunale come delle precedenti.

Ci aiuti Eccellenza. Ci aiuti nella tutela del nostro diritto.

Viviamo da troppo tempo con l’ansia del pagamento degli stipendi, mentre gli altri attori, tra questi l’amministrazione comunale di Favara, non sembrano accorgersi del trascorrere dei mesi.

Eccellenza Signor Prefetto, noi restiamo fiduciosi in attesa di Sue determinazioni per la soluzione che noi e le nostre famiglie si aspettano”.

I funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli in servizio presso l’Ufficio delle Dogane di Porto Empedocle, nell’ambito di un’ampia attività di controllo volta al contrasto del contrabbando di gasolio agricolo, hanno accertato una frode fiscale che ammonta a circa 3 milioni di euro.

La società verificata, che ha svincolato oltre 4 milioni e 300 mila litri di gasolio a uso agevolato normalmente impiegato per le lavorazioni agricole, cedeva il carburante a soggetti non titolari di libretti UMA (Utenti Motori Agricoli) ovvero a soggetti destinatari di prodotto energetico per quantitativi inferiori rispetto a quanto fatturato dalla società.

L’attività di controllo nei confronti della ditta è scaturita da una specifica indagine svolta dai funzionari del Reparto Antifrode e Analisi dei Rischi che, attraverso l’utilizzo di sofisticate e moderne banche dati, hanno accertato l’utilizzo fraudolento di ingenti quantità di gasolio agricolo ceduto a soggetti non aventi titolo.

Le azioni di contrasto, effettuate complessivamente nell’ultimo biennio dall’Ufficio delle Dogane di Porto Empedocle, hanno consentito l’accertamento di numerose frodi fiscali sul gasolio agricolo in contrabbando che, allo stato attuale, ammontano a oltre 6 milioni di euro.

I responsabili della società sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria.