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Confermati in Corte d’Assise d’Appello gli ergastoli inflitti a Giuseppe Graviano e a Rocco Santo Filippone per gli attentati mortali ai Carabinieri all’epoca delle stragi fuori Sicilia.

La Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria, presieduta da Bruno Muscolo Campagna, ha confermato la sentenza di condanna all’ergastolo emessa in primo grado a carico del boss di Brancaccio a Palermo, Giuseppe Graviano, e di Rocco Santo Filippone, della cosca della ‘Ndrangheta dei Piromalli di Gioia Tauro. I due sono i presunti mandanti degli attentati contro i Carabinieri compiuti nel 1994 a Reggio Calabria.

Giuseppe Graviano

Giuseppe Graviano, 60 anni, coordinatore delle cosiddette “stragi continentali” eseguite da Cosa Nostra, è attualmente detenuto al 41 bis. Rocco Santo Filippone, 83 anni, di Melicucco, sarebbe stato a capo del mandamento tirrenico della ‘Ndrangheta all’epoca dei tre attentati. Nel primo, il 18 gennaio 1994, morirono gli appuntati Antonino Fava e Giuseppe Garofano, assassinati da un commando della ‘Ndrangheta sulla corsia sud dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, nei pressi dello svincolo di Scilla, dove furono impegnati in un’operazione di controllo del territorio. Nel secondo, l’1 febbraio del 1994, furono feriti l’appuntato Bartolomeo Musicò ed il brigadiere Salvatore Serra. E poi l’1 dicembre 1994 sopravvissero il carabiniere Vincenzo Pasqua e l’appuntato Silvio Ricciardo.

Rocco Santo Filippone

E tra l’altro i giudici della Corte d’Assise, nel motivare la sentenza di condanna in primo grado, hanno scritto: “Nel 1994 l’attentato ai Carabinieri in Calabria e la tentata strage allo stadio Olimpico a Roma sarebbero avvenuti in un momento in cui le organizzazioni erano alla ricerca di nuovi e più affidabili referenti politici, disposti a scendere a patti con la mafia, che furono individuati nel neopartito Forza Italia di Silvio Berlusconi in cui erano confluiti i movimenti separatisti nati in quegli anni come risposta alle spinte autonomistiche in Sicilia e Calabria”.

Antonio Ingroia

Nel corso del giudizio di secondo grado, concluso adesso con la conferma del carcere a vita, in rappresentanza dei familiari dei due carabinieri uccisi, parte civile, è intervento l’avvocato, ex pubblico ministero, Antonio Ingroia, che tra l’altro ha affermato: “Questo è un processo storico perché ha messo a punto una narrazione giudiziaria, fondata su granitici elementi, che va avanti da 20 anni circa. E’ emerso un quadro che ha tutti i tasselli a loro posto. Sono tasselli di un mosaico indiziario che ci dice che l’omicidio dei Carabinieri entrava a pieno in quella strategia che mirava a minare la stabilità del Paese. Andava azzerato tutto. Fu un progetto di ristrutturazione, come detto da Riina: ‘Dobbiamo fare la guerra per poi fare la pace’. Bisognava creare quel clima di terrore”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

Agrigento è stata la prima ad essere ascoltata, nella sala del Refettorio di Palazzo Venezia in Via del Plebiscito. Ultimo step per provare a conquistare di Capitale della Cultura italiana del 2025.

Oggi, 27 marzo, a Roma, si è svolta l’audizione per la finale della candidatura. A disposizione 30 minuti per presentare il dossier candidatura, poi una sessione di ulteriori 30 minuti per le domande della commissione. Un’ora di tempo, dunque , per convincere la giuria di esperti. Ad illustrare il dossier della candidatura sono stati il sindaco Franco Miccichè, il progettista Roberto Albergoni, il presidente del Consorzio Universitario Nenè Mangiacavallo. Dopo di loro hanno relazionato Teresa Fiore, docente Montclaire università del New Jersey, Margherita Orlando coordinatrice progetto archeologia pubblica Agrigento/Tunisi, Florinda Saieva fondatrice Farm Cultural Park Favara, Gaetano Galvagno. Sono intervenuti anche Costantino Ciulla, assessore comunale di Agrigento, Pasquale Seddio docente università Bocconi e Letizia Casuccio, direttore generale Coopculture. Diverse le domande rivolte alla delegazione soprattutto per conoscere la solidità economica del progetto, dato che buona parte sarà coperto con i fondi del Comune derivanti dalla tassa di soggiorno. La commissione ha chiesto anche lumi sugli interventi dedicati alla promozione del territorio , anche dopo l’anno di capitale della Cultura.

