Dopo la sentenza della Corte di Cassazione dello scorso luglio è ripartito ieri il processo di secondo grado “bis” relativo all’operazione antimafia denominata “Nuova Cupola”, scattata nel giugno 2012, che mise in ginocchio la mafia agrigentina con una cinquantina di arresti.
Sono in tutto 13 le condanne richieste dal sostituto procuratore generale Cammà che, in quasi la totalità dei casi – sono più severe rispetto al primo giudizio.
Alla sbarra sono finiti i pezzi da novanta del panorama mafioso agrigentino.
La figura di spicco è sicuramente il sambucese Leo Sutera, considerato dagli inquirenti il vertice di Cosa Nostra in provincia di Agrigento ed erede dell’ultimo padrino latitante, Giuseppe Falsone.
Sutera, che è anche considerato uno degli uomini più vicini al boss Matteo Messina Denaro, era stato condannato a 3 anni ma il pg Cammà – ritenendo valida l’aggravante del riciclaggio economico – ne ha chiesti 6.
Pene più severe sono state richieste per i luogotenenti di Sutera: 16anni e 10 mesi per Francesco Ribisi, di Palma di Montechiaro e ritenuto il numero due; 16 anni e 8 mesi per il suo braccio destro, il sabettese Giovanni Tarallo.
Sempre ieri, nell’ambito del processo Icaro – considerata la naturale continuazione dell’operazione “Nuova cupola” – i pm della Dda di Palermo hanno chiesto 20 anni di carcere per Pietro Campo – braccio destro di Leo Sutera – e capo della mafia del belice.