
Ha vinto la verità, ha vinto la giustizia, ha vinto Federica Angeli e la sua tenacia.
Sono stati tutti condannati con l’aggravante dell’articolo 7 del “metodo mafioso” gli imputati nel processo di primo grado, circa l’illecita gestione degli appalti pubblici e della concessione degli stabilimenti balneari del litorale di Ostia
Sono passati più di tre anni da quando nella primavera del 2013, la giornalista di Repubblica, Federica Angeli – nota alle cronache per essere una testimone scomoda per la mafia e che a tutt’oggi vive sotto scorta – denunciava attraverso la sua inchiesta, coloro che oggi sono stati condannati con l’aggravante del metodo mafioso.
Condannato a 5 anni ed 8 mesi, Armando Spada, esponente dell’omonimo clan.
La pena maggiore, 8 anni e 6 mesi di reclusione, i giudici l’hanno inflitta ad Aldo Papalini, ex direttore dell’ufficio tecnico del XIII Municipio, ritenuto il personaggio chiave dell’affidamento degli appalti pubblici a ditte compiacenti, per il quale i magistrati dell’accusa avevano chiesto una condanna a 17 anni e 6 mesi di reclusione.
Condannati anche Cosimo Appeso, luogotenente della Marina Militare a 5 anni e 5 mesi, sua moglie Matilde Magni e Damiano Facioni amministratore della società Bludream, entrambi condannati a 4 anni e 4 mesi. E poi ancora 8 mesi con pena sospesa, all’Imprenditore Angelo Salzano.
Gli imputati erano stati rinviati a giudizio per reati che andavano dall’abuso d’ufficio alla turbativa d’asta, dal falso ideologico e concussione, alla corruzione, in diversi casi con l’aggravante del metodo mafioso.
Questi nomi in questi anni, sono stati fatti “forti e chiari” da Federica Angeli, che non ha avuto mai paura di andare fino in fondo, scavando in quello che poi si è rivelata essere una storia di malaffare, gestita all’ombra della criminalità organizzata, una storia fatta di illeciti sia nella gestione degli appalti, che nelle concessioni balneari. Lei, la Angeli che senza paura denunciava come il litorale di Ostia, fosse in mano alle cosche. E quelle parole che rimbombano da oggi nelle nostre orecchie e ci raccontano la verità e che sono “metodo mafioso”, non l’hanno mai spaventata, o meglio, l’hanno incoraggiata ancor più a dire, “io non mollo, io vado fino in fondo”, anche quando le fu detto “io ti sparo in testa”.
In questi anni, l’inchiesta svolta dalla coraggiosa giornalista di Repubblica è stata un vero e proprio punto fermo, che nessuno ha saputo e potuto mettere a tacere, neanche le minacce a lei stessa rivolte o forse dovremmo dire, “da lei subite”.
Federica Angeli era partita da una intercettazione avvenuta nel municipio di Ostia, dalla quale si evinceva che Armando Spada chiedeva apertamente al direttore dell’ufficio tecnico, di consegnargli un chiosco. Gli venne invece concesso uno stabilimento balneare e per lei questa era la prova di quanto si fossero spinti “oltre”. Gli Spada avevano già tante panetterie, tante sale scommesse che gestivano, gli autolavaggi, ma quell’affaccio sul mare fu per lei la prova che tutto quello che possedevano lo avevano ottenuto con il placet della politica e dell’amministrazione e pertanto, bisognava assolutamente andare avanti.
Si è andati avanti, prima con la coraggiosa denuncia, con gli avvisi di garanzia notificati nel dicembre dello stesso 2013, e con la condanna di oggi, che inchioda i colpevoli alle loro responsabilità.
“Metodo mafioso” … aveva ragione Federica Angeli, aveva in mano la verità e non l’ha barattata con la vita. Perché si può anche avere paura, ma la forza che ed il coraggio che lei ha alimentato costantemente in questi anni, le ha consegnato a piene mani questa sentenza.
Simona Stammelluti