Maggio 2023 - Pagina 5 di 42 - Sicilia 24h
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Hanno tutte le caratteristiche di azioni mirate i danneggiamenti di tre autovetture fra il centro di Agrigento e il viale Cannatello. Ad indagare, dopo aver raccolto le denunce a carico di ignoti, è la polizia. Non sembrerebbero esserci collegamenti su quanto è avvenuto.
Nel centro della città una studentessa agrigentina trentaduenne ha trovato la sua Fiat Panda con l’intera carrozzeria graffiata, sembrerebbe con un grosso chiodo. In un’altra zona del centro cittadino, qualcuno ha preso di mira il Suv Audi di proprietà di un libero professionista palermitano di 53 anni, in questo periodo in città per lavoro. Con l’utilizzo di un oggetto appuntito, si è accanito sulla carrozzeria del mezzo, provocando enormi danni. Il danno è stato quantificato in oltre 4 mila euro. Dal centro alla periferia, precisamente, in viale Cannatello, dove ignoti si sono accaniti contro la Fiat Cinquecento appartenente anche in questo caso ad un libero professionista, quarantatreenne, residente in un comune della provincia. Dopo avere parcheggiato la macchina, un’ora e mezza più tardi nel riprenderla l’ha ritrovata rigata e con gli specchietti retrovisori rotti.
Gli agenti hanno avviato le indagini per provare ad identificare gli autori dei tre diversi raid.

A Burgio è stato danneggiato un terreno in contrada “Pozzillo”. Ignote mani hanno tagliato e raso al suolo 17 alberi di ulivo di proprietà di un bracciante agricolo di 52 anni. Lui, accortosi di quanto accaduto, ha sporto denuncia ai Carabinieri della locale Stazione. La Procura di Sciacca, competente per territorio, ha avviato un’inchiesta. La zona non sarebbe coperta da impianti di video – sorveglianza.

In Sicilia alla scadenza dei termini ampia parte dei Comuni sono ancora privi del bilancio, e sono imminenti i commissariamenti. Paolo Amenta, presidente dell’Anci, l’Associazione dei Comuni di Sicilia, lancia l’allarme e afferma: “Abbiamo assistito a una campagna elettorale agguerrita, a tratti velenosa. Fra poche ore avremo 128 nuovi sindaci, che però rischiano di essersi tanto battuti per prendere possesso di amministrazioni ferme, paralizzate dalla crisi di finanziaria. Domani scade infatti il termine per approvare i bilanci preventivi e nessuno, o quasi, è riuscito a chiudere i conti. Già a fine aprile è scaduto il termine per approvare i rendiconti del 2022 e nessun sindaco è riuscito ad arrivare puntuale a questo appuntamento. Da qui la diffida recapitata dalla Regione a ognuno dei 390 Comuni dell’Isola: poche righe che annunciano il commissariamento imminente”.

I Carabinieri della Compagnia di Licata, capitanati da Augusto Petrocchi, hanno arrestato due licatesi. Si tratta di Calogero Giordano, 60 anni, e del figlio Vincenzo, 30 anni. Gli si contestano i reati di detenzione abusiva di armi da fuoco e coltivazione di sostanze stupefacenti verosimilmente a fine di spaccio. Su Calogero Giordano pesa il rinvenimento, nascoste, di 5 pistole, un fucile calibro 12 più relativo munizionamento. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento ha convalidato l’arresto, ai domiciliari. Su Vincenzo Giordano pesa il rinvenimento di una piccola coltivazione di marijuana. Il Tribunale ha convalidato l’arresto ma, accogliendo le istanze della difesa, ne ha disposto l’immediata scarcerazione senza alcuna misura restrittiva. Entrambi gli indagati sono assistiti dall’avvocato Tony Ragusa.

Oltre alla Procura di Caltanissetta anche i figli di Paolo Borsellino hanno impugnato in Appello la sentenza di primo grado al processo sul depistaggio. L’intervento della difesa.