Turismo, archeologia, attività didattiche ma soprattutto il coinvolgimento dell’intero territorio: sono stati questi i punti cruciali dell’audizione. Proprio sulla domanda da parte della commissione sull’ effettiva condivisione con il territorio del progetto, il primo cittadino Miccichè ha preferito far rispondere ad Albergoni: “Temevo di dire cose inesatte”, ha chiarito subito dopo l’audizione.

C’è ottimismo nella delegazione agrigentina. Ora bisognerà attendere l’audizione di tutte le altre nove città candidate prima di conoscere la decisione della giuria prevista per il 31 marzo prossimo.

Sarà un giornalista a “dirigere” la sfida della nuova Capitale italiana della Cultura: Davide Desario presiederà la commissione di esperti che deciderà il traguardo delle dieci candidate per il prestigioso titolo del 2025. La nomina arriva dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Desario sostituisce il dimissionario Mario Sechi.

Emanuele Ricifari, 60 anni, di Catania, è il nuovo questore di Agrigento e si insedierà domani. Ricifari ha appena salutato Caltanissetta, dove è stato Questore, così: “Lascio un contesto istituzionale felice, tra le autorità pubbliche della provincia si è creato un clima di collaborazione e di rispetto che ha garantito un’azione sinergica importante e più efficiente. Per un siciliano orgoglioso delle proprie origini è stata una soddisfazione doppia, che diventerà tripla visto che resto, come desideravo, in Sicilia. Non è mai facile lavorare in Sicilia, ma per chi ha le chiavi di lettura date dalla genetica e dalla comune origine è certo meno complesso”.

Ricifari subentra a Rosa Maria Iraci nominata dal Consiglio dei ministri dirigente generale di pubblica sicurezza. Si occuperà a Roma di una struttura di missione per la risoluzione delle criticità legate al fenomeno migratorio.

Emanuele Ricifari si è insediato a Caltanissetta nell’ottobre del 2020. Prima è stato Questore a Cuneo, e poi, prima ancora, ha lavorato alla Direzione centrale Anticrimine a Roma, ha diretto la Squadra Mobile di Piacenza, e per 9 anni è stato vicequestore a Brescia.

La Procura di Agrigento ha notificato 14 avvisi di conclusione delle indagini preliminari, anticamera della richiesta di rinvio a giudizio, nell’ambito dell’inchiesta battezzata “Dark Community”, ovvero “Comunità oscura”. E così perché tra le mura di una Comunità alloggio per disabili psichici a Favara vi sarebbero stati degli accadimenti loschi, oscuri. Sarebbe stata spacciata droga, e una donna ospite ha denunciato di avere subito minacce e più volte delle violenze sessuali come prezzo da pagare per comprare la droga. I Carabinieri hanno inoltre riscontrato numerosi episodi di abusi e maltrattamenti da parte dei dirigenti e degli operatori della Comunità, tra minacce e aggressioni fisiche contro i pazienti “colpevoli” (tra virgolette) di lamentare carenze o disservizi. I 14 sono:
Chyarl Bennardo, 40 anni, di Favara,
Carmelo Cusumano, 52 anni, di Favara,
Emanuele Luigi Capraro, 24 anni, di Agrigento,
Gaetano Lombardo, 47 anni, di Favara,
Paolo Graccione, 45 anni, nato in Germania,
Fiorella Bennardo, 43 anni, di Favara,
Giuseppe Papia, 64 anni, di Favara,
Gaetano Gramaglia, 32 anni, di Favara,
Carmelo Nicotra, 37 anni, di Favara,
Antonio Emanuele Gramaglia, 28 anni, di Favara,
Salvatore D’Oro, 50 anni, di Favara,
Antonio Presti, 37 anni, di Agrigento.
Giovanni Colantoni, 27 anni, di Favara,
Calogero Rizzo, 36 anni, di Favara.