Il 12 luglio del 2022 il Tribunale di Caltanissetta, presieduto da Francesco D’Arrigo, ha emesso la sentenza di primo grado al processo sul depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio: no all’aggravante mafiosa, due prescrizioni e un’assoluzione. Nessun colpevole tra il funzionario Mario Bo, ex capo del gruppo d’indagine “Falcone e Borsellino” diretto dal defunto Arnaldo La Barbera, e gli ispettori in pensione Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, che si occuparono della tutela di tre falsi pentiti, Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Salvatore Candura. Il Procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, e il pubblico ministero, Maurizio Bonaccorso, hanno impugnato la sentenza di primo grado e hanno depositato i motivi di appello. E adesso così anche la difesa dei figli di Paolo Borsellino, Fiammetta, Lucia e Manfredi. E gli avvocati Vincenzo Greco e Fabio Trizzino tra l’altro scrivono: “La finalità di inquinare e indirizzare, sin dalle primissime battute, le indagini sulla strage di via D’Amelio si è dipanata sullo sfondo di un terrificante scenario istituzionale in cui un ruolo centrale fu rivestito dal procuratore di Caltanissetta, Giovanni Tinebra. Dietro la mancata voluta valorizzazione investigativa di alcune circostanze assolutamente significative, c’è stato il pieno coinvolgimento di più elevati centri di potere decisionale. A fronte di ben precisi spunti di indagine che, già nell’immediato, deponevano per un ampliamento del quadro delle responsabilità e delle cointeressenze rispetto all’esecuzione della strage di via D’Amelio, si scelse di improntare l’azione investigativa verso un basso profilo per impedire che scenari più ampi potessero squadernarsi e rivelarsi in tutta la loro possibile gravità”. Poi gli avvocati Greco e Trizzino invocano la lesione del diritto alla verità subita dai figli del giudice per l’attività di ostacolo all’accertamento delle cause della morte del padre. E scrivono ancora: “La famiglia non ha mai potuto conoscere sino in fondo le cause di tale perdita. La condotta contestata ha determinato un ritardo di decenni rispetto alla intervenuta affermazione della responsabilità sui veri esecutori materiali dell’eccidio e, soprattutto, ha determinato, forse irrimediabilmente, l’impossibilità di un accertamento pieno e completo sulle responsabilità, anche esterne a Cosa Nostra. Tutto ciò con evidenti e intuibili ripercussioni negative incidenti sulle condizioni di vita e sulla qualità dell’esistenza dei figli perché privati della possibilità di una compiuta elaborazione del lutto”. E poi i difensori della famiglia Borsellino aggiungono sul depistaggio: “Era sotto gli occhi di tutti che le indagini si stavano concentrando su soggetti improponibili riconducibili alla famiglia della ‘Guadagna’. Su tutti Vincenzo Scarantino, malacarne di borgata e falso pentito, il ‘pupo vestito’ per confezionare la verità farlocca. Si scelse di non sviscerare le ragioni che spinsero Salvatore Riina a compiere la strage di via D’Amelio, secondo modalità e tempistiche davvero incomprensibili se avesse avuto veramente a cuore le sorti dell’intera organizzazione mafiosa. Si scelse di non approfondire i motivi che avevano indotto Borsellino ad affermare, poco dopo l’uccisione dell’onorevole Salvo Lima, che Riina e Provenzano erano come due pugili in lotta. Si scelse la strada del falso coinvolgimento di Gaetano Scotto ma soprattutto di Bruno Contrada, che ha consentito di indirizzare e restringere verso i cosiddetti ‘servizi deviati’ il tema dei mandanti occulti ed esterni, di fatto precludendo che il fronte delle indagini si concentrasse ed indirizzasse anche verso quei soggetti diretta espressione di quel mondo politico-istituzionale ed imprenditoriale compromesso con il potere mafioso, parimenti ed urgentemente interessati all’eliminazione del giudice Paolo Borsellino”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

Le indagini successive all’arresto di Matteo Messina Denaro sono tese soprattutto a districare la rete di protezione della latitanza trentennale del boss di Castelvetrano. In tale ambito, il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, intervenendo ad un confronto pubblico ha appena ribadito: “Con la cattura di Matteo Messina Denaro lo Stato ha pagato un debito nei confronti delle vittime. Dobbiamo ringraziare le Forze dell’ordine che hanno raccolto tanti successi in questi 31 anni. Dell’arresto di Messina Denaro noi sappiamo molte cose, ma ci stiamo ancora lavorando. Prima vengono le prove, poi gli arresti, poi i processi e infine le condanne. Col tempo si capirà, con le regole del diritto non con quelle dei media. E’ prioritario aggredire sul piano patrimoniale le mafie. E’ quello che facciamo ogni giorno. Cattureremo chi ha aiutato Messina Denaro e aggrediremo i suoi beni. L’aspirazione a ricostruire la commissione provinciale è ancora presente nella mafia. Un futuro senza mafia non è solo possibile, è certo. Dobbiamo combattere ancora con gli strumenti dello Stato di diritto. Con Cosa nostra chiuderemo definitivamente, ci riusciremo”.

Una scossa di magnitudo 4.0 è stata registrata dalle stazioni della rete sismica nazionale alle ore 6:44 di domenica mattina. L’epicentro è stato localizzato nella Valle del Bove, a 6 chilometri da Milo, nel Catanese, con ipocentro a una profondità di circa 6 chilometri. L’evento tellurico, nettamente avvertito dalla popolazione in numerosi Comuni della provincia etnea e non solo, è avvenuto in un’area caratterizzata da una sismicità diffusa correlabile all’attività vulcanica dell’Etna e alle strutture tettoniche adiacenti. Nessuna segnalazione di danni.

La Sicilia candidata a punto di riferimento europeo e dell’area mediterranea per l’idrogeno green. Le diverse applicazioni possibili. Le iniziative in corso.

La morsa della crisi energetica attanaglia anche la Sicilia. Le quotazioni dell’idrogeno sono in aumento. E l’isola avrebbe le carte in regola per assurgere a collettore strategico per l’area mediterranea, un ‘hub’ europeo per l’idrogeno green. L’utilizzo dell’idrogeno verde, che non è una fonte di energia ma un vettore energetico, sarebbe determinante per raggiungere l’indipendenza e la sicurezza energetica, estremamente rilevanti nel contesto politico attuale dell’Europa. La Sicilia è stata proposta come location nel Mediterraneo per produrre idrogeno green a basso costo, combinando eolico e fotovoltaico, e per ricevere attraverso i gasdotti l’idrogeno prodotto in quantità nel nord Africa. Non si tratta di idrogeno grigio, prodotto da combustibili fossili e destinato ad esempio all’industria chimica o al settore ospedaliero, ma di quello verde, ovvero prodotto con l’uso esclusivo di fonti rinnovabili. Le applicazioni sono diverse. In Sicilia almeno il 30 per cento delle linee ferroviarie non sono elettrificate e quindi si tratta di treni diesel che potrebbero essere sostituiti con treni a idrogeno. Dal 2035 sarà stop ai motori a combustione interna, e anche rispetto alle auto elettriche l’idrogeno ha un vantaggio competitivo. Per esempio i tempi di rifornimento: un pieno di idrogeno in un’automobile dura da tre a cinque minuti, mentre nel caso delle batterie delle auto elettriche i tempi sono molto più lunghi, oltre a congestionare la rete elettrica. Il Pnrr, per quanto riguarda l’idrogeno, prevede un finanziamento intorno a 3 miliardi e 600 milioni di euro. A livello regionale vi è in corso l’iniziativa di Enel Green Power per la costruzione di un centro a Carlentini, in provincia di Siracusa, dove è prevista l’installazione di un impianto di elettrolisi di circa 10 Mega Watt, ovvero 1 milione di watt. Vi sono poi altre iniziative legate ai poli petrolchimici di Gela, della Sicilia orientale e di Milazzo, tramite Snam, Sapio ed Eni. La Sicilia giocherà un ruolo fondamentale per quanto riguarda la diffusione delle tecnologie a idrogeno, perché è al centro del Mediterraneo, e nei Paesi nordafricani c’è un’elevata disponibilità di energia rinnovabile, soprattutto solare, che potrà servire per produrre idrogeno attraverso l’elettrolisi dell’acqua, utilizzando anche l’acqua di mare attraverso una desalinizzazione. Quindi, l’idrogeno prodotto potrà essere trasportato attraverso gasdotti in Sicilia o in Spagna e la nostra Isola avrebbe il ruolo di hub per l’idrogeno. E alla Regione è stato già attivato l’Osservatorio regionale dell’idrogeno, costituito dall’assessore all’Energia e ai Servizi di pubblica utilità, Roberto Di Mauro, che spiega: “L’Osservatorio sarà la ‘testa pensante’ per portare avanti tutti gli obiettivi. La Sicilia deve adeguarsi agli obiettivi europei del 2035, ovvero adottare tecnologie a zero emissioni, e ci si sta muovendo per ridurre al massimo la spesa dell’energia, per migliorare il clima e ottenere risorse per lo sviluppo.

Giuliana Miccichè

Provate per un solo minuto a pensare che a rubacchiare i soldi alle povere anziane di Castrofilippo fosse stato il sindaco Franco Miccichè, qualcuno della sua Giunta o, comunque, qualcuno che non stesse particolarmente a cuore al politico rappresentante Giuseppe Di Rosa, noto per gestire un bar che fa panini non eccessivamente gustosi all’interno del carcere Di Lorenzo di Agrigento.

Si Giuseppe Di Rosa, rappresentante del Codacons della provincia di Agrigento anche e per conto di un avvocato, tal Cappello, che gli ha spianato la strada per avere questo incarico.

Lo stesso Cappello, ad esempio, non troverà poco coerente il comportamento assunto dall'”imbottitore” (colui che imbottisce panini…) il quale, per la nota vicenda di quel direttore delle poste di Castrofilippo, o meglio il fratello del fustigatore che si chiama Vincenzo, che ha rubacchiato decine e decine di migliaia di euro a delle povere e ignare anziane residenti a Castrofilippo, se ne sta in silenzio. Uno che ne ha per tutti, proprio tutti. Uno che chiede l’accesso agli atti (ormai divenuta una barzelletta tutta agrigentina) anche quando una coppia fa l’amore sfrenato sotto il Ponte dei Frati Neri (sul Tamigi). Per il Codacons Agrigento, la colpa di quell’amplesso sessuale selvaggio è solo ed esclusivamente dall’amministrazione Miccichè. Accade un terremoto in India? Di chi è secondo Di Rosa Giuseppe la colpa?

E il Codacons nazionale fa finta di non sapere nulla; o meglio, perché il suo rappresentante Di Rosa ha assunto questo comportamento contro l’amministrazione Miccichè dopo che questa gli ha negato un assessorato promesso in campagna elettorale? E i vertici nazionali fanno tu scendi dalle stelle?

E adesso lo stesso Di Rosa Giuseppe dovrà fare i conti con una vicenda che lo riguarda non solo tutto da vicino ma persino nei capelli (pochi, a dire il vero, ma che che ogni tanto innaffia in quel di Istanbul).

Di Rosa Peppe, cosa gli racconterà all’avvocato Cappello, se mai questo ultimo chiederà lumi a Giuseppe? Niente! L’avvocato Cappello, anche lui, si girerà dall’altra parte e farà finta di nulla.

E Il Codacons regionale e nazionale che fa, dorme? Ma come, la difesa dei cittadini, la difesa dei propri diritti, la difesa di qua e di la, dei più deboli e poi il suo rappresentante agrigentino (che ha trasformato vergognosamente il Codacons in un partito politico ai piedi di Cateno De Luca) “Peppe sandwich” dimentica che una ventina di anziane donne sono state derubate dal proprio fratello e che adesso chiederà attrraverso i suoi avvocati una forma compensativa per non andare in carcere per oltre 4 anni?

Che si fa adesso? Codacons nazionale, invece di dormire e far finta di nulla di quanto accade ad Agrigento, vuol mandare qualche ispettore nella Città dei Templi  per vedere come il suo rappresentante maggiore, Giuseppe Di Rosa, fa il bello e il cattivo tempo con chi gli pare e piace?

Codacons nazionale, l’avvocato Cappello dorme. E voi, che “tutelate” I diritti di ogni cittadino, fate finta di non accorgervi che a rubare 160 mila euro è stato il fratello del censore Giuseppe Di Rosa che tenete ancora qui nella sua carica e che ha trasformato quello che aveva principi nobili a difesa dei cittadini, il Codacons appunto, ad un partito politico che nulla c’entra con i diritti di ognuno di noi.

Oppure, adesso, anche il Codacons nazionale ha bisogno di identificarsi in una massa politica per potere andare avanti nella sua attività di, ufficialmente difensore dei cittadini, ma in realtà fin dentro ai capelli annichilita dalla politica della quale non può farne a meno?

Codacons, Codacons, state cominciando davvero a fare ridere…

 

 

Alla poetessa agrigentina Margherita Biondo è stato assegnato il primo premio assoluto “ Trofeo della Cultura – XXI Trittico Accademico” bandito dall’Accademia Internazionale Contea di Modica di Lettere Scienze e Arti. La Biondo ha conseguito il premio internazionale a seguito di attenta valutazione da parte di una qualificata giuria di esperti che ha ritenuto di attribuirle il primo posto per la raccolta di poesie “L’amore imperfetto” edita dalla Casa Editrice Medinova di Antonio Liotta. Nel testo l’autrice descrive in versi gioie e dolori, pregi e difetti, forza e debolezza nel rapporto di coppia.  Un percorso tra certezze, incertezze, esaltazione e sofferenza, in cui l’amore si rivela “imperfetto” in tutte le sue sfaccettature  che, nonostante tutto, ne fanno un sentimento universale a prescindere dallo stesso ordine naturale delle cose che potrebbe culminare nella gioia o nel dolore. La cerimonia di premiazione avrà luogo il prossimo 18 giugno presso la Sala Convegni Torre del Sud a Modica.