Proseguono senza sosta i flussi di migranti verso Lampedusa, provenienti soprattutto dalla Tunisia. Dopo sabato, quando si sono contati 43 sbarchi con 1.778 immigrati a bordo, ieri domenica se ne sono contati altri 37 con 1.387 persone a terra. Il Centro d’accoglienza in contrada Imbriacola, con capienza di 400 posti, scoppia di presenze. La Prefettura è impegnata a organizzare i trasferimenti. Il sindaco Filippo Mannino rilancia per l’ennesima volta un accorato appello di sostegno. E a Lampedusa è stata bloccata la nave ong “Louise Michel”, finanziata dall’artista Banksy, a cui sono contestate diverse violazioni del decreto “Piantedosi” che regolamenta l’attività delle ong. Tra l’altro, la nave di 31 metri ha soccorso circa 150 migranti in area Sar libica, le è stato subito indicato Trapani come porto di sbarco, e invece ha proseguito in altri soccorsi in area Sar maltese dove nel frattempo si sono dirette Guardia costiera e Guardia di finanza italiane. E la Guardia costiera tunisina ha recuperato una trentina di morti da due barconi affondati vicino alla costa, dopo gli altri naufragi nei giorni precedenti.

E’ stata annullata la serrata dei laboratori d’analisi in Sicilia e la mobilitazione regionale del 31 marzo. Domani confronto tra i sindacati e l’assessore Volo.

E’ stata annullata la serrata dei laboratori d’analisi in Sicilia e la mobilitazione regionale del 31 marzo. Tuttavia, nonostante le 17 sigle sindacali che raggruppano i 1.800 laboratori di analisi e specialisti convenzionati abbiano annunciato lo stop alla protesta, nel concreto la vertenza fra Regione e sindacati di categoria si inasprisce. Seppur a macchia di leopardo, alcuni laboratori presentano agli utenti il conto integrale delle prestazioni sanitarie. E Salvo Gibiino, coordinatore del Cimest, uno dei promotori del contenzioso, spiega: “La Regione ha ridotto del 15% il budget del 2023 al settore. Il decreto obbliga le strutture accreditate a dividere il budget annuale in dodicesimi al fine di dare assistenza per tutto l’arco dell’anno. E’ matematico che la quota mensile così ricavabile non sia sufficiente a coprire tutte le prestazioni di cui c’è richiesta. Il budget si esaurisce mediamente il 20 di ogni mese. Ecco perché in questi giorni molti laboratori stanno facendo pagare gli esami ai clienti”. L’effetto pratico è che ai pazienti che si recano nei laboratori di analisi per esami semplici come l’emocromo e gli altri collegati sono chiesti circa 20 euro. E cifre maggiori per tutti i controlli più approfonditi. I deputati del Movimento 5 Stelle, Antonio De Luca e Carlo Gilistro, rivelano: “Abbiamo ricevuto segnalazioni da parte di chi ha rinunciato agli esami. Parecchi laboratori di analisi sono rimasti pressoché vuoti. Tantissimi pazienti hanno preferito rimandare le analisi cliniche programmate perché altrimenti avrebbero dovuto pagare di tasca propria gli esami pur non avendone la possibilità, visto che tantissimi laboratori hanno esaurito il budget a disposizione per gli esami in convenzione. Ci avviciniamo sempre più rapidamente verso una sanità appannaggio dei soli benestanti. Non lo permetteremo”. L’assessore regionale alla Sanità, Giovanna Volo, replica: “Mi stupisce che qualcuno stia facendo pagare gli esami, visto che ho già comunicato che incontrerò i sindacati di categoria martedì 28”. Gibiino controbatte: “Il far pagare gli esami ai pazienti non dipende dalla protesta, è un effetto automatico del taglio al budget deciso dalla Regione”. Replica ancora l’assessore: “Questo argomento sarà sul tavolo martedì. Temo che qualcuno si stia trasformando in puro imprenditore. Ma va ricordato che gli ospedali sono pronti a reggere l’urto dei pazienti che si sposteranno verso il pubblico”. E Pietro Miraglia, presidente dell’Ordine dei Biologi della Sicilia, rilancia: “I privati chiedono la riprogrammazione del fabbisogno sanitario per il 2023 ed il relativo aumento dei fondi messi a disposizione delle strutture. Auspichiamo che si possa finalmente aprire una stagione di proficua collaborazione tra Regione siciliana e operatori privati della sanità i quali, sul territorio, forniscono una capillare assistenza a quelle migliaia di cittadini che chiedono solo di essere curati in tempi brevi dal momento che la sanità pubblica versa in una situazione precaria e difficilmente è in grado di fronteggiare le loro richieste. Speriamo che il nuovo governo della Sicilia comprenda che noi privati siamo indispensabili. Eroghiamo, infatti, milioni di prestazioni a costi contenuti rispetto a quelli forniti dal pubblico. Oggi più che mai c’è bisogno di dialogo e voglia di un percorso comune”.

Giuliana Miccichè

E la prima domenica con l’ora legale è stata funestata da un altro sinistro stradale mortale. Un motociclista, Filippo Milone, 23 anni, è stato vittima di un incidente autonomo a Malvagna, in provincia di Messina. A lui – residente a Barcellona Pozzo di Gotto, nella frazione di “Portosalvo”, in sella al mezzo a due ruote in viaggio con una comitiva di amici – è sfuggito il controllo della moto e si è schiantato contro le barriere di protezione che costeggiano la carreggiata. E’ morto sul colpo. Inutile si è rivelato il tempestivo soccorso dei sanitari del 118, intervenuti insieme ai Carabinieri della Compagnia di Taormina, che hanno avviato le indagini. Filippo Milone ha lavorato con il padre e lo zio nell’impresa di famiglia che vende materiale edile.

Incidente stradale nei pressi di Custonaci. Sei morti vittime di uno scontro frontale tra due automobili. Cinque sono palermitani. Un motociclista di 23 anni deceduto nel Messinese.

E’ stato uno scontro frontale, tra due automobili, domenica sera. Da una parte un Fiat Doblò, e dall’altra un’Alfa Romeo 159 Station Wagon. Non in una curva o a ridosso di un incrocio, ma lungo il rettilineo cosiddetto di “Lentina”, che è una frazione sulla strada provinciale 16, che dalla statale 187, da Trapani a Trappeto nel Palermitano, collega due località turistiche trapanesi rinomate: San Vito lo Capo e Custonaci. Sono morte sei persone. Cinque delle vittime sono state a bordo del Fiat Doblò: i palermitani Matteo Cataldo, 70 anni, la moglie Maria Grazia Ficarra, 67 anni, il figlio Danilo Cataldo, 44 anni, poi Matteo Schiera, 72 anni, e la moglie Anna Rosa Romancino, 69 anni. Il sesto deceduto è stato al volante dell’Alfa Romeo, Vincenzo Cipponeri, 45 anni, di Custonaci. Al suo fianco si è seduta Maria Pia Giambona, 34 anni, di Erice, ricoverata in gravissime condizioni all’ospedale “Sant’Antonio Abate” di Trapani, in prognosi riservata. Soprattutto durante il fine settimana la strada provinciale 16 è molto trafficata. L’impatto è stato violentissimo, come testimoniano le carcasse dei due mezzi. Alcuni hanno udito finanche un boato, provocato dalla collisione. Lo strazio di familiari e amici si è riversato al pronto soccorso dell’ospedale a Trapani. Sul posto si sono precipitati i Vigili del fuoco provenienti da Trapani e Alcamo. Hanno estratto i sei corpi dagli abitacoli, poi sulle ambulanze del 118. I Carabinieri di Custonaci e del Nucleo radiomobile di Alcamo, e gli agenti della Polizia Stradale, sono stati a lavoro per i rilievi, al fine di risalire alle cause dell’incidente e accertare eventuali responsabilità legate, si ipotizza, all’elevata velocità, in un tratto in cui si tende a pressare sul piede dell’acceleratore. Il Fiat Doblò è stato catapultato a ridosso del guardrail.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

La Fortitudo Agrigento perde a Monferrato e va in bianco. Può sembrare un gioco di parole ed in parte lo è ma la sconfitta rimediata a Casale Monferrato manda la squadra di coach Cagnardi nel girone bianco della Fase a orologio, nonostante la vittoria di Trapani su Piacenza che avrebbe favorito Agrigento con una vittoria. Così non è stato e per l’ennesima volta quest’anno la trasferta si dimostra fatale e nonostante un avvio molto forte i biancoazzurri non hanno saputo allungare sugli avversari e dare uno strappo sul match che avrebbe concesso ad Agrigento di portare a casa la prima vittoria fuori casa nel 2023. Sembra quasi un tabù quello da sfatare e in alcuni momenti del match sembrava essere la volta buona ma dal secondo parziale ed il rientro dagli spogliatoi non sono stati ottimi per Agrigento e fino alla fine Monferrato ha continuato ad attaccare e bucare la difesa, la panchina oggi è risultata cortissima e sono mancati punti pesanti che in altre partite hanno risollevato il gruppo. Ottima la prestazione di Alessandro Grande, top scorer del match con 28 punti, e da segnalare la doppia doppia di Marfo con 11 punti e 11 rimbalzi, Ambrosin chiude le marcature con 18 punti, in doppia cifra anche Daeshon Francis con 13 punti. Monferrato non aveva nulla da perdere e nulla da guadagnare, Agrigento ha perso l’occasione d’oro di finire nel Girone Blu direttamente ai playoff che avrebbe sancito un risultato straordinario in questa stagione, adesso deve lottare sperando di raggiungere i playoff.

Buttana della miseria cane (dopo spiego il perchè).

L’aduso a delinquere ex avvocato Giuseppe Arnone (lo dice il giudice nelle motivazioni di questa condanna, anche se non ce n’era di bisogno…) e viste le innumerevoli condanne che ha subito fino ad oggi,  ha perso, in primo grado, un’altra battaglia giudiziaria.

Lui, che si sente autorizzato a dire ciò che vuole (vocaboli e pensieri di infimissimo ordine) è stato presi a calci nel culo (come dice lui) secondo le regole dello Stato italiano, da due signori, veri e propri signori. Si tratta di Gigi Birritteri, capo del Dipartimento per gli Affari di Giustizia e l’avvocato Tiziana Miceli, moglie dell’ex ministro Angelino Alfano.

I fatti sono sempre gli stessi. Come ha fatto qualche mese addietro con il sottoscritto, fomentato da un nano di gattabuia che imbottisce panina ca meusa, si siede in una sedia dell’ormai suo ex studio, inforca gli occhiali sopra quel nasino delicato e dinnanzi ad una telecamera propina e proferisce peste e corna contro chicchessia, che siano magistrati, prefetti, questori, giornalisti, avvocati, politici.

Tali circostanze lo hanno costretto, ahimè, ad entrare ed uscire dalla patrie galere e, visti gli insuccessi giudiziari che sta accumulando negli ultimi tempi (e di quelli di la da venire) non è escluso, anzi è molto probabile, che possa tornare ad indossare la tutina con quelle righe fastidiose supportata da un numeretto di riconoscimento.

Condannato per calunnia, ripetiamo in primo grado (tanto lui adesso dirà che vincerà l’appello e in Cassazione) la decisione del giudice Veneziano non gli da scampo: 3 anni e sette mesi di reclusione.

Fin qui tutto rientra nella norma. Fa parte di quella categoria di delinquenti che reiterano sistematicamente i reati (e poi si incazzano perchè vanno a finire dentro una cella 4×3).

Facciamo entrare di diritto quel buttana della miseria iniziale.

La cosa più grave, per quanto riguarda chi scrive, è che lo stesso pluripregiudicato Giuseppe Arnone dovrà pagare 7 mila euro ciascuno alle due persone offese (oltre alle spese giudiziarie) più altri 3.592,00 di spese di costituzione sostenute dalle partii civili, oltre rimborso spese generali, IVA e C.P.A come per legge, per ciascun difensore.

Sti cazzi, direbbero alla Garbatella! E sti grana di unni li va piglia, visto che deve dare una montagna di soldi a tutte le persone che ha ripetutamente offeso? E sapete chi è una di queste persone offese? Ve lo dico o non ve lo dico? Ve lo dico o non ve lo dico? Vabbè, ve lo dico: il sottoscritto! Ben diecimila euro!

Prego Gigi e Tiziana, per favore, di mettersi in coda perchè prima di loro ci sono io! Se Arnone riuscirà a trovare tutti questi soldi, anche attraverso macumbe e danze propiziatorie (eufemismo), mettetevi da parte perchè prima ci sono io. Senza se e senza ma.

Commentare questa ennesima sentenza catastrofica nei confronti del pluripregiudicato Arnone? No, non ci sembra il caso. Noi preferiamo far parlare i giudici. E nel far parlare i giudici vi mostriamo adesso cosa scrive la dott.ssa Fulvia Veneziano in due delle quasi 50 pagine di sentenza di condanna nei confronti dell’ex avvocato Arnone.

Ogni altro commento ci sembra superfluo